PALERMO – Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è sicuramente un’opportunità per proiettare l’intero paese verso un futuro migliore. Un’occasione che potrebbe lasciare fuori la Sicilia. Alcune delle opere isolane previste dal documento, infatti, altro non sono che rifinanziamenti di vecchi progetti che nulla hanno di innovativo o futuristico. È il caso della falsa alta velocità ferroviaria nella Palermo-Catania-Messina, che però non sarà alta velocità: come ha confermato Rfi al QdS, nell’inchiesta pubblicata la scorsa settimana, i treni non arriveranno alla velocità di 300 Km/h come accade nel resto della penisola, ma al massimo potranno raggiungere un picco di 250 km/h.
Non è neanche una novità. Questo stesso progetto, va detto, è stato pensato ben prima della pandemia come un potenziamento della linea ferroviaria in questione. Nel 2019, anno in cui a capo del ministero delle Infrastrutture figurava ancora Danilo Toninelli, è stata posta la prima pietra per far correre più veloci i treni siciliani: il 25 marzo di quell’anno sono partiti i lavori per il raddoppio del binario Bicocca-Catenanuova. Questi interventi, che stanno già per concludersi e che sono stati finanziati con 415 milioni di euro, sono solo una piccola parte dell’investimento che secondo il contratto di programma era previsto per il potenziamento dell’intera linea Palermo-Catania. Un investimento da ben otto miliardi per “rivoluzionare – come si legge in un comunicato di Rfi dell’epoca – lo sviluppo della mobilità in Sicilia”. Passa il tempo e procedono i lavori. Poi la pandemia si abbatte sull’Italia e l’Unione europea ci concede un finanziamento da ben 210 miliardi, a patto che il Belpaese presenti un piano nazionale che illustri come spendere questi soldi: il Pnrr. Purtroppo, in questo piano, per quanto riguarda l’alta velocità sulla linea Pa-Ct-Me, il Governo ha ben pensato di inserire il progetto già esistente e in parte finanziato ed eseguito di Rete ferroviaria italiana. Ma non solo, lo ha pure rifinanziato con 1,44 miliardi euro.
Secondo la stessa azienda pubblica che gestisce i lavori sui binari, per questo cantiere, adesso, ci sono dei “soldi in più che rimangono nella disponibilità del ministero”, il quale dovrà decidere come spenderli. “I cinque lotti che rimangono della Catania-Palermo, valgono circa sei miliardi di euro – ha dichiarato al QdS l’assessore alle infrastrutture della Regione Siciliana, Marco Falcone – e sono quasi tutti finanziati con i contratti di programma precedenti. Il Pnrr ha consentito soltanto di inserire un minimo di dotazione finanziaria di 300 milioni di euro in più. Ma di fatto, ha solo sostituito una precedente dotazione con un’altra. Per cui lo Stato, in effetti, ha tolto qualcosa alla Sicilia piuttosto che darla. Per questa ragione, noi come Giunta siamo particolarmente delusi di questo atteggiamento di indifferenza che il Governo nazionale utilizza nei confronti della Sicilia. Lo abbiamo fatto presente più volte ma confidiamo ancora, vogliamo essere speranzosi malgrado amareggiati, che l’esecutivo Draghi possa trovare le necessarie compensazioni”.
Un modo simbolico per compensare questo gioco delle sostituzioni da cui la Sicilia ha perso opportunità di sviluppo, sarebbe quello di destinare i fondi in più per il cantiere del potenziamento della Palermo-Catania-Messina alla realizzazione del ponte sullo Stretto. “Se questi soldi venissero dirottati o venissero finalizzati alla realizzazione del ponte – continua Falcone – sarebbe un’ottima occasione per restituire dignità e prestigio alla Sicilia”. In realtà, oltre a fare questo, la realizzazione dell’opera sullo Stretto di Messina consentirebbe anche di rispettare le volontà della Commissione europea che, di recente, è tornata sulla questione.
In riposta a un’interrogazione degli europarlamentari della Lega, infatti, la commissaria Ue ai Trasporti, Adina-Ioana Vălean, ha spiegato che il collegamento tra la Sicilia e l’Italia continentale fa già parte della rete Ten-T e del corridoio Scandinavia-Mediterraneo e, in quanto tale, fa parte della rete considerata di massima importanza e valore aggiunto dell’Ue. Ma allora cosa si aspetta a realizzare il ponte? Sempre nell’ambito della stessa interrogazione, la commissaria ha anche dichiarato che “le autorità italiane non hanno presentato alla Commissione piani concreti in merito ad un collegamento stabile sullo Stretto di Messina”. E non finisce qui, perché Adina-Ioana Vălean ha espressamente detto che “alcuni programmi dell’Ue nell’ambito del quadro finanziario 2021-2027 potrebbero contribuire a studi preliminari e ad attività di appalto”. Insomma, l’Europa è disposta anche a finanziare l’opera se solo il Governo italiano presentasse una proposta concreta. Proposta che tra le altre cose sarebbe già in possesso dell’Italia: quella di Eurolink (ex Impregilo) per cui, tra il 2009 e il 2012, erano anche stati fatti dei lavori preliminari.
“Io spero – afferma l’assessore Falcone – che alla luce della presa di posizione della Commissione europea sul ruolo strategico del ponte, finalmente il governo Draghi possa dare il proprio assenso ad inserire questa opera nei programmi comunitari o comunque nei programmi complementari rispetto al piano nazionale di ripresa e resilienza”. Ed è proprio su questo fronte che la Giunta regionale sta combattendo una battaglia durissima in conferenza Stato-Regioni.
“Con il vicepresidente Armao – spiega l’assessore regionale alle Infrastrutture – abbiamo manifestato la nostra contrarietà al piano complementare proprio perché ancora non è stato inserito il Ponte sullo Stretto”. Piano che a breve dovrebbe essere mandato all’Europa per ricevere i fondi 2021-2027. “Confidiamo – conclude Falcone – che il Governo possa ripensarci, possa rivedere la propria posizione, perché mai come oggi vi è una condivisione unanime anche da parte di quei partiti che fino a qualche anno fa erano riluttanti. Oggi ci accorgiamo che il ponte è strategico e necessario per il trasporto e la logistica. Con questa opera, le merci che provengono dal Canale di Suez arriverebbero al porto hub di Augusta e da questo partirebbero per andare verso il Nord Europa”, ridando alla Sicilia un ruolo centrale nel commercio mediterraneo.
La soluzione più veloce per far partire il cantiere del Ponte sarebbe quella di sbloccare il progetto di Eurolink, il quale, come è stato più volte da noi riportato, ha visto anche l’esecuzione di alcuni lavori preliminari costati all’Italia ben 26 milioni di euro. Soldi che devono sommarsi ai costi per lo sviluppo del progetto dell’opera (poco più di 325 milioni di euro) e a quelli per sostenere la liquidazione della società Stretto di Messina, che durerà fino a quando non finiranno le battaglie legali con ex Impregilo. La riattivazione dei lavori per l’infrastruttura a campata unica è stata recentemente richiesta dall’intergruppo parlamentare per la costruzione del ponte che ha firmato con le regioni Sicilia e Calabria il patto per il ponte. Documento con cui si chiede all’esecutivo di avviare l’iter per lo sblocco del progetto di Eurolink al fine di non sperperare più denaro pubblico e di dare (finalmente) quello che spetta all’Isola. Ma le richieste di questo intergruppo sono state ascoltate dal premier Draghi? Lo abbiamo chiesto ad una delle componenti, la senatrice di Fratelli d’Italia Tiziana Drago.
Il patto per il ponte ha sortito qualche effetto? Il premier vi ha ascoltati? Quali sono state le conseguenze del documento?
“Noi sostanzialmente siamo in attesa. A livello europeo si è espressa in questi giorni la commissaria ai Trasporti della commissione europea, la quale ha ribadito la necessità di realizzare questa opera (necessità che era stata evidenziata nel 2005 e nel 2003) come opera transfrontaliera che è all’interno del progetto Ten-T. Questo progetto europeo, che prevede lo stanziamento di fondi per la costruzione di determinate opere, adesso andrà rivisto perché dovrà contribuire all’obiettivo del Green deal. Bisognerà quindi realizzare quello che è il vero collegamento, la vera unità. Il premier Draghi, nella presentazione del Pnrr all’Europa, parlò di alta velocità fino a Reggio Calabria e ritengo che sia una decisione discutibile”.
Cosa pensa della relazione presentata alla commissione Ambiente e trasporti dai tecnici del Mims?
“La relazione non fa riferimento espresso al progetto di Eurolink a campata unica. Dirime i dubbi sul tunnel subalveo che viene definito ad alta criticità. Ma quando si pone il dubbio tra ponte a campata unica e ponte a tre campate, si tratta di prolungare la realizzazione dell’opera di oltre dieci anni. Infatti, nel caso del ponte a tre campate si dovrà iniziare da capo. Per realizzare un’opera ci sono quattro fasi: lo studio di fattibilità, il progetto preliminare, il progetto definitivo e il progetto esecutivo. Per il ponte a campata unica noi siamo già arrivati al progetto definitivo che prevede l’espropriazione dei terreni per passare alla realizzazione. Il progetto a tre campate invece, è già stato bandito in passato proprio per il fatto che richiederebbe l’immissione di due piloni sul fondale dello Stretto che, essendo ad alta sismicità, non garantirebbe stabilità al ponte. La relazione del Mims, fa riferimento ad una legge (la 50 del 2016) che propone di mettere a confronto i due progetti. Ma è un’assurdità, perché il ponte a tre campate è allo studio di fattibilità, il ponte a campata unica è già al progetto definitivo. Quindi se noi dovessimo ricominciare da capo, a parte il dispendio di tempo, dovremmo investire altri cinquanta milioni minimo, oltre i 350 già stanziati per la progettualità del ponte ad un’unica campata. Più la causale ad Eurolink. Siamo all’assurdità: in Italia si paga per non fare. Inoltre, la relazione è uscita il 7 maggio: dopo il 30 aprile, ovvero il giorno in cui il premier Draghi ha depositato il Pnrr in Ue. Piano in cui sono stati destinati dieci miliardi alle opere siciliane: irrisori come numero. Per di più, sembrerebbe un gioco mediatico, perché di fatto sono stati semplicemente sbloccati dei fondi che già erano stati destinati a infrastrutture isolane”.
ROMA – Sulla vicenda relativa alla liberazione dei fondi per il potenziamento della linea ferroviaria Palermo-Catania-Messina dovuta al rifinanziamento del cantiere previsto dal Pnrr è intervenuto il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile.
Rfi ci ha fatto sapere che prima della pandemia erano già stati stanziati dei fondi per il potenziamento della linea Palermo-Messina-Catania. Potenziamento che adesso è previsto nell’ambito del Pnrr con un investimento di 1,44 miliardi. Secondo Rfi i primi fondi sono soldi in più che rimarranno nella disponibilità del Mims. Questi soldi quale opera andranno a finanziare? Sarà sempre un’opera siciliana?
“Le risorse di cui l’Italia ha ottenuto copertura con il Next Generation Eu sono già state reinvestite nel Fondo complementare e nel Fondo Sviluppo e Coesione che completano il Pnrr e che servono a finanziare altre opere, molte delle quali in Sicilia. In particolare, con il dl 59/2021 sono stati aggiunti al Pnrr 30 miliardi di Fondo complementare e il Fondo Sviluppo e Coesione è stato rifinanziato per 15 miliardi. Con i fondi nazionali si potranno realizzare opere che non potrebbero essere completate entro il 2026, scadenza temporale per ricevere le risorse europee”.
Sarebbe possibile utilizzare questi fondi per la costruzione del Ponte sullo Stretto?
“Quanto all’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, come è noto, la commissione incaricata ha presentato la relazione che il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, ha trasmesso al parlamento per le relative valutazioni. È previsto anche un dibattito pubblico per coinvolgere autorità e istituzioni locali, stakeholder e rappresentanti della società civile. Una volta assunta la decisione sulla soluzione da adottare, sarà valutata la questione delle risorse necessarie”.