PALERMO – “Sulla mancata realizzazione del Ponte di Messina anche il governo Draghi, e con lui i parlamentari siciliani e meridionali che lo sostengono, conferma il volgare tradimento e la grave disattenzione verso il Mezzogiorno ed i suoi problemi di occupazione e di sviluppo – dichiara Salvo Fleres, segretario nazionale di Unità Siciliana-Le Api -. Le argomentazioni pronunciate in Parlamento dal ministro delle infrastrutture, secondo cui l’opera, essendo particolarmente complessa, non sarebbe cantierabile e meriterebbe un ulteriore approfondimento sono del tutto pretestuose e palesemente campate in aria”.
Come è stato più volte spiegato, il ponte è immediatamente realizzabile, “tant’è – spiega Fleres – che era già stato appaltato oltre dieci anni addietro, prima del dietro front del governo Monti. Il costo del solo ponte si aggira sui 2,9 miliardi di euro, mentre le opere di accesso dal lato calabrese toccherebbero 3,1 miliardi e quelle dal lato siciliano 1,1 miliardi, per un totale di 7,1 miliardi, e che, in ogni caso, gran parte delle infrastrutture funzionali al progetto sarebbero state completate entro il termine fissato dall’Unione Europea, vale a dire entro il 2026”.
“La realizzazione del ponte, nei prossimi 30 anni – prosegue Fleres – produrrebbe utili per lo Stato per circa 107 miliardi e creerebbe svariate decine di migliaia di posti di lavoro stabili in tutto il sud Italia, contribuendo al PIL del paese per circa lo 0,2%. La sua mancata realizzazione, invece, condanna il Meridione, il Mediterraneo e l’intera Italia ad una condizione di grave sottosviluppo, impedendo tra l’altro, di intercettare il traffico marittimo proveniente dal canale di Suez, pari ad oltre 45.000 navi l’anno, e la costruzione della rete ferroviaria ad alta velocità. Al contrario di quanto affermano certi ambientalisti della domenica, il ponte ridurrebbe il tasso di inquinamento dell’area mediterranea con il vantaggio che ogni anno, a fronte di un milione di euro investito nella realizzazione dell’opera, si genererebbero 2,36 milioni di produzione aggiuntiva”.
“Unità Siciliana-Le Api – conclude Salvo Fleres – presenterà al governo una dettagliata relazione in materia e invita i parlamentari del sud ed il ministro Carfagna a sostenere in maniera compatta la realizzazione dell’opera. Evitino di cadere, ancora una volta, nella trappola delle strumentali commissioni di studio e di certo ambientalismo pruriginoso, palesemente al servizio dei ‘signori dei traghetti’ e dei loro opachi finanziatori, delle cui gesta sono piene le cronache giudiziarie dell’ultimo secolo”.
Anche Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia, è tornato sulla possibilità che con le risorse del Recovery si possa sbloccare il progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.
“A nostro parere – si legge in una nota – il Ponte sullo Stretto va fatto. E il problema non è né di risorse né tecnico, ma soltanto politico. Per farlo, serve la volontà politica”.
Secondo Albanese, “se le risorse del Recovery per alcuni non vanno bene perché vanno spese subito e il progetto del Ponte richiede più tempo, ci sono sempre le risorse della programmazione europea da poter usare”. “E per quanti parlano dei problemi tecnici, dico che in tutto il mondo si sono realizzate opere ben più complesse”, conclude.
ROMA – “Sono particolarmente contenta perché, con l’approvazione di un mio ordine del giorno il Governo si è impegnato, dando parere favorevole, ad inserire il Ministero per il Sud e la coesione territoriale all’interno dei comitati interministeriali della transizione ecologica e digitale che si occuperanno della parte attuativa delle decisioni politiche. Faccio riferimento al Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd) e al Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite)”. Così in una nota la deputata catanese Maria Laura Paxia (Misto).
“Questi organismi – prosegue Paxia – presieduti da Mario Draghi e composti da diversi Ministri, gestiranno il 72% delle risorse previste dal Recovery Fund. Esprimo, quindi, grande soddisfazione perché il Sud non solo diventa protagonista della gestione dei fondi del Recovery, ma perché il Governo entra nell’ottica che il risanamento dell’Italia nasce proprio dal colmare le differenze economico sociali tra il Nord ed il Sud del nostro paese”.