Inchiesta

Ponte sullo Stretto e soliti benaltristi. Grandi opere vanno bene solo al Nord

PALERMO – L’approvazione del progetto aggiornato e definitivo del Ponte sullo Stretto ha rimesso in moto la macchina dei “profeti di sventura”, sempre pronti a scendere in campo, con ogni mezzo, pur di contrastare l’opera che non solo Sicilia e Calabria, ma l’Italia intera, attendono da oltre mezzo secolo. Dopo l’esposto in Procura, adesso la nuova (vecchia) parola d’ordine bofonchiata dai benaltristi – quelli che si ricordano dello sfacelo di strade e ferrovie siciliane solo quando c’è da contestare l’iconico collegamento tra Scilla e Cariddi – è “referendum”.

Lo strumento referendario sembra essere agitato più come uno spauracchio che, in effetti, come un modo per consultare (legittimamente per carità) gli umori dei cittadini (gli stessi che comunque hanno votato in maggioranza il programma di centro-destra che includeva il Ponte). Anche perché “di quali?”, verrebbe subito da chiedersi: non di certo dei piemontesi o dei lombardi, dato che nessuno ha mai chiesto il parere dei siciliani o dei lucani circa la realizzazione delle grandi infrastrutture per le quali al Nord, da decenni, si sono spesi e si continuano a spendere, sì, miliardi di euro.

La galleria del Brennero

Pensiamo, ad esempio alla galleria di base del Brennero, un’infrastruttura ferroviaria in galleria in costruzione, oggetto di un progetto d’ingegneria civile congiunto italo-austriaco, che collegherà Fortezza a Innsbruck passando sotto il passo del Brennero il cui costo supera la soglia dei 10 miliardi di euro (10,5 miliardi secondo l’aggiornamento all’inflazione dello scorso anno). Rappresenta il superamento della barriera naturale delle Alpi e poiché andrà a ridurre sia la lunghezza del percorso sia il tempo di viaggio per il trasporto su rotaia. I treni passeggeri potranno circolare nella galleria con una velocità superiore a 200 km/h. Grazie all’eliminazione delle grandi pendenze sarà possibile far superare questo tratto a treni merci più lunghi, più pesanti e in numero più elevato. Questi treni, quindi, richiederanno meno energia sul percorso pianeggiante, rispetto a quanta ne è attualmente necessaria sulla linea esistente. La data prevista per la consegna definitiva dell’intero progetto è il 2028.

TAV Torino-Lione

La Tav Torino-Lione è invece la nuova linea ferroviaria per merci e passeggeri che si estende per 270 km, di cui il 70% in Francia e il 30% in Italia. Il 2024 ha visto l’apertura di un nuovo cantiere per il tunnel di base del Moncenisio, dopo l’insediamento a Chiomonte del raggruppamento che dovrà realizzare il tratto italiano dell’opera. L’attività frenetica si riflette nei numeri impressionanti del progetto: oltre 35,5 km di scavi compiuti (dati aggiornati a fine gennaio) su un totale di 164 km, con 13 km di tunnel di base già scavati. Il costo complessivo del tunnel di base si aggira, secondo le ultime stime, intorno ai 9,6 miliardi di euro (5,5 a carico dell’Italia e poco più di 4 della Francia). A questi si aggiungono, per l’Italia, i costi della propria sezione: sul sito di FS si parla di 1,9 miliardi per la linea di Orbassano. Proprio nei giorni scorsi, inoltre, sono stati stanziati 50 milioni di euro per le “opere di accompagnamento” nei Comuni coinvolti dalla costruzione della nuova linea.

TAV Brescia-Verona

Altra infrastruttura strategica, e dal costo non risibile, è la TAV Brescia-Verona, che attraverserà tutto il lago di Garda, partendo dalle porte della città di Brescia fino ad arrivare alle porte della città di Verona e si svilupperà per un totale di 45,4 chilometri, dei quali 30 km in parallelo all’autostrada A4 e 8 km in allineamento alla linea ferroviaria, permettendo così la connessione di Milano con Verona. Costo stimato dell’opera oltre i 2,5 miliardi euro con una chiusura cantieri prevista per il 2026.

Terzo valico dei Giovi

La ferrovia Genova-Tortona, conosciuta anche come “Terzo valico dei Giovi” o più semplicemente terzo valico, è una linea ferroviaria in costruzione finalizzata a creare un collegamento veloce fra Genova e Tortona e, più in generale, tra la Liguria e la Pianura Padana. La realizzazione dell’opera è suddivisa in sei lotti costruttivi non funzionali, ciascun lotto non corrisponde l’attivazione di parti della linea, tutti interamente finanziati ed è in corso la loro realizzazione. Il Costo dell’intero Progetto ad oggi finanziato è di 9,3 miliardi di euro di cui 7,4 miliardi al Progetto del Terzo Valico, 1,3 miliardi di euro per il Progetto del Nodo di Genova e 612 milioni di euro per il Potenziamento di Genova Campasso. La realizzazione del Terzo Valico è iniziata nell’aprile 2012 e l’ultimazione dell’opera è prevista per il 2026. A dicembre 2023 l’avanzamento complessivo è di circa del 54,5 per cento per circa 4 miliardi di euro dell’importo totale. Il Terzo Valico integrato con il Nodo di Genova permetterà di ridurre i tempi di viaggio tra Genova e Milano e tra Genova e Torino

Il Mose

Un‘opera discussa, ma che si è rivelata efficace, è il Mose, il sistema di dighe mobili finalizzato alla difesa della città di Venezia e della sua laguna dal fenomeno dell’acqua alta. Il costo di costruzione dell’opera si è attestato oltre i 6 miliardi di euro cui si aggiunge il c.d. costo d’intervento, ossia quel costo derivante dalla sua utilizzazione, ossia delle “alzate” che, secondo le ultime stime, nel solo mese di ottobre è stato di circa 2 milioni di euro.

Tunnel subacqueo Genova

Tra le opere in cantiere al Nord, inoltre, vale la pena segnalare il progetto, presentato nelle scorse settimane, relativo al nuovo tunnel sub portuale di Genova. Si tratterà del primo tunnel sottomarino d’Italia e il più grande d’Europa. Sarà un’opera mastodontica che mira a ridare nuova linfa alla circolazione stradale della città, ormai satura dal punto di vista della capacità veicolare, gestita a oggi con la Sopraelevata. Il tracciato del tunnel che sarà costituito da due gallerie distinte, una per senso di marcia, collegherà Genova Ovest con Genova Est, sarà lungo 3,4 km, 4,2 km se si considerano anche tutti i collegamenti con le infrastrutture stradali già presenti, e raggiungerà una profondità massima di 45 metri sotto il livello del mare. La durata prevista dei lavori è di quasi sette anni con un investimento di circa 1 miliardo di euro, con realizzazione di ulteriori opere a corredo e una serie di interventi che mirano a migliorare le aree verdi della città che saranno finanziate a parte.

Le opere del Mezzogiorno

E al Sud? Certo ci sono diversi progetti in campo, seppure non abbastanza per ridurre l’atavico gap infrastrutturale con il resto del Paese. A partire dal contestatissimo Ponte sullo Stretto, il cui costo, secondo gli ultimi dati indicati, si attesterà intorno ai 13,5 miliardi, cifra alla quale occorrerà aggiungere un miliardo da destinare alle opere accessorie, ossia 40 km di raccordi viari e ferroviari, di cui l’80% circa sviluppati in galleria che collegheranno, dal lato Calabria, l’autostrada del Mediterraneo (A2) e la stazione FS di Villa San Giovanni mentre, dal lato Sicilia, connetteranno le autostrade Messina-Catania (A18) e Messina-Palermo (A20) e la nuova stazione FS di Messina con la realizzazione di tre fermate ferroviarie in sotterraneo, Papardo, Annunziata ed Europa, sul fronte siculo. Il progetto del Ponte non si configura come la classica “cattedrale nel deserto” perché anche le infrastrutture interne del Sud Italia stanno subendo una lenta ma netta operazione di ridefinizione.

Cantieri aperti a Napoli con il progetto Ifraflegrea, la stazione metropolitana di Capodichino, la ferrovia Cumana e la linea Alta Velocità sulla tratta Napoli-Bari. In Calabria è stato aggiudicato il progetto Alta Velocità Salerno- Reggio Calabria, il rifacimento della statale Jonica SS 106 e, nell’isola, la tratta ferroviaria Palermo-Catania, quella Messina Catania, il primo lotto della Ragusa Catania. Il totale degli investimenti previsti per il Sud sarebbe quindi stimabile intorno ai 18 miliardi contro gli oltre 28 previsti per il Nord.

La proposta di referendum

Nonostante l’evidenza dei numeri ci inviti a pensare che il Nord risulti terreno privilegiato per la realizzazione delle infrastrutture e che quindi serva un ulteriore impegno economico per il resto dell’Italia, gli investimenti al Sud sono regolarmente osteggiati, come nel caso del Ponte, anziché essere richiesti a gran voce. Come si anticipava in apertura dell’articolo, l’Alleanza Europa Verde e Sinistra Italiana – dopo aver presentato un esposto alla procura per bloccare la sua costruzione perché “il governo e la società non hanno reso pubblici i documenti fondamentali per capire l’entità del progetto e le procedure per realizzarlo” – domenica scorsa nel corso di un incontro pubblico a Messina ha dichiarato, per mezzo dei suoi portavoce, di “cominciare a ragionare sulla possibilità di raccogliere le firme per indire un referendum per sapere cosa ne pensano gli italiani del ponte sullo Stretto e per abolire quel decreto per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”.

È pur vero che la rete ferroviaria e stradale interna siciliana oggi paga il prezzo della sua vetustà e inadeguatezza, ma proprio le grandi opere, come il Ponte, possono essere prodromiche al cambiamento di rotta necessario per una mobilità interna che possa permettere all’isola di realizzare la più grande operazione di riqualificazione che le permetterà di riassumere il proprio ruolo di centralità nel Mediterraneo. Un’Isola “hub” capace di garantire a tutti i siciliani l’uscita da quella condizione di cittadini di classe B vincolati, se non vessati, dai costi del trasporto aereo e dai tempi di percorrenza.