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Infrastrutture carenti nei porti siciliani, serve una svolta

È riconosciuto che la Sicilia sia l’isola più grande e al centro del Mediterraneo. Ed è amata per le sue mete turistiche mozzafiato e per le irresistibili primizie enogastronomiche.

Ebbene, c’è di contro il rovescio della medaglia che fa storcere irrimediabilmente il naso, quel “consueto” alone di carenze infrastrutturali che imbriglia, suo malgrado, l’Isola.

Tali mancanze interessano da vicino la portualità siciliana: allo stato attuale la nostra isola non offre un vero e proprio distretto nautico interamente dedicato al comparto delle navi da diporto, ovvero le imbarcazioni di metratura rilevante (yacht dai 50-70 metri in su).

Ciò significa che questa mancanza di ricoveri idonei, su tutto il territorio regionale, dalle province di Catania e Siracusa sino a Trapani, utili ad accogliere megayacht di certe dimensioni, pone la Sicilia in posizione di ritardo nei confronti degli altri paesi dell’area del Mediterraneo, come ad esempio Malta e Francia (Costa Azzurra in via di saturazione per quanto concerne gli ormeggi stanziali) che, di contro, negli anni si sono prontamente adoperati per mettere a sistema le strutture necessarie ad accogliere questo importante e irrinunciabile flusso turistico.

Analizzando con la lente d’ingrandimento, in termini numerici, la situazione dei principali porti turistici siciliani si può evincere una certa discrepanza, amplificatasi specialmente nell’ultimo decennio, tra arrivi stagionali di grandi navi da diporto e posti disponibili.

Al porto dell’Etna di Riposto lo spazio a disposizione sulla banchina centrale è di circa 170 metri lineari: per capirci con appena tre ormeggi contemporanei di yacht da 50 metri si va in overbooking. Peraltro, è in vigore un’ordinanza della Capitaneria di Porto che limita la lunghezza massima delle imbarcazioni che hanno il permesso di ormeggiare entro e non oltre i limiti dei 70 metri di lunghezza.

Al di sopra di questa metratura si resta in rada. Se a ciò si rapporta il dato confermato delle circa 350 visite stagionali, con oltre 1000 scali, intorno all’isola, si comprende bene il grado di difficoltà in cui versa la Sicilia durante la stagione che va da marzo a ottobre (a volte anche novembre).

Non va certamente meglio nemmeno a Siracusa e Trapani. Al Foro Italico aretuseo, per i megayacht è disponibile la banchina pubblica n.11, dove sono stanziati 18 posti barca dal minimo di 20 al massimo di 100 metri circa.

A differenza degli altri porti turistici, a Ortigia le imbarcazioni vengono ormeggiate con la poppa rivolta a terra.

Differentemente dalla banchina pubblica, il marina privato accoglie, invece, soltanto yacht fino ai 24 metri. A Trapani ci sono due porti privati che garantiscono soltanto un ormeggio ciascuno per imbarcazioni di 50 metri, non oltre; per il resto esclusivamente posti per metrature inferiori. Per gli yacht più lunghi c’è solo la disponibilità sulle banchine pubbliche che accolgono al massimo due o tre imbarcazioni, in base alla grandezza.

Se da un lato, dunque, negli ultimi dieci anni la Sicilia ha conosciuto un incremento crescente del traffico internazionale legato al turismo nautico di lusso, favorito grazie al lavoro e all’abnegazione delle storiche agenzie di settore e delle figure di riferimento a terra operanti sul territorio regionale, dall’altro lato si verifica, purtroppo, che le grandi unità nautiche spesso sono costrette a rimanere ferme ai punti di ancoraggio e inviare i loro tender o scialuppe per scendere a terra.

Questo, appunto, è lo specchio dello stato di difficoltà in cui versa la portualità dell’isola.

In periodi di emergenza internazionale come questo, che ha avuto tra l’altro una grave ricaduta proprio sul comparto turistico, appare ancor più rilevante adeguare la Sicilia e rispondere al meglio alla crescente richiesta del mercato internazionale con soluzioni idonee.

A ciò ne consegue la perdita di flussi di denaro che dall’estero si riverserebbero sulla nostra regione e a cascata sul territorio nazionale. Al tempo stesso queste ragioni rendono difficilmente proponibile la nostra isola, oltre che come luogo di crociera, come destinazione di ricovero (o svernamento invernale) durante tutto l’anno proprio per questa categoria di imbarcazioni.

L’ottimizzazione delle infrastrutture portuali esistenti, in definitiva, porterebbe un incremento esponenziale per l’economia dell’isola, ma anche nuovi posti di lavoro e investimento sulle professionalità del territorio.

Nei corridoi di Palazzo d’Orleans, in seno al governo regionale, la problematica pare essere stata presa in considerazione e gli assessorati chiamati in causa – Infrastrutture, Territorio e Ambiente, Turismo Sport e Spettacolo – stanno programmando i passi da muovere per far compiere alla Sicilia, finalmente, il grande salto in avanti.

Torneremo sulla questione insieme agli assessori di riferimento per porre loro gli interrogativi in merito alla questione.

Francesco Ricca