Economia

Possibile perdere 1100 euro con un euro in più in busta paga

Emergono le prime notizie sui contributi e viene fuori che il mix tra decontribuzione e la riforma dell’Irpef porterà “maggiori benefici per redditi medio-bassi e operai” tuttavia spuntano delle “criticità da coperture e soglie di reddito”. Lo afferma nel corso di un’audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato la presidente dell’ufficio parlamentare di bilancio (Upb) Lilia Cavallari. Sono queste le ultime sulla manovra al vaglio del Parlamento.

“La conferma della decontribuzione garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro bassi e medi – dice Cavallari -. La modalità per fasce fa cessare ogni beneficio oltre la soglia di retribuzione lorda di 35.000 euro, con una perdita di circa 1.100 euro con il superamento di tale soglia per un solo euro”.

I lavoratori interessati potrebbero così dover affrontare altri problematiche.

Uteriori proroghe della misura? Le parole dell’esponente Upb

“Vi sarebbe un forte disincentivo al lavoro e si renderebbe più complesso il raggiungimento degli accordi di rinnovo contrattuale”

Questi meccanismi quindi dovrebbero essere risolto. In particolare lo sgravio contributivo è pari al 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per quelli sino a 35 mila. Il taglio contributivo è già in vigore e non si possono attendere sostanziosi aumenti in busta paga dal prossimo gennaio. Si sottolinea che è una misura che esiste già ma è temporanea.

“La conferma della decontribuzione aggiunge la Cavallari – garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro bassi e medi, in particolare il reddito degli operai incrementando la capacità redistributiva del complesso del prelievo contributivo e fiscale”.

Ulteriore criticità emersa e vantaggi

L’altra fragilità è proprio la natura non strutturale della misura che è stata “finanziata temporaneamente in deficit con uno stanziamento di 10,7 miliardi. Una eventuale ulteriore estensione richiederà l’individuazione di misure di copertura strutturali”.

Il Governo è intervenuto pure con una rimodulazione delle aliquote Irpef. I primi due scaglioni (fino a 15mila e quello tra 15 e 28mila) saranno accorpati. Sarà applicata l’aliquota prevista fino a oggi per il più basso: il 23%. Il beneficio sarà in vigore dal 2024. Dovrebbe esserci un vantaggio fiscale annuo fino a 260 euro. Il beneficio sarà visibile sulle buste paga allo stesso modo sui cedolini della pensione. “Il beneficio è di 75 euro annui per i redditi da lavoro dipendente tra 8.000 e 15.000; a partire dai 15.000 fino a 28.000 il vantaggio aumenta progressivamente con il reddito fino a un massimo di 260 euro; oltre i 50.000 euro il beneficio può azzerarsi per effetto del taglio delle detrazioni per oneri e spese non sanitarie – spiega Cavallari -. L’intervento sull’Irpef risulta sostanzialmente neutrale dal punto di vista della redistribuzione. Includendo anche la decontribuzione, l’impatto diventa progressivo. L’effetto dei due interventi è più consistente sugli operai, con un vantaggio medio della categoria del 3,4% dell’imponibile, seguiti dagli impiegati con un più contenuto 1,9%. Per i pensionati, l’incidenza del beneficio e il beneficio assoluto risultano inferiori a quelli di operai e impiegati. La decontribuzione premia sempre, in rapporto al reddito, in modo particolare i più giovani, soprattutto entro i 35 anni”.