È ormai noto e constatato da tutti/e che la Pubblica amministrazione nazionale, regionale e comunale non funziona, come un motore che va a tre cilindri anziché a quattro.
Le cause sono molteplici, però poco conosciute in quanto i/le cittadini/e si accorgono solo che i servizi loro erogati sono modesti e di scarsa qualità, mentre i costi che sostengono le istituzioni di tutti i livelli sono rilevanti.
La ragione principale di questa discrasia riguarda il mancato rapporto fra costi e benefici. Vale a dire che le spese sostenute dalle istituzioni per mantenere i tre milioni di pubblici dirigenti, funzionari e dipendenti non trovano corrispettivo nella qualità e nella quantità dei servizi erogati; i costi sono certi, ma i benefici (i servizi erogati) incerti.
Tutto ciò accade perché manca un’organizzazione efficiente di tutto il personale, il quale non va a lavorare per produrre risultati, bensì per completare l’orario di servizio che, ricordiamo, è di trentasei ore settimanali rispetto alle normali quaranta ore nel settore privato, salvo giornalisti e bancari.
Un altro elemento che manca nel sistema di funzionamento della Pubblica amministrazione riguarda il sistema premiale o sanzionatorio in rapporto al raggiungimento dei risultati, perché la stessa organizzazione non li fissa e non fissa neanche il cronoprogramma per raggiungerli, per cui risulta del tutto indifferente che si raggiungano i risultati ovvero non si raggiungano nei tempi previsti.
Allora sorge un’altra questione e cioè la necessità di nominare commissari straordinari, i quali hanno il compito di raggiungere risultati, per esempio la ricostruzione di territori danneggiati da eventi straordinari in tempi minori di quelli ordinari.
Ci sembra un modo strano di mettere pezze su lacerazioni. Non si capisce infatti per quale ragione i dirigenti preposti alle attività ordinarie non debbano essere nelle condizioni di raggiungere i risultati previsti dai loro programmi di lavoro, ovviamente secondo tempi ragionevoli di realizzazione. Ma quando non li raggiungono abbisognano di ulteriori persone, i cui emolumenti costano parecchio, per fare quello che i dirigenti dovrebbero fare ma non fanno.
Delle due l’una: o chi ha le responsabilità dei servizi deve farvi fronte con le proprie capacità, misurate dai risultati raggiunti, ovvero non ha tali capacità, per cui non avrebbe nessuna ragione di continuare a fare il dirigente.
Per converso, i dirigenti che raggiungono i risultati nei tempi previsti meriterebbero premi adeguati per la loro solerzia e bravura, mentre i primi dovrebbero essere ammoniti prima e licenziati poi, secondo la regola che chi non è capace di adempiere ai propri compiti non serve.
Insomma, nel nostro Paese la Pubblica amministrazione dovrebbe essere oggetto di un sistema che premia i bravi e licenzia gli incapaci. Esattamente come avviene nello sport, ove nessuno si meraviglia se c’è chi arriva primo e chi arriva ultimo; al primo si dà la medaglia, al secondo si dà l’oblìo.
Così, in atto, si continua a falsificare un rapporto di lavoro che non produce risultati con il conseguente danneggiamento dei/delle cittadini/e.
Quando vengono nominati commissari ordinari o straordinari, questi hanno bisogno di personale, che viene prelevato dalle altre amministrazioni con i cosiddetti comandi, per cui si creano vuoti che non sono colmabili. Le gestioni commissariali si sovrappongono a quelle ordinarie costituendone quasi un doppione, per fare le stesse cose.
La soluzione sarebbe alla radice e cioè, come prima si scriveva, responsabilizzare i dirigenti per farli funzionare in base alle leggi. Qui casca l’asino perché le stesse dovrebbero essere formulate in maniera semplice e lineare, in modo da consentire a tutti di comprenderle e di eseguirle, per cui i risultati positivi dovrebbero essere conseguenti.
Governo e Giunte, regionali e comunali, non si occupano della riforma della Pubblica amministrazione se non a parole, con la conseguenza che queste macchine continuano a non funzionare e con l’ulteriore conseguenza che i meccanismi spesso si inceppano e non producono risultati o addirittura producono risultati negativi. Con buona pace di chi chiude occhi e orecchie.