“Se l’indirizzo è ‘camminiamo sul filo’, certe iniziative non vanno intraprese. Il rischio è proporzionato al risultato atteso”. Era così che Salvatore Città, 65enne consulente fiscale e aziendale di Carini, si rivolgeva ai propri clienti, cercando di metterli in guardia dal compiere operazioni per la cui gestione sarebbe stato necessario essere “funamboli dotati di ali”. Per la procura di Palermo, che ha indagato avvalendosi del lavoro dei militari della guardia di finanza guidati dal colonnello Gianluca Angelini, Città sarebbe stato comunque tutto fuorché un professionista prudente.
L’uomo è stato arrestato con l’accusa di fare parte di un’associazione a delinquere dedita a frodare lo Stato, evadendo imposte sul reddito e versamenti Iva, e garantendo un arricchimento illecito per sé e per gli imprenditori che a lui si rivolgevano. Tra questi spicca il nome di Gianfranco Milotta, ritenuto dominus dell’omonimo gruppo che ha sede ad Alcamo ed è attivo nel commercio di materiali per l’edilizia, articoli per agricoltura, ferramenta e colori. La Milotta Group, che nei giorni scorsi ha preso parte alla nota fiera Big 5 di Dubai, e le altre società di famiglia avrebbero accumulato ricchezze grazie anche a un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti il cui importo, tra il 2016 e il 2020, avrebbe superato i trenta milioni di euro.
Il sistema, per espressa ammissione del suo regista, Città, aveva nel mirino innanzitutto lo Stato. Ma nel corso del tempo avrebbe ambito a truffare anche altre imprese. I finanzieri lo scoprono accedendo ai dispositivi elettronici del professionista di Carini.
In un documento allegato a una mail inviata il 16 ottobre 2019, Città scrive ai propri sodali: “Premesso che fino ad ora le operazioni borderline avevano come unico obiettivo lo Stato, oggi scopro che avete come ulteriore obiettivo di colpire alcuni fornitori. Gli scenari nuovi che mi si presentano sono il rischio di un’aggressione da parte dei creditori, oltre lo Stato (ma questo lo avevamo pianificato e ne conosciamo i rischi”, si legge nell’ordinanza del gip Lorenzo Chiaramonte. Ancora una volta, però, quelli di Città sarebbero stati – secondo la pm Federica La Chioma – soltanto dei consigli tecnici, in quanto sarebbe lo stato lo stesso consulente aziendale a sollecitare Milotta e gli altri imprenditori a pensare in grande: “Inutile fare riunioni e grandi progetti se poi alla prova pratica conta Zanicchi”, si legge in un messaggio inviato da Città a Milotta in cui l’imposta sul valore aggiunto veniva chiamata in codice citando il nome della nota cantante.
A finire sotto la lente degli inquirenti ancora una volta è stato l’utilizzo delle cosiddette cartiere, società create con l’unico intento di simulare operazioni commerciali in modo da poter emettere fatture comprensive di Iva, dando alla società acquirente di compensare eventuali debiti con l’Erario ed evitando rigorosamente di versare allo Stato l’imposta incassata. Un meccanismo che per funzionare necessita di una serie di complici, che in maniera coordinata recitino ognuno la propria parte.
Le Fiamme Gialle hanno accertato che in molte circostanze, a fronte delle fatture emesse, nessun pagamento veniva effettuato. In altri casi, invece, le cifre venivano davvero trasferite tramite bonifici, ma poi poco dopo restituite ai Milotta in contanti. La regia sarebbe stata ancora una volta di Città. “Puoi fare il primo bonifico da cinquemila e la settimana prossima il secondo sempre su Microchem (una delle società ritenute cartiere, ndr), che io comincio a prelevare e a restituirteli in contanti come d’accordo con Gianfranco (Milotta, ndr)”, scrive il professionista alla nipote dell’imprenditore nell’autunno 2018.
Per complicare il lavoro degli investigatori, nella consapevolezza che il sospetto delle frodi sarebbe potuto via via emergere, Città avrebbe spinto affinché le società cartiera venissero trasferite all’estero. Sulla carta gli spostamenti avrebbero interessato la Russia, la Bielorussia e la Moldavia.
“Il solo scopo (era) di nascondere la documentazione, opponendo agli organi di controllo – si legge nell’ordinanza – l’esibizione dell’avvenuto trasloco e rendere più difficoltoso il lavoro di organi inquirenti”. Una prova di ciò sarebbe ricavata da una conversazione avvenuta a giugno 2019 tra Città e Milotta. Il primo racconta all’imprenditore alcamese di essere stato convocato dalla guardia di finanza in provincia di Bergamo, per fornire informazioni su una società che aveva emesso fatture al gruppo Milotta. Ai militari, il consulente aveva spiegato di avere bisogno di contattare un collaboratore russo “sulla cui esistenza – sottolinea il gip – i due ironizzavano”.
Dalle verifiche fatte dal Qds, risulta che la famiglia Milotta è attiva anche a Malta. Nell’isola dei cavalieri, Gianfranco Milotta, insieme a una sorella e a una nipote, possiede la Mga Trading Limited, costituita con poco più di 1200 euro di capitale e rimasta estranea alle indagini.
A Salvatore Città sarebbe spettato anche il compito di individuare le figure da trasformare in prestanome. Il professionista sarebbe stato solito indicarli con le lettere “TL”, testa di legno. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbe esistito anche una sorta di prezziario riguardante le spese da affrontare per convincere un soggetto a entrare nelle società acquisendo formalmente delle quote o assumendo il ruolo di amministratore. Nel caso di una società in accomandita semplice, per esempio, la cifra sarebbe stata di 6500 euro.
Tra i prestanome individuati dalla procura di Palermo c’è un idraulico e un operaio metalmeccanico risultati legali rappresentanti di oltre una decina di imprese. In alcune circostanze sarebbero stati gli stessi prestanome che, bisognosi di denaro, avrebbero chiesto a Carta di essere coinvolti nelle operazioni fiscali portate avanti dal consulente. Il caso più eclatante, però, riguarda un uomo che è risultato rappresentante legale di 15 società e socio di dieci di esse, ma in realtà si è accertato essere un senza fissa dimora che frequentava la Caritas.