Prezzi in rialzo per i carburanti con il gasolio ‘servito’ che è arrivato a 2 euro al litro. Staffettaonline sottolinea che ieri il Brent, il greggio di riferimento per i compratori europei, ha chiuso sopra i 90 dollari al barile per la prima volta da metà novembre del 2022. A spingere la quotazione è stata la decisione di Russia e Arabia Saudita di prolungare fino a fine anno i tagli alla produzione di petrolio introdotti in giugno per sostenere il prezzo. Il riverbero si è visto anche sulle quotazioni dei prodotti raffinati, salite ieri con forza per la quarta giornata consecutiva.
Quanto ai prezzi dei carburanti alla pompa, si vedono questa mattina sulle medie nazionali gli effetti del rialzo deciso ieri da Eni (con il gasolio in modalità “servito” che tocca i due euro al litro), mentre sui listini dei prezzi consigliati non ci sono movimenti da segnalare. L’aumento della quotazione del barile suggerisce, continua Staffettaonline, di fare due conti sulla possibilità che scatti il taglio delle accise, secondo il meccanismo introdotto nel 2007 e da ultimo modificato con il Decreto Trasparenza dello scorso gennaio – quello che ha introdotto anche l’obbligo del cartello con il prezzo medio regionale.
Il prezzo del Brent è aumentato di circa il 20% rispetto al livello di giugno. Per far scattare l’accisa mobile (o sterilizzazione dell’Iva) è necessario che la quotazione del Brent in euro aumenti, sulla media del precedente bimestre, rispetto al valore di riferimento indicato nel Def. Il valore del Brent per il 2023, come indicato nella nota di aggiornamento del Def, è di poco meno di 90 euro al barile. Nel bimestre luglio-agosto, la media delle quotazioni del Brent è stata di 82,7 dollari al barile, pari a poco più di 75 euro. Non ci sono dunque le condizioni per far scattare il taglio dell’accisa.