Un settore, se così possiamo definirlo, che non ha subito la crisi economica di questi ultimi anni è quello della politica. Chi amministra il Paese a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale) non ha subìto decurtazioni dallo stipendio, tantomeno licenziamenti o casse integrazioni.
Al contrario dei “comuni mortali”, cioè i lavoratori che, da Nord al Sud e soprattutto nel settore privato, si sono ritrovati in forti difficoltà. Nei palazzi del potere questo non accade e a parte una indennità di tutto rispetto, la politica sembra vivere in un mondo a parte. Quanto sia invece difficile la vita dei lavoratori italiani lo si può leggere nel rapporto 2022 dell’Inapp (Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche).
Un lavoratore dipendente su sei (15,9%) dichiara di fare straordinari non retribuiti. Un dato preoccupante, se consideriamo che gli straordinari interessano sei occupati su dieci (60%), in maggioranza uomini (64,7% contro il 54,1% delle donne). Le motivazioni sono di vario tipo: nella maggior parte dei casi (51,2%) per carichi di lavoro eccessivi o carenza di personale, nel 18,4% per guadagnare di più. C’è poi un 8,1% che dichiara di non potersi rifiutare. Nelle regioni del Sud e delle Isole si fa un po’ più di straordinario non retribuito, e lo straordinario non è retribuito allo stesso modo in tutta Italia.
In una sorta di “universo parallelo”, troviamo il deputato (regionale, nel caso specifico dell’inchiesta che vi proponiamo) che non è costretto a straordinari non retribuiti né tanto meno per guadagnare di più.
A ben vedere, il politico che ricopre una carica pubblica e percepisce una indennità pagata dai cittadini dovrebbe essere considerato un “dipendente” pubblico e non essere paragonato ad una specie di imprenditore. è chiaro che non si può fare di tutta un’erba un fascio perché vi sono molti politici che dedicano con passione tutto il tempo necessario a far sì che la politica sia “servizio” ai cittadini.
Il paragone oggetto del nostro approfondimento si pone l’obiettivo di rimarcare l’enorme disparità tra mondo del lavoro e politica.
Nel corso della passata legislatura, ad esempio, si è viaggiato ad una media di cinque sedute al mese, poco più di una a settimana. Vero è che il deputato lavora anche nelle commissioni, nei cassetti delle quali, peraltro, sono rimasti la maggioranza dei disegni di legge presentati nella passata legislatura: di 1.287 documenti tra quelli di iniziativa parlamentare e anche governativa, solo 140 sono diventati leggi, per 47 delle quali è scattata l’impugnativa del Consiglio dei Ministri.
In questa nuova legislatura sono invece 264 i ddl presentati e per ora sul sito non è stata caricata alcuna legge. Il governo romano ha storto il naso anche per l’aumento che il Palazzo dei Normanni si è concesso per l’adeguamento Istat, 890 euro lordi al mese, quando nell’isola i lavoratori faticano ad arrivare a fine mese. C’è chi lo ha definito uno schiaffo ai siciliani chi chiede che venga revocato ma intanto il provvedimento è stato votato e in questo caso la specialità dello statuto è stata applicata a dispetto del disappunto della premier Giorgia Meloni.
A rappresentare una delle Regioni più depresse d’Italia sotto il profilo economico, c’è, oltre al governo regionale, il Parlamento, che ha sede a Palermo a Palazzo dei Normanni e che è composto da 70 deputati.
Per loro un trattamento economico molto generoso anche grazie alla legge 44/195 che equipara Sala d’Ercole al Senato e recita: “In tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato è garantito ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, un trattamento economico adeguato ad assicurarne l’indipendenza”.
Il trattamento economico del deputato si compone di due voci: l’indennità parlamentare e la diaria. La prima è fissata in 6.600 euro lordi mensili. La diaria, riconosciuta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Palermo, è fissata in 4.500 euro lordi mensili. In caso di assenza dai lavori d’Aula viene trattenuto l’uno per cento, per assenze dai lavori di commissione lo 0,5 per cento.
In più quest’anno in Sicilia i deputati si sono aumentati l’indennità di 890 euro lordi mensili per l’adeguamento Istat, atto che la politica romana non ha di certo apprezzato: “L’aumento della diaria per i 70 deputati regionali è uno schiaffo in pieno volto ai cittadini che vedono crescere il costo delle bollette, del carburante, della spesa, la rata del loro mutuo, mentre i loro stipendi, le loro entrate, rimangono pietrificati, immobili, nessun adeguamento, nessuno scatto per tutti i poveri cristi – ha detto il deputato nazionale di Azione, Davide Faraone, siciliano – questo aumento è immorale, allontana ancor di più i cittadini dalle istituzioni, acuisce quello scollamento esistente e perdurante”.
Per i propri collaboratori ogni deputato ha diritto inoltre a 3.180 euro lordi mensili.
Poi vi sono le indennità di funzione, ecco le cifre mensili lorde: 2.700 euro per il presidente dell’Ars, 1.800 euro per i due vice presidenti, 1.622 euro per i tre deputati questori, 1.160 euro per i cinque deputati segretari, i presidenti di commissione (7) e di gruppi parlamentari (10), 290 euro per i vice presidenti di commissione (14) e 145 euro per i segretari di commissione (7).
Per questa voce abbiamo calcolato, sulla base del bilancio di previsione 2022, un costo forfettario per singolo deputato di 579,22 euro.
Per deputazioni e missioni il budget scende da 35.000 a 30.000 euro, cioè 428,7 € a deputato.
Contributo a favore del Fondo di solidarietà per il pagamento dell’indennità di fine mandato: 550 € mensili
L’Assemblea regionale corrisponde ai singoli gruppi parlamentari trasferimenti proporzionati al numero dei deputati di cui il gruppo è composto: l’ultimo dato disponibile, quello 2022, è di 7.303 € mensili per ciascun deputato.
Anche quest’anno il bilancio di previsione dell’Ars, si presenta con cifre che non passano inosservate: nel 2023, infatti, Palazzo dei Normanni costerà complessivamente 257,6 milioni di euro. È quanto si legge nel riepilogo del bilancio interno. La cifra comprende tutte le spese (correnti, in conto capitale, rimborsi di prestiti, spese per conto terzi e partite di giro).
Tutta un’altra storia rispetto allo schema triennale precedente (2022-2024) approvato nella seduta n. 339 del 30 aprile dello scorso anno, dove veniva prevista per il 2022 una spesa di 288,2 milioni ma per il 2023, “solo” 177 milioni di euro, che quest’anno sono diventati 90 in più. Per pagare le spese del Palazzo, la Regione contribuisce quest’anno con 133,5 milioni di euro di dotazione, una somma inferiore di 500 mila euro rispetto al 2022 e di 2,5 milioni rispetto al 2021.
Alcune voci si sono ridotte, come le spese per le missioni dei deputati che scendono da 35.000 euro a 30.000, mentre aumenteranno le spese per i deputati per l’adeguamento Istat (+ 750 mila euro circa lordi in totale).
Altra voce significativa è rappresentata dalle spese per gli organi istituzionali che ammontano a 30,2 milioni di euro.
Cifre da capogiro, soprattutto se si fa il paragone con altre regioni (il Consiglio regionale della Lombardia spenderà 84,3 milioni per il 2023, solo per fare un esempio, e quello della Toscana 31,4 milioni di euro). Di certo non aiuta che la sede del Parlamento si trovi in un palazzo antico, in cui è necessaria una continua e soprattutto costosa manutenzione.