Oltre due secoli di carcere per 27 persone tra boss e favoreggiatori di Matteo Messina Denaro: lo ha deciso il giudice per l’udienza preliminare di Palermo, che ha emesso le prime condanne nel processo istituito per scoprire i segreti della lunga latitanza dell’ultimo Padrino e di chi l’avrebbe resa possibile.
Il processo in questione è stato celebrato con rito abbreviato e riguardava principalmente i fiancheggiatori dell’ultimo periodo della latitanza, prima del blitz dello scorso gennaio alla clinica “La Maddalena” di Palermo che ha portato all’arresto di Messina Denaro. Il boss di Castelvetrano è morto dopo una lunga malattia lo scorso settembre.
Nessuno degli indagati di questo processo risulta assolto.
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Tra i nomi degli indagati spiccano quelli di Francesco Luppino, ritenuto dagli inquirenti tra i “fedelissimi” del boss e tra coloro che erano stati “incaricati” di ricostruire la rete di Cosa nostra nel Trapanese, e di Marco Buffa, accusato di aver messo in giro la voce – infondata – che Messina Denaro fosse morto prima del suo arresto.
Di seguito i nomi degli indagati, a vario titolo, per favoreggiamento a Messina Denaro e le relative condanne al carcere:
A queste condanne si aggiungono quella a 20 anni di carcere per Francesco Luppino, quella a 16 anni per Piero Di Natale e quella a 11 anni e 4 mesi per Marco Buffa.
Gli indagati nel processo su Matteo Messina Denaro dovranno risarcire anche le seguenti parti civili: il Comune di Campobello di Mazara, l’associazione antiracket di Alcamo “G. Stellino, l’associazione antiracket di Trapani, Codici Sicilia, Codici Onlus, il centro studi Pio La Torre, il Comune di Castelvetrano.
Nel frattempo, le indagini su Matteo Messina Denaro e la sua “rete” di fedeli non si fermano. Nell’ultimo covo del boss, infatti, gli inquirenti avrebbero individuato circa 20 impronte diverse. Tutte presumibilmente appartenenti a persone che frequentavano il rifugio e che, di conseguenza, erano con ogni probabilità a conoscenza sia del nascondiglio del mafioso che della sua vera identità.