“Sono convinto che la forza delle mafie debba essere individuata nella debolezza con cui le istituzioni preposte a combattere le stesse affrontano tale problema. Purtroppo il Sistema Montante, attraverso infiltrazioni nell’ambito delle forze di polizia, del giornalismo e della magistratura, ha dimostrato di potere indebolire questa azione di contrasto“.
Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra, oggi a Caltanissetta in vista della sentenza in Corte d’Appello sul sistema Montante.
Il processo vede imputati, oltre all’ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante, il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, il sostituto commissario Marco De Angelis, il capo della security di Confindustria Diego Di Simone e il Questore Andrea Grassi.
Per Montante lo scorso 15 gennaio il procuratore generale di Catania, Giuseppe Lombardo, aveva chiesto una condanna a 11 anni e 4 mesi di reclusione.
“Adesso – ha continuato Morra – verificheremo che cosa succede qui in secondo grado. La mia convinzione è che comunque il Sistema Montante sia stato un sistema perverso di relazionalità che hanno anteposto l’interesse particolare all’interesse generale”.
“La mia convinzione è che questo sistema debba diventare un casus per capire come l’azione di contrasto alle mafie debba essere condotta senza concedere nulla a favori, a interessi personali, a rating di legalità inesistenti che poi di fatto hanno prodotto espulsioni zero dal mondo di Confindustria“.
“Noi dobbiamo fare prevenzione – ha concluso Morra – attraverso incontri pubblici, seminari, manifestazioni, ma tutto questo non deve minimamente servire a creare finti miti che poi fanno l’ascesa al potere e da Roma addirittura influenzano le nomine di prefetti come è stato rivelato da alcune intercettazioni telefoniche che hanno visto Montante relazionarsi all’allora ministro Alfano”.