Editoriale

La PA si riorganizzi come ha fatto Poste

Il problema più grosso che hanno le nostre istituzioni è la disfunzione generalizzata della Pubblica amministrazione. Nessun ministro è riuscito a trovare la soluzione per farla funzionare come una moderna azienda, vale a dire con i risultati ragguagliati alle spese, in base ad un coefficiente di produttività almeno sufficiente con la responsabilizzazione di dirigenti, funzionari e dipendenti e con un sistema premio-sanzionatorio conseguente al merito.

Nonostante l’incapacità di procedere a tale riorganizzazione, per cui il problema è rimasto sul tavolo tale e quale, è indispensabile trovare la soluzione e trovarla presto.

Vi sono modelli che funzionano molto bene. Più volte abbiamo citato quelli delle Forze dell’Ordine (Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri, che gestiscono anche il Corpo Forestale) ed ora vogliamo citare il modello Poste italiane.
Non si capisce perché (o forse si capisce benissimo) non si voglia percorrere la strada dell’innovazione affinché la Pubblica amministrazione italiana, a tutti i livelli, si possa paragonare a quella di altri Stati europei.

Vogliamo ricordare che fino a venti o trent’anni fa Poste italiane era un baraccone clientelare, che funzionava né più e né meno come una Pubblica amministrazione. Poi c’è stata la svolta, anche con l’assunzione di responsabilità da parte di Corrado Passera.

Poste italiane si è trasformata via via in un’azienda efficiente che oggi è un vanto per l’Italia perché produce servizi di prim’ordine in tanti settori, non solo in quelli tradizionali, ma anche utili, per cui stacca un generoso assegno al fisco italiano in termini di imposte.

Basta parlare con dirigenti e dipendenti, anche quelli degli sportelli di comuni più piccoli, per sentire come la filosofia sia profondamente cambiata, come tutti cerchino di far andare il meglio possibile l’azienda, che ritengono una propria casa, e come (giustamente) i clienti vengano considerati il bene più prezioso di un’azienda.
Non stiamo facendo lodi a caso, ma crediamo che è doveroso dare a Cesare quel che è di Cesare.

Dunque, vi sono due modelli nel sistema pubblico che funzionano. Non si capisce perché non vengano emulati da tutte le altre branche della Pubblica amministrazione nazionale, regionale e locale. Non si capisce perché anche i sindacati non entrino nell’ordine di idee che è interesse dei dipendenti pubblici acquisire il favore dei cittadini per il loro migliorato funzionamento e per la loro disponibilità a favore dei medesimi.

Insomma, vi è l’interesse di tutti a cambiare questo andazzo, perché ci perdiamo tutti.

È noto che la macchina burocratica può essere una locomotiva o un peso per il sistema economico. Attualmente è un peso perché frena e rallenta. Occorre che si trasformi in locomotiva, che acceleri e sostenga tale accelerazione.

È inutile continuare a giustificare la disfunzione e la lentezza col fatto che il personale sia avanti con l’età. Infatti, non vuol dire nulla che le persone abbiano cinquanta, cinquantacinque o sessant’anni. La verità è un’altra e cioé che i responsabili non hanno aperto dei veri corsi di formazione continua.

Ora, vi sono lamentele da parte di tutte le Pubbliche amministrazioni perché non hanno il personale competente per redigere i progetti secondo le regole europee da inviare per attingere ai fondi del PNRR. Ma la soluzione è peggiore del male perché si parla di assumere altre persone: un rimedio catastrofico. Infatti non servono quantità di scribacchini, ma cervelli preparati e pensanti che siano nelle condizioni di fare quanto loro richiesto.

Come fare? L’unica soluzione possibile, data l’urgenza, è quella di attingere a chi ha competenze e cioé a società di consulenza o a consulenti diversi, anche mediante ordini professionali, ponendo però il vincolo che il pagamento degli onorari venga corrisposto solo al momento in cui i progetti sono accettati e finanziati.

Dunque, le soluzioni ci sono; ve le abbiamo elencate succintamente. Ci dobbiamo augurare che le persone che hanno responsabilità nella PA abbiano la coscienza pulita e non cedano alla tentazione della dilagante corruzione, facendo ciò che non dovrebbero fare e non facendo ciò che devono fare.