PALERMO – Bassa qualità di vita per buona parte dei siciliani. Questo, in sintesi, il risultato dell’analisi svolta dall’Istat, ormai dal 2018, che va a misurare, attraverso una serie di 70 indicatori, distribuiti su 12 domini, il benessere ‘equo e sostenibile’ dei diversi territori italiani. La Sicilia, purtroppo, si distingue in negativo: le province hanno livelli di benessere relativo più bassi rispetto sia al complesso dei territori del Mezzogiorno, sia rispetto all’intera penisola.
La classificazione dei territori avviene su cinque classi di benessere, che vanno da bassa, medio-bassa, media, medio-alta ad alta, calcolati sulla base di una serie di dati relativi a salute, istruzione e formazione, lavoro, il benessere economico, le relazioni sociali, la politica e le istituzioni, sicurezza, paesaggio e patrimonio culturale, innovazione e creatività.
Il 31,8% del territorio si trova nella classe di benessere bassa, contro il 15,1% registrato come media italiana. Rimane sopra la media nazionale anche la classe di benessere medio-bassa, al 21,9% contro il 18,8%.
Più si sale in benessere, più si abbassa il valore registrato in Sicilia: nella classe medio-alta la regione si ferma al 13,6% contro il 23,4% nazionale, così come nella classe di benessere alta i siciliani si fermano ad appena il 12,5%, contro il 19,3% italiano.
Rispetto al 2019, sono diminuiti entrambi gli estremi, mentre è cresciuta la classe di benessere cosiddetta media: se nel 2019 si fermava al 12,6%, nel 2022 è salita al 20,2%, rimanendo comunque sotto la media nazionale, che arriva al 23,4%.
Le province più svantaggiate della regione sono Siracusa e Agrigento, che nell’ultimo anno si trovano nelle due classi di benessere tra basso e medio-basso, tra le posizioni peggiori a livello nazionale, per il 61,7% e per il 60,6% degli indicatori, seguite da Catania, al 55,8%.
Sono tre, in particolare, i domini in cui la regione si distingue in negativo: per quanto riguarda lavoro e conciliazione dei tempi di vita, il 75,9% degli indicatori ricade nelle due classi di benessere più basse e nessun indicatore si riscontra nelle classi alta e medio-alta.
Questo significa che la maggior parte dei siciliani non può contare su un lavoro adeguatamente remunerato, ragionevolmente sicuro e rispondente alle competenze, cosa che costituisce un’aspirazione universale degli individui adulti, contribuendo in modo decisivo al perseguimento del loro benessere. Non meno importante l’impatto che può avere una cattiva distribuzione degli impegni lavorativi che impedisca di conciliare tempi di lavoro e tempi di vita familiare e sociale.
Immediatamente collegato al dominio lavoro c’è quello del benessere economico, che vede il 75% degli indicatori nelle due classi di coda. Sempre in connessione ai domini precedenti, l’andamento fallimentare nel dominio Innovazione, ricerca e creatività: la larga maggioranza dei risultati, 94,4%, colloca le province siciliane nelle due ultime classi, bassa e medio-bassa. Unica nota positiva Palermo che si inserisce in testa alla classifica nazionale per quota di addetti nelle unità locali delle imprese culturali e creative.
In questo caso, è stata presa in considerazione, insieme ad altri indicatori, la percentuale di spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al Pil, la propensione alla brevettazione, la percentuale di occupati con istruzione universitaria, così come il numero di occupati in imprese culturali e creative.
Con un filo rosso che unisce i vari domini, anche nel campo ambientale e culturale la regione denota un livello di benessere tra basso e medio-basso nel 74,1% dei casi, rimanendo però sulla media della maggioranza delle province italiane.
Sono state tenute in considerazione le spese sostenute dai Comuni per la gestione del patrimonio culturale, la rilevanza del patrimonio museale, l’abusivismo edilizio, l’erosione dello spazio rurale, la densità del verde pubblico e altri indicatori ancora.