La qualità di vita dei siciliani è in lento calo. La speranza di vita dei siciliani, secondo i dati del rapporto annuale Bes dell’Istat, “Il benessere equo e sostenibile in Italia”, è quasi la più bassa tra quelle registrate nelle diverse regioni italiane. Peggio dell’Isola, solo la Campania. E il peggioramento non sembra voler arretrare, anzi: rispetto al 2019, siamo scesi da 82 anni a 81 e mezzo nel 2020 e a 80 e mezzo nel 2021.
Un segnale in negativo perché in molte altre regioni è stato vissuto un comprensibile calo legato all’emergenza sanitaria che ha tenuto banco nel 2020, mentre nel 2021 è stato già segnalato un recupero verso i valori del 2019, tanto che questo è l’andamento segnato nella media nazionale. Insomma, dopo l’annus horribilis che è stato il 2020, soprattutto per alcune regioni del Nord Italia, le condizioni socio-economiche hanno permesso di recuperare almeno in parte il danno fatto dal Covid 19.
In Sicilia nulla di tutto questo. Se già nel 2019 la regione si trovava in coda alla classifica, sia nel 2020 che nel 2021 i valori relativi alla speranza di vita hanno continuato a scendere inesorabilmente. Oltre alla Sicilia, ancora in peggioramento nel 2021, sia rispetto al 2020 che al 2019, si registrano i valori per il Friuli-Venezia Giulia e per alcune regioni del Mezzogiorno, in particolare Molise, Calabria, e Puglia, che perdono rispetto al 2019 oltre 1 anno di vita media attesa (da 1,1 a 1,4 se non 2 nel caso del Molise). In testa alla classifica, la provincia autonoma di Trento e il Trentino Alto Adige, seguite da Umbria e Marche.
La regione che, nonostante si trovi al settimo posto, comunque ben al di sopra della media nazionale, ha dimostrato la maggiore capacità di recupero è stata la Lombardia, che ha vissuto e sofferto il più alto numero di morti dovuti alla prima ondata, a inizio 2022.
Non è un caso che, se si guarda ai dati aggregati per suddivisioni territoriali, nel Nord-ovest solo nel 2020 si sono persi quasi 2 anni di vita attesa alla nascita (-1,9 anni) rispetto al 2019, con il picco in Lombardia di -2,2 anni. Nel Nord-est, invece, la riduzione è in linea con la media italiana (-1,1 anni), ma più elevata nella provincia autonoma di Trento (-1,5 anni). Nel Centro e nel Mezzogiorno il calo è stato più contenuto (-0,6 anni), con una forbice che va da -0,9 anni per la Puglia a -0,3 per Calabria e Basilicata.
La graduatoria regionale è stata quindi stravolta nel 2020: la Lombardia precipita dal settimo posto del 2019 al quart’ultimo, mentre la Campania, sempre in coda alla graduatoria regionale per decenni, diventa penultima, cedendo il posto alla Valle d’Aosta.
I dati per il 2021 mostrano però importanti recuperi soprattutto nella regione più colpita, la Lombardia, e in altre regioni del Nord-ovest, nonché nelle province autonome di Trento e Bolzano.
La speranza di vita è calcolata sulla base di due indicatori, la mortalità trattabile e quella prevenibile; la seconda si riferisce a quella che può essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica.
Con mortalità trattabile ci si riferisce a quei decessi che potrebbero essere contenuti grazie ad un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace in termini di prevenzione secondaria e di trattamenti sanitari adeguati. È interessante notare come alcune regioni presentino solo una componente più elevata della media nazionale e non entrambe. Le situazioni più critiche si osservano in Campania, seguita da Calabria, Sicilia, Lazio e Piemonte, dove i tassi di mortalità sia prevenibile sia trattabile sono più elevati della media.
Michele Giuliano