Una storia lunga, quella che lega il Quotidiano di Sicilia al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un racconto fatto di incontri pubblici più o meno formali e narrazioni che si intrecciano ormai da più di vent’anni. In un rapporto, quello tra istituzioni e informazione, che qui è riuscito probabilmente a tirare fuori il proprio lato migliore.
Forse anche per questo la conferma del Capo dello Stato uscente non ci ha affatto colto di sorpresa. Anzi, siamo stati tra i pochi a scrivere in tempi non sospetti (come dimostra l’editoriale del nostro direttore pubblicato il 28 luglio 2021) che la soluzione del Mattarella bis sarebbe stata la migliore per il Paese.
Oggi – ancora una volta, lasciatecelo aggiungere con un pizzico d’orgoglio – i fatti ci hanno dato ragione e il Presidente Mattarella si appresta a vivere i prossimi anni al Quirinale (che crediamo saranno sette pieni e non di meno, come già ci si sta affrettando ad aggiungere) come supremo garante della nostra Costituzione.
Un futuro in cui, se si vuole finalmente imboccare la strada dello sviluppo, la Sicilia deve finalmente e inevitabilmente assumere un ruolo da protagonista. Perché soltanto con un Sud forte e in grando di trainare l’economica il Paese potrà trovare quella riscossa indispensabile in questo post pandemia.
Gli elementi per pensare positivo ci sono: il Governo guidato da Mario Draghi, forse il più adatto per affrontare la sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle riforme che devono necessariamente accompagnarlo; Sergio Mattarella al Quirinale, un uomo che ha dimostrato uno straordinario senso delle istituzioni e che è ancora possibile, in questo Paese, distinguersi per pacatezza e fermezza, per gentilezza e risolutezza, qualità che negli ultimi sette anni non sono mai mancate e che di certo caratterizzeranno anche il prossimo settennato del Quirinale.
PALERMO – Da siciliani possiamo essere orgogliosi che Sergio Mattarella sia stato il primo nostro conterraneo a guidare il Quirinale. Un ruolo che dal 5 febbraio del 2015 a oggi ha ricoperto con grande efficacia, affrontando alcuni dei momenti più duri della storia del nostro Paese.
Mattarella ha sempre fatto dell’imparzialità la stella polare del proprio mandato. E forse è stato proprio questo a consentirli di restare sempre in piedi davanti a situazioni estremamente complesse e all’alternarsi di ben cinque Governi. Dal post referendum costituzionale che portò, nel dicembre 2016, alle dimissioni di Matteo Renzi da premier, fino alla scelta di evitare il voto anticipato per evitare al Paese un ritorno alle urne senza una legge elettorale uguale per Camera e Senato. Quello fu forse un campanello d’allarme per ciò che il Presidente si sarebbe dovuto aspettare in futuro, in particolare a causa dell’estrema fragilità del sistema politico italiano.
Dopo le dimissioni di Renzi e il Governo di Paolo Gentiloni, nel 2018 arrivarono le elezioni politiche e uno dei momenti più delicati dei primi sette anni di Mattarella al Colle: gli 88 giorni che portarono alla formazione del Governo M5s-Lega, il Conte I. Giornate critiche, in particolare dopo il caso di Paolo Savona, bocciato come ministro dell’Economia dal Presidente, e la successiva richiesta di impeachment, mai formalizzata, minacciata dai pentastellati. Mattarella dimostrò in quell’occasione una grande fermezza, che fu necessaria anche dopo il caso Papeete, la ribellione di Matteo Salvini e l’inizio dell’era giallorossa, dell’alleanza M5s-centrosinistra e del Conte II. Un percorso non adatto ai deboli di cuore, insomma, conclusosi – almeno fino a oggi – con lo strappo di Renzi, il naufragio del Conte II e quello che in molti hanno poi definito il Governo del Presidente con la mossa di Mario Draghi premier.
Un percorso a ostacoli, segnato anche da un evento globale senza precedenti: la diffusione a livello mondiale del Covid-19 e la pandemia che ci ha costretto a cambiare radicalmente il nostro stile di vita. “La pandemia – ha detto il Capo dello Stato lo scorso 31 dicembre in occasione del discorso di fine anno – ha inferto ferite profonde: sociali, economiche, morali. Ha provocato disagi per i giovani, solitudine per gli anziani, sofferenze per le persone con disabilità. La crisi su scala globale ha causato povertà, esclusioni e perdite di lavoro. Sovente chi già era svantaggiato è stato costretto a patire ulteriori duri contraccolpi. Eppure ci siamo rialzati. Grazie al comportamento responsabile degli italiani, anche se tra perduranti difficoltà che richiedono di mantenere adeguati livelli di sicurezza, ci siamo avviati sulla strada della ripartenza; con politiche di sostegno a chi era stato colpito dalla frenata dell’economia e della società e grazie al quadro di fiducia suscitato dai nuovi strumenti europei. Una risposta solidale, all’altezza della gravità della situazione, che l’Europa è stata capace di dare e a cui l’Italia ha fornito un contributo decisivo”.
“Abbiamo anche trovato dentro di noi – ha aggiunto – le risorse per reagire, per ricostruire. Questo cammino è iniziato”. Un cammino che il Paese affronterà ancora una volta insieme al Presidente Mattarella.
PALERMO – Se è vero che quello appena trascorso è stato, per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e per tutto il Paese, un settennato assai complesso, non si può certo dire che il prossimo si prospetta meno impegnativo.
Come ripetuto in più occasioni, il Capo dello Stato aveva progetti diversi. Ma alla fine la politica ha preferito puntare ancora una volta su di lui. E lui, in quanto uomo delle istituzioni, non poteva trovarsi indietro, soprattutto di fronte a una totale assenza di alternative valide. “Desidero ringraziare – ha detto dopo aver ricevuto i presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, che gli hanno comunicato l’esito della votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica – i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando, sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”.
L’ennesima lezione di stile da parte di Mattarella, dunque, che adesso si appresta a essere il protagonista della nuova cerimonia d’insediamento. Dopo dovrebbero arrivare le dimissioni di cortesia del presidente del Consiglio Mario Draghi, che il Capo dello Stato dovrebbe respingere invitando il premier a proseguire il lavoro a Palazzo Chigi.
Poi occorrerà mantenere la barra dritta e cercare di non mancare un obiettivo essenziale per il futuro di tutto il Paese: spendere bene e rapidamente le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sostenere quel percorso di riforme che il Governo dovrà seguire per rispondere alle richieste venute dall’Europa. Poi ancora le elezioni del 2023 e al netto di nuove crisi di Governo, quelle del 2028. Anni cruciali per il nostro Paese, dunque, in cui potremo però contare su Mattarella al Quirinale.
Anche per questo, ci sembra giusto chiudere con le sue parole, che oggi possiamo dire quasi profetiche, con cui ha salutato gli italiani poco più di due mesi fa, in occasione del discorso di fine anno del 2021. “Guardiamo avanti sapendo che il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi. Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria. Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia. L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei”.
Lo scioglimento dei partiti è stato causato da un pallido sole invernale. Prima o poi doveva avvenire una scelta di sostanza in questa legislatura di rinvii, giravolte e mezze misure. Il sole della ragione è stato l’elezione del Presidente della Repubblica, un accidente che capita ogni sette anni, l’unica cosa certa è stabile che ha questo Paese. E lì, partiti e leader, troppo vecchi o troppo giovani, troppo inconsistenti ed incompetenti, si sono liquefatti. Ma andiamo con ordine.
Ha tentato con ormai scarso vigore, e contro il volere dei suoi consiglieri più affidabili, l’elezione. È finita alla Sgarbi, in un patetico casino. Il voto sarebbe più basso, ma è temperato dal fatto che voleva solo l’onore delle armi, che il centrodestra non gli ha nemmeno riservato, mandando al voto una pallida controfigura di nome Casellati. Forza Italia da oggi è su eBay.
Ha fatto schiantare il centrodestra agendo sulla insicurezza e ciclotimicità di Salvini. Ha dato il colpo di grazia scegliendo di far implodere Forza Italia, su cui ha un’opa ostile, con il voto sulla Casellati. Poi ha raggirato gli altri dando la sua preferenza sulla Belloni, bruciando in un colpo solo Letta, Conte e Salvini. Si è sempre smarcata ritagliandosi un ruolo netto di alternativa coerente rispetto al deludente sipario degli altri. Erediterà un destra-centro diverso da ciò che abbiamo conosciuto.
Mai in partita, voltagabbana, ballerino di merengue tra Letta e Salvini. Ha parlato con tutti, con quelle adenoidi urticanti, senza convincere nessuno. Non controlla completamente i gruppi parlamentari e si è visto nelle chiame. Hanno fatto sempre il contrario di quello che gli dice. Sarà presto decapitato dal derelitto Grillo e dall’impareggiabile neodoroteo Di Maio. A breve i 5 stelle si scinderanno in tre tronconi. Forse qualcuno passerà lo sbarramento, gli altri caput.
Ha fatto pochi ma significativi errori, come l’opzione foglia di fico Belloni, ma fondamentalmente è risultato nullo. Ci voleva uno di Science Po per chiedere ad un mesto Mattarella di rimanere? Bastava il compagno Mario Rossi da Sasso Marconi. Non ha in mano né il partito né i gruppi parlamentari. Balbetta frasi banali e riduce la sua strategia ad assorbire qualche sparuto voto ai 5stelle con la tecnica dell’accostata. Meglio che rientri la riserva D’Alema perché questi non hanno dove andare.
Ha pensato, forse mal consigliato da Verdini, di guidare da buon guardiacaccia toscano il cinghiale Salvini. Lo voleva portare su un piano A, Casini, o almeno su un piano B, Draghi. Magari per poi mettere Casini al suo posto. L’idea non era sbagliata ma lui difetta sempre di psicologia. Sopravvaluta o sottovaluta sempre il suo interlocutore. Come attenuante c’è che questa volta contava su truppe troppo esigue. Voleva fare le nozze con i fichi secchi. Non c’è riuscito.
Era difficile sbagliarle tutte ma è riuscito nell’impresa. Non si è capito se ci fa o ci è. Mancava solo che bruciasse Figliuolo o Amato e poi la faceva completa. Ha sofferto in maniera devastante il fiato sul collo di Giorgia Meloni, sia per la leadership del centrodestra che per il consenso elettorale. Le scelte di governo o istituzionali devono avere lucidità, e lui sembra ignorarlo. Di fatto il centrodestra non c’è più e lui deve ripensare radicalmente la sua collocazione. O entra nella famiglia del partito popolare dando ragione a Giorgetti ed ai governatori o scavalca a destra la Meloni che sapientemente si è data un profilo conservatore. Se non ha una chiara strategia perde la Lega, o la Lega perde.
Ha giocato da battitore libero, non aveva un partito di appartenenza. Ha giocato con pazienza, antica saggezza, bonomia bolognese ed astuzia romana tutta la partita per lui cominciata, sottotraccia, molto tempo prima. Era il profilo e l’opzione più politica. Non ha sbagliato una mossa che una. Poteva battere forse Draghi ma non la coglionaggine. E soprattutto davanti all’opzione democristiana Mattarella poteva solo arrendersi. Non era la stagione giusta, né il giusto Parlamento. Onore al merito.
Cosi è se vi pare.
Giovanni Pizzo