Non vi è stato popolo dell’antichità che non abbia guardato con molto interesse ai sogni. Tra gli egiziani erano i sacerdoti a svolgere il ministero, gravoso e carico di responsabilità, di interprete dei sogni del faraone.
Analogamente avveniva tra i Sumeri, gli Assiri, i Persiani. Nel mondo greco-romano il sogno era il luogo della guarigione , giacchè proprio in quel momento il dio Esculapio visitava gli ammalati per dare loro sollievo e salute.
Nella tradizione ebraica, i due più importanti testi, la Torah (Bibbia ebraica) ed il Talmud riservano ampio spazio ed attenzione al mondo onirico. Secondo alcuni Maestri, nella Bibbia, si contano ben 45 narrazioni che hanno a che fare con i sogni. Mentre nel Talmud, per i sogni e la loro interpretazione non mancano asserzioni che ne valorizzano l’ importanza.
Una di questa afferma che: un sogno non interpretato è come una lettera non aperta. Oppure un sessantesimo del contenuto dei sogni è profezia. Del resto, tanta attenzione non poteva mancare in opere sapienziali, giacché il sonno è una parte importante della vita di ogni uomo, in quanto trascorriamo circa un terzo della nostra esistenza dormendo, quindi una persona di sessant’anni, ne ha già trascorso venti dormendo.
Soprattutto nel Talmud sembrerebbe che i compilatori abbiano tenuto un atteggiamento ambivalente nei confronti del valore dei sogni e della loro interpretazione, pur non svalutandone mai del tutto il loro valore predittivo e rivelatore della parte meno evidente e meno nota di noi stessi. Il sogno diventerà oggetto di indagine scientifica solo sul finire dell’ottocento, con Sigmund Freud e con la sua psicoanalisi e da quel momento diventerà la scienza indiscussa di guarire con le parole.
Se per un verso Freud non poteva negare le sue origini ebraiche ed i suoi interessi scientifici per tanti argomenti di origine talmudica e cabalistica, si adoperò per occultare le fonti ebraiche a cui attingeva a piene mani per la ideazione della sua nuova disciplina, per porla al riparo da critiche di carenza di autonomia e da sospetti di ogni contaminazione religiosa che potessero inquinarne la sua validità scientifica.
In realtà lo stesso Freud era fermamente convinto che la verità è nascosta nella Torah, testo che, nella narrazione dei Maestri, viene paragonata ad una grande casa, con tantissime stanze, sulle cui porte, c’è una chiave, ma nessuna chiave è quella giusta, perché le chiavi di tutte le stanze sono state scambiate e confuse.
La ricerca della chiave giusta è possibile solo con una approfondita conoscenza della sapienza ebraica che certamente apparteneva al patrimonio culturale di Freud. Questo è solo il punto di partenza della psicoanalisi freudiana, il tragitto seguito dal suo ideatore e ben lungo ed intricato, e per essere percorso forse non basta un’intera vita.
Il libro di Anna Barbagallo Toscano “La Voce dell’Altro” Ed. Salomone Belforte & C. è un ottima guida per questo percorso in quanto muovendo da concetti noti e condivisi si estende ad ambiti di studio precedentemente non sufficientemente approfonditi.