Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua e dal vice direttore Raffaella Tregua, il fondatore e leader del Movimento per l’autonomia, Raffaele Lombardo, risponde alle domande del QdS.
Iniziamo dal patto federativo siglato da Lega e Mpa: ci sono elementi di novità rispetto al passato? Quali istanze porterete a Roma sfruttando l’amicizia con Matteo Salvini?
“Il patto federativo del 2006 si è inceppato qualche anno fa dopo un tentativo di ripresa fatto nel 2020. Oggi siamo ripartiti. Il ministro delle Infrastrutture è Matteo Salvini e il tema infrastrutturale è centrale per la Sicilia. Quello del Ponte, rilanciato da Berlusconi con un’intesa sottoscritta dall’Mpa, è uno snodo storico. In quegli anni Pietro Ciucci firmò circa 56 mila pagine di contratto con Impregilo per avviare la costruzione sullo Stretto, che Monti bloccò appena insediato. Senza Berlusconi al Governo il Ponte finì per essere dimenticato. Oggi Salvini crede fermamente in questo progetto, ma vedrete che saranno frapposti mille ostacoli per realizzarlo”.
L’impressione è che siate tornati con forza sulla scena politica siciliana e nazionale. Qual è lo scenario in cui vi state muovendo?
“Il progetto dell’autonomia riprende la sua marcia. Siamo alla vigilia delle Elezioni europee che meritano un impegno particolare. La politica nazionale, a cominciare dalla finanziaria che è in discussione in questi giorni, è condizionata dalla politica europea, nella cui sede si discute il Patto di stabilità e va avanti il Pnrr”.
Si parla di una sua candidatura alle Europee…
“Non scenderò in campo per le elezioni europee. Do una mano in politica, al Movimento e ai miei amici, ma non intendo rinunciare al mio agrumeto e soprattutto alla mia famiglia, a cominciare dai nipotini”.
Tutto il tema delle infrastrutture è determinante per la Sicilia. Parliamo anche di aeroporti e porti isolani…
“Aggiungiamo aeroporti e porti alle scommesse infrastrutturali della Sicilia. Sul tavolo del ministro Salvini ci sono molte pratiche relative agli scali aerei. Non c’è dubbio che l’Enac debba dare un occhio in più alle strutture siciliane. L’aeroporto di Catania ha bisogno di maggiore attenzione. Si discute dell’abbattimento del Terminal Morandi, ma nel frattempo come mai non si copre il tetto di tutta l’aerostazione con pannelli fotovoltaici? Quando ero presidente della Provincia comprammo un sesto della proprietà di Sac al costo di sette milioni di euro, quando il valore reale era di 45 milioni. Il valore si è mantenuto, ma quanti investimenti si sono fatti a oggi per l’aeroporto? Si decise di inglobare nel sistema Sac anche l’aeroporto di Comiso. Se fossi oggi l’amministratore di Sac cederei a un privato lo scalo ibleo, anche gratuitamente. Comiso può decollare soltanto se un imprenditore lo acquisisce. C’è un bacino di utenza enorme: la provincia di Ragusa conta sull’economia più florida della Sicilia, mantiene prospettive turistiche meravigliose con Noto, Ragusa, Ragusa Ibla, Camarina per l’archeologia. In quanto ai porti, quello di Augusta è dedicato al petrolio e deve evolvere verso una dimensione di porto commerciale. Ma non vanno trascurati Pozzallo piuttosto che Gela piuttosto che Licata, soprattutto in prospettiva di rapporti con i Paesi del Nord Africa”.
Per i siciliani la costruzione del Ponte sarebbe una svolta epocale. Ma i detrattori del progetto sono subito tornati alla carica…
“Leggo di appelli di artisti e scrittori e torna il solito argomento dei benaltristi: con questi soldi possiamo fare ben altro. Mi auguro che l’anno prossimo si possa assistere alla posa della prima pietra e che nel 2032 sia possibile attraversare in treno e in macchina lo Stretto senza ricorrere ai traghetti. Il Ponte sarebbe l’innesco di tutta una serie di infrastrutture che oggi mancano”.
L’alta velocità prevista in Sicilia però non sarà una vera alta velocità. Lei che ne pensa?
“È così e per questo è fondamentale lavorare sulle infrastrutture. È indispensabile il completamento dell’anello autostradale da Siracusa fino a Gela e poi a Castelvetrano. Agrigento oggi è l’unica provincia senza autostrada”.
Recentemente ha incontrato il presidente della Regione Schifani: quali i fronti di emergenza della politica regionale?
“Chiunque in questi anni ha lavorato tra deficit enormi che riguardano infrastrutture, economia, burocrazia e ambiente. Ci sono alcune cose da fare, come bloccare le assunzioni. Il pachiderma Regione era fatto da 54 mila persone non tutte qualificate, figli di sanatorie e stabilizzazioni varie. Ogni società che andava in crisi veniva assorbita dalla Regione, che assumeva lavoratori con le qualifiche più basse. Il blocco delle assunzioni è servito. Questo Governo temo voglia, però, riaprire una vecchia stagione. Bisogna, invece, riflettere sull’esistente: gran parte della gente presente in Regione ha superato i cinquantacinque anni e tra pochi anni non sarà più in servizio. Come attrezzarsi per il domani? Ritengo che bisogna estendere al cinquanta per cento il numero dei dirigenti generali esterni in modo che una quindicina di trentacinquenni, che si sono formati da Milano a Londra, apportino nuove competenze. Dopo di che, dovranno essere loro a reclutare, secondo rigorosi criteri obiettivi, il nuovo personale”.
Delegificare, esternalizzare, ricostruire il sistema delle Province potrebbe snellire finalmente la macchina amministrativa?
“Bisogna decentrare quanto più possibile competenze a Province e Comuni. Il decentramento consente che il pachiderma Regione dimagrisca e che i cittadini tengano d’occhio più da vicino il funzionamento della macchina amministrativa. Inoltre, sarebbe l’occasione per rispettare la prescrizione statutaria che prevedeva la crezione dei Liberi Consorzi. A parità di costo, non mi scandalizzerei se i Comuni di un’area territoriale omogenea dessero vita al loro Consorzio”.
Si grida allo scandalo dell’aumento dei costi della politica perché si tornerebbe a retribuire presidenti, assessori e consiglieri…
“È pura demagogia. Nel 2008 lasciai la Provincia con un organico di oltre mille dipendenti che costavano almeno una trentina di milioni l’anno. è certo che senza la guida autorevole – perché democraticamente eletta – di un presidente e di un consiglio provinciale, nonché degli assessori, la resa dell’apparato burocratico si sia ridotta di almeno il 50 per cento e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti”.
Come giudica questo primo scorcio della sindacatura di Enrico Trantino?
“Leggo di importanti progetti e certamente si tratta di un professionista qualificato e competente. Per quanto mi riguarda, resto affezionato a tre grandi progetti che credo non abbiano compiuto passi avanti rispetto a quando lasciai la vicesindacatura nel maggio 2003. Si tratta del Piano parcheggi pertinenziali: si sarebbero realizzati e si possono costruire ancora oggi in project financing. Da una parte, i parcheggi scambiatori, costruiti nell’anello attorno alla città, serviti da piccoli bus navetta che fanno la spola con il centro. Dall’altra, i parcheggi sotterranei del centro: in Piazza Verga, Piazza Cavour, Piazza Umberto, Piazza Lupo e via elencando. Questi consentirebbero di risolvere il problema del traffico, che per molte ore del giorno paralizza il centro della città. Poi, vedo che il Corso dei Martiri stenta a decollare. Infine non si può non tornare sul Pua, il Piano che riguarda lo sviluppo turistico dell’area della Plaia”.