RAGUSA – “Dopo più di un anno di emergenza siamo tutti stanchi e stremati. È comprensibile il bisogno di normalità, a tutti piacerebbe uscire la sera per mangiare una pizza e bere una birra, ma il virus è ancora presente. Bisogna rispettare le regole, mantenere il distanziamento sociale, indossare la mascherina (non sul braccio o sotto il mento) ed avere un’accurata e frequente igiene delle mani”.
Così esordisce Giuseppe Occhipinti, coordinatore degli infermieri di Rianimazione Covid dell’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, intervistato in esclusiva per il Quotidiano di Sicilia.
“Durante la prima ondata, nella provincia di Ragusa, abbiamo avuto pochi contagi – ha continuato Occhipinti – quindi siamo riusciti a gestire bene la situazione. I problemi sono iniziati nel periodo di agosto 2020, le aperture, gli assembramenti estivi e i pochi controlli hanno fatto si che i casi aumentassero in maniera smisurata e la seconda ondata è stata per noi devastante. Abbiamo lamentato, a livello nazionale, la carenza di dispositivi di protezione individuale, ci sono mancate le risorse umane. Nel mese di novembre 2020, nel nostro reparto, con le nuove assunzioni il numero di infermieri e figure di supporto all’assistenza infermieristica è raddoppiato, ma i nuovi colleghi, nel frattempo, si sono dovuti formare quindi abbiamo affrontato uno sforzo enorme”.
Tuta, mascherina, occhiali, tre paia di guanti ed inizia il turno per il personale che si prepara a lavorare nelle stanze in isolamento.
“Non è facile lavorare in queste condizioni, perché sotto gli indumenti protettivi si suda facilmente e gli occhiali premono sul naso. I turni sono devastanti. L’onere di cura e assistenza richiesto è estremamente elevato perché i pazienti, a causa del virus sono fragili e necessitano di cure intensive”.
“I soldi promessi dal Governo Nazionale come premi economici non sono mai arrivati – stigmatizza il coordinatore – . Ci hanno chiamato eroi, ma poi è questa la riconoscenza? Anche noi abbiamo un limite umano di pazienza, ci sentiamo traditi. Molti nostri colleghi si sono infettati, abbiamo dovuto assistere dei colleghi in terapia intensiva e in provincia di Ragusa due sono deceduti. Queste sono delle cicatrici che ci portiamo dentro e nessuno ci risarcirà mai. Il vaccino è la vera strada per uscire da questi mesi così difficili. Da quando tutti i sanitari sono stati vaccinati sono calati drasticamente i contagi a testimonianza del fatto che i vaccini funzionano e sono sicuri. Purtroppo i rischi ci sono sempre, anche se in percentuali bassissime, ma la campagna di vaccinazione deve andare avanti. Molti ottantenni non sono stati ancora vaccinati perché non sanno usare il computer e quindi non possono prenotare il vaccino, non tutti hanno figli e nipoti che possono aiutarli. Questa problematica deve essere risolta in tempi veloci perché i nostri nonnini sono fragili e non possiamo rischiare che arrivino nelle terapie intensive”.
“C’è ancora qualcuno che non vuole vaccinarsi – dice amareggiato Occhipinti – ci sono anche tanti migranti irregolari senza fissa dimora che loro malgrado sfuggono alla vaccinazione diventando dei potenziali vettori del virus, bisogna vaccinare anche loro. L’estate è alle porte ma non bisogna abbassare la guardia perché l’emergenza non è ancora finita. Oggi in reparto abbiamo 12 pazienti. Non si può prevedere un abbassamento dei contagi in estate. Basta vedere quello che sta succedendo in India, dove non c’è alcun beneficio legato alle alte temperature e non dimentichiamo quello che è successo lo scorso anno. Bisogna sfatare questo mito! Purtroppo, spesso, l’uomo ha poca memoria. Rispetto allo scorso anno abbiamo un alleato in più, i vaccini, quindi bisogna vaccinare più persone possibili e tentare di bloccare l’ingresso dall’estero in Italia di nuove varianti resistenti al vaccino”.
“Massima solidarietà a chi sta soffrendo per le chiusure dettate dalla pandemia – sottolinea – ma anche la struttura sanitaria è stanca, il personale è stremato, dobbiamo ripartire ma in sicurezza. Noi sanitari siamo disponibili a vaccinare anche all’interno delle farmacie o dovunque sia possibile. Investire per renderci tutti immuni è l’unica strada per far ripartire l’Italia”.
“Si parla di candidatura per il premio Nobel per la pace – conclude l’infermiere – noi abbiamo fatto e stiamo continuando a fare il nostro lavoro. Io penso che ci toccherebbe un Nobel per il senso civico, questo si che lo meriteremmo, un riconoscimento agli sforzi fatti durante questa pandemia”.
Biagio Tinghino