Sebbene l’impegno sia stato notevole e dal punto di vista organizzativo siano stati posti in essere interventi su “alcune Direzioni, finalizzati a rafforzare la performance aziendale e allineare gli assetti alle esigenze di business”, la raccomandazione resta sempre la stessa: realizzare “ogni misura organizzativa, di processo e gestionale idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, onde assicurare un maggior contenimento dei costi (…) nell’ottica di un recupero dell’equilibrio economico e gestionale”.
È quanto si legge in più parti della recente “Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rai-Radiotelevisione italiana”: in sostanza, l’annuale documento redatto dalla Corte dei Conti, che a maggio 2023 si riferisce all’esercizio 2021.
Un monito da non sottovalutare, quello della magistratura contabile. Anche perché per il quarto anno consecutivo il risultato di Rai Spa presenta una perdita pari a 30,4 milioni di euro, in peggioramento rispetto ai 20,7 del 2020, ma migliore se rapportato con il meno 35 del 2019 e il meno 33,50 dell’anno precedente. L’ultimo segno “più”, si diceva, è del 2017 (utile di 5,5 milioni di euro). Se prendiamo in considerazione, invece, l’intero Gruppo Rai (oltre a Rai Spa, le controllate Rai Way, Ray Cinema, Rai Pubblicità e Rai Com) il risultato è per il terzo anno consecutivo in pareggio.
Tre, in particolare, erano i fronti sui quali la magistratura contabile l’anno scorso aveva tirato le orecchie a “mamma Rai”: controlli interni, immobili e contratti. Per quanto concerne il primo aspetto, “la Rai ha adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo (Mogc), in materia di responsabilità amministrativa degli enti (…). Nel corso del 2013 e successivamente nel 2015, nel 2017, nel 2020 e, da ultimo, nel 2022, il modello è stato aggiornato in funzione del progressivo ampliamento della normativa a nuove fattispecie di reato e delle modifiche organizzative intervenute nella Società”.
Tuttavia, “nonostante le azioni poste in essere dall’Azienda, a seguito delle osservazioni formulate da questa Corte nella Relazione al Parlamento per l’esercizio 2020, permangono criticità nei controlli di primo livello nelle attività amministrative e nella produzione. Si rendono necessarie, pertanto, specifiche misure che rendono più stringenti le verifiche delle prestazioni”.
Relativamente agli immobili, il patrimonio Rai, si legge ancora nel Documento, al 31 dicembre 2021 “consta di circa 760.000 metri quadri lordi, di cui 120.000 metri quadri utilizzati dalla Società in immobili appartenenti a terzi (…) gran parte degli insediamenti sono destinati ai quattro centri di produzione (Roma, Torino, Milano e Napoli), circa il 61 per cento del totale complessivo, le Sedi regionali hanno in assegnazione il 22 per cento dei fabbricati”.
Sedi regionali che nel corso del 2021 hanno registrato un costo complessivo di circa 90 milioni di euro, superiore di 10 milioni rispetto al 2020, saldo negativo tra maggiori spese per energia elettrica, riscaldamento e vigilanza, ma minori oneri (da 7,3 milioni a 5,7) per servizi di pulizia e utenze idriche (da 1,9 milioni a circa 1,3 milioni).
Per rispondere alle criticità sollevate dalla Corte dodici mesi fa, la Rai ha previsto un articolato e incisivo Piano immobiliare, approvato dal Cda nel 2022, che si sviluppa in un arco temporale di dieci anni (2022-2031) e che prevede “interventi di ristrutturazione, riqualificazione o sostituzione degli asset esistenti, che consentiranno di disporre di un parco immobiliare finalmente adeguato in termini funzionali e normativi, ma anche più contenuto e sostenibile economicamente”. Un Piano che, grazie al consolidamento dello smart working e all’introduzione di postazioni di lavoro condivise, avranno come effetto la “riduzione degli spazi dell’aggregato immobiliare relativo (uffici e redazione) stimati in circa il 30 per cento”.
Una razionalizzazione che passerà sia attraverso la drastica diminuzione delle location in affitto, sia per il tramite della vendita di parte del patrimonio, che consentirà il “recupero di risorse economiche per attivare gli investimenti necessari, con minori impatti sull’equilibrio economico aziendale”. Intenti di cui la Corte prende atto ma che, stante anche il lungo lasso temporale del Piano, si riserva di monitorare.
Infine, l’attività contrattuale (quest’ultima, lo si precisa, non legata alle produzioni televisive). La Corte dei Conti, per l’esercizio 2020, aveva “rilevato un inappropriato ricorso a proroghe, frutto di intempestivo avvio di procedure aperte di affidamento, unito alla mancata programmazione delle attività necessarie per un corretto ed efficiente espletamento dell’attività stessa”.
Osservazioni cui la Rai ha replicato segnalando che “nel corso dell’esercizio 2021, le proroghe tecniche si sono ridotte di circa il 69 per cento e che si è proceduto alle proroghe richieste in considerazione della necessità, evidenziata dalle Direzioni richiedenti, di assicurare lo svolgimento, senza soluzione di continuità, di attività essenziali”. Il tutto, in ogni caso, per il tempo strettamente necessario ad individuare il nuovo contraente, dopo avere attivato le previste procedure di gara.
Un altro anno, dunque, in “rosso” per la Rai, con costi complessivi in aumento (179,3 milioni, +7,28 per cento) non sufficientemente compensati dalla crescita dei ricavi (155 milioni, +6,56 per cento). Un risultato che ha portato la Corte a confermare la necessità a che, nel servizio pubblico televisivo, il sostantivo “spreco” sparisca dal dizionario.
Tra le voci di rilievo del bilancio Rai, tre rivestono particolare importanza: le risorse umane, la pubblicità e il canone.
Relativamente al personale, la Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rai da parte della Corte dei Conti evidenzia una lievissima contrazione della consistenza media (da 11.440 del 2020 a 11.437 unità) del saldo generato da un calo dei tempi indeterminati e un aumento dei tempi determinati. Dipendenti per i quali, nel corso del 2021, è proseguito il processo di stabilizzazione.
Analogo discorso per il Gruppo Rai, dove si registra una sostanzialmente immutata consistenza media (12.661 unità del 2020 contro le 12.662 del 2021). Anche in questo caso con una cospicua trasformazione dei contratti in tempo indeterminato. A fare da contraltare, tuttavia, il costo complessivo (1.038,6 milioni di euro nel 2021) che segna un incremento di oltre 24 milioni rispetto all’anno precedente. Una crescita provocata essenzialmente da due voci, oneri sociali (+16,4 milioni) ed incentivazioni all’esodo (+12,4 milioni) che nel corso del 2021 ha visto come destinatarie un po’ tutte le figure professionali, dai quadri, agli impiegati, agli operai, ai dirigenti, ai giornalisti.
Parlando di giornalisti, sebbene non si tratti di oneri per il personale e per i centri di produzione, la Relazione accenna ai costi esterni per l’acquisto di beni e servizi sostenuti dalle testate giornalistiche, in aumento per 13,8 milioni sul 2020 ma in calo di 1,6 rispetto al 2019. L’incidenza più cospicua è in capo a Rai Sport che, in considerazione dell’impatto dei grandi eventi sportivi rinviati dal 2020 causa pandemia, ha avuto un incremento da 10,2 a 22,6 milioni di euro.
Altro capitolo importante tra i ricavi, quello relativo al mercato pubblicitario. In netta ripresa nel 2021 “con una crescita degli investimenti del 13,5 per cento, dopo un 2020, caratterizzato da un mercato che aveva subito un calo del 15,3 per cento rispetto all’anno precedente, da attribuirsi principalmente all’epidemia di Covid 19. Gli introiti pubblicitari della Rai, pari a 590,17 milioni, presentano una crescita di 89,01 milioni rispetto all’esercizio 2020 (+17,8 per cento)”.
A fare da traino, “i grandi appuntamenti sportivi (Olimpiadi ed Europei di calcio su tutti) che erano stati rinviati” l’anno precedente. Tra le novità di maggior rilievo, la revisione della “disciplina dei tetti di affollamento settimanale pari al 4 per cento della programmazione complessiva e del 12 per cento orario in favore di un criterio per fasce orarie più restrittivo”.
Infine, il canone che, in base alla legge, dovrebbe essere tale “da consentire alla concessionaria di coprire i costi (anno per anno) che prevedibilmente verranno sostenuti, per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo”. Anche per questo tributo la magistratura contabile evidenzia un incremento dei ricavi pari a 93,67 milioni rispetto al 2020, determinato dai canoni dell’esercizio da utenze private (+77,61 milioni) e in misura minore dai canoni dell’esercizio da utenze speciali (+19,30 milioni).
Somme che, però, devono tenere conto, proprio a partire dalla legge di bilancio 2021, di un diverso meccanismo di assegnazione alla Rai delle risorse provenienti dal canone, della esenzione per gli over 75 a basso reddito e (come misura ovviamente non strutturale) il differimento (inizialmente il 31 marzo, poi prorogato al 31 maggio 2021) senza oneri aggiuntivi per l’abbonato, del termine per il rinnovo del canone di abbonamento speciale, nonché l’esonero dal versamento dell’abbonamento (ovviamente a causa della pandemia) per le strutture ricettive e di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico.
E intanto, in vista del 2024, torna in auge l’eliminazione dalla bolletta elettrica dei proverbiali 90 euro annui. Se non addirittura la loro soppressione tout court.