Politica

Recovery, i Sindaci del Sud temono nuovi scippi

Il premier Mario Draghi presenta oggi alla Camera – e domani al Senato – quel Recovery plan trasmesso ieri dal Governo al Parlamento.

Palazzo Chigi parla di “un intervento epocale per riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica” e si stima un impatto sul Pil italiano fino al 2026 di ben 16 punti, che salirebbero addirittura a 24 per il Sud.

Ma a proposito di Mezzogiorno, al quale dovrebbe andare il 40% dell’intero Recovery (oltre 221 miliardi di euro), dopo la “rapina” del Nord al Sud segnalata nel rapporto 2020 da Eurispes (840 miliardi in diciassette anni, quattro volte il Recovery), la situazione continua a essere quantomeno poco chiara.

Sud ancora penalizzato

Per questo ieri a Napoli i Sindaci del Meridione si sono radunati per rivendicare un’equa ripartizione dei fondi, che, stando alle prime interlocuzioni avute con il Governo, penalizzerebbe il Sud in favore delle regioni settentrionali.

Disattendendo così i criteri indicati da Bruxelles basati su Pil, popolazione e disoccupazione.

Un trucco per la nuova “rapina”

Il trucco per la nuova “rapina” al Sud viene svelato dal sindaco di Palermo e presidente di AnciSicilia Leoluca Orlando: potrebbero, in quel 40%, essere conteggiate le somme già stanziate in passato per le Regioni meridionali.

“Vogliamo sapere – ha dichiarato Orlando – se, così come una risoluzione parlamentare ha espressamente indicato, il 40% delle risorse previste nel Recovery plan sia comprensivo anche delle somme già stanziate, nel qual caso sarebbe un autentico scippo ai danni del Mezzogiorno. E vorremmo sapere, territorio per territorio, qual è la ricaduta degli investimenti nazionali. Ad esempio quanto degli undici miliardi previsti per le ferrovie sarà destinato all’Alta velocità in Sicilia e nel Sud?”.

Al Sud spetterebbe il 60%

Il primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris, che ha accolto ieri ottanta sindaci del Sud – ma l’intero movimento ne conta cinquecento, una rete nata spontaneamente, anche dall’interlocuzione con il meridionalista Pino Aprile – ha rincarato la dose.

Il Mezzogiorno non è zavorra

“Al Mezzogiorno – ha detto – spetterebbe il 60% delle risorse mentre stiamo al 40%, sono 60 miliardi in meno. E poi vorremmo sapere se i nostri progetti sono stati approvati. Su questo non abbiamo notizie”.

“Il Sud – ha aggiunto – rivendica giustizia sociale e la fine delle discriminazioni territoriali. Se il Paese vuole rimanere unito deve vedere nel Mezzogiorno non una zavorra ma una grande opportunità di riscatto”.

Il rischio di una nuova fregatura

“Leggendo i documenti – ha spiegato Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti (Bari) -anifestazione – abbiamo capito che c’era il rischio di un’altra fregatura per il Sud. Così ci siamo organizzati, creando questa rete che chiede il completamento delle opere incompiute da anni e nuove infrastrutture”.

“Abbiamo appuntamento l’11 maggio – ha sottolineato Carlucci – con la sottosegretario alle Infrastrutture Teresa Bellanova e abbiamo già incontrato la ministro Carfagna, ma se dovessimo continuare a vedere che non ci sarà ascolto nei nostri confronti, non escludiamo nuove azioni di lotta come l’occupazione dei Consigli Comunali”.

Le cifre della Carfagna

Ieri mattina, prima, dunque, della manifestazione, proprio la ministro del Sud Mara Carfagna la cifra di 82 miliardi per i Comuni del Mezzogiorno “renderà possibile, se investita bene e investita tutta, di far crescere nei prossimi cinque anni il Pil del Sud più di quello del resto d’Italia. Oltre il 22% per il Sud, contro una media nazionale del 15”.

Inoltre “le amministrazioni del Sud avranno a breve duemilaottocento nuovi assunti, altamente specializzati, per gestire la programmazione” delle risorse.

Ma De Magistris non si è fatto incantare dai numeri: “Vogliamo vedere i fatti, capire quali progetti sono stati approvati, quante risorse danno: non è più il momento solo delle promesse”.

Nuova consapevolezza del Sud

Insomma, ci troviamo davanti a una nuova consapevolezza del Meridione che, stavolta, sembra ben deciso a non dar spazio allo strapotere di un Nord che finora ha succhiato le risorse per ingrassarsi, grazie anche all’azione di partiti-lobbies localistici.

Una protesta che ha coinvolto persino, a Napoli, un personaggio come Al Bano, che ieri ha aderito alla manifestazione, affermando: “Di fronte alle ingiustizie è giusto lottare”.

Anche Al Bano protesta

“Sono grato al Nord – ha aggiunto – dove ho avuto quello che sognavo, ma tornando al Sud ho visto che ci sono delle ingiustizie che vanno frenate. Il Sud va difeso e va trattato come il resto del Paese”.

Un Paese che, peraltro, sta riconquistando prestigio anche a livello internazionale: il Financial Times ci ha dedicato un articolo dal titolo “Come l’Italia di Draghi è diventata un modello europeo”.

Draghi e il Financial Times

Il quotidiano britannico parte ricordando come due anni fa “un furibondo Emmanuel Macron avesse richiamato l’ambasciatore a Roma dopo che il vice premier italiano (Luigi Di Maio) aveva avuto un incontro non autorizzato con i ‘gilet gialli’ francesi, mentre l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini riempiva i media con tirate contro Bruxelles e sorrideva nei selfie con Marine Le Pen”.

All’epoca l’Italia “correva il rischio di diventare un paria all’interno dell’Ue”.

Oggi, invece, neanche tre mesi dopo la nascita del governo di unità nazionale di Mario Draghi “non solo la voce di Roma viene ascoltata forte e chiara a Parigi e Berlino”, e l’Italia “sta sempre di più fissando l’agenda mentre l’Ue cerca di uscire dalla pandemia di Covid 19”.

Purché si ricordi del Sud.