PALERMO – Il Reddito di libertà sembra non avere avuto in Sicilia il successo che ci si aspettava.
Si tratta di un sussidio destinato alle donne vittime di violenza, e nonostante non fossero state destinate grandi somme, le adesioni sono state così poche che si è giunti già alla seconda proroga dei termini per la presentazione delle istanze da parte dei Comuni, per l’accesso al finanziamento. Infatti, alle prime due scadenze il numero delle richieste è stato così ristretto, che non sarebbe stato possibile utilizzare tutti i fondi ad esso destinati.
Quindi, è stata approvata una ulteriore proroga, alla data del prossimo 19 dicembre; inoltre, si è deciso di consentire ai Comuni con popolazione inferiore a 30 mila abitanti, di presentare anche più istanze relative a più progetti personalizzati, il cui singolo importo non sia superiore a 10 mila euro, in favore delle donne vittime di violenza presenti sul proprio ambito territoriale.
Ciò al fine di consentire una maggiore diffusione dell’intervento e al contempo una piena utilizzazione delle risorse disponibili sul bilancio regionale. Un vero peccato, se si pensa alle finalità del bando, che ha lo scopo di sostenere le donne vittime di violenza in un percorso di indipendenza economica ed emancipazione da contesti difficili e a volte di degrado o intraprendere, se possibile, un’attività di impresa. La misura è stata pubblicata dal dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali, diretta ai comuni che, in sinergia con i centri antiviolenza o con le strutture di accoglienza ad indirizzo segreto iscritte all’albo regionale, vogliono avviare un progetto personalizzato in favore delle donne vittime di abusi e maltrattamenti, anche con figli minori o disabili, per favorirne l’indipendenza economica, l’autonomia abitativa, l’occupabilità o la creazione di un’attività di impresa.
Il Reddito di libertà, infatti, va inteso come un “budget” destinato alla donna che intenda, con un atteggiamento resiliente, riprendere in mano la propria vita e quella dei propri figli, per ricominciare in una condizione di vita diversa, affrancata dalla violenza subita. Ovviamente il reddito di libertà costituisce soltanto un primo step in questo percorso, ma garantisce alla donna un supporto nella prima fase di ricostruzione della propria vita personale e familiare. In questa ottica, tra le spese ammissibili al contributo ci sono il pagamento del canone di affitto per abitazione o attività lavorativa, l’acquisto di attrezzature, arredi, materie prime, le spese di allaccio per le utenze, le polizze assicurative, le licenze, i permessi, le autorizzazioni. Il bando prevede un fondo di 234.364,52 euro. Potrà essere richiesta una somma annua non superiore a 10 mila euro per ciascuna donna. Ogni Comune potrà presentare un numero di progetti in proporzione alla propria dimensione in termini di abitanti. Le domande potranno pervenire anche via posta elettronica certificata all’indirizzo del dipartimento regionale della famiglia.
La misura è stata adottata anche in ambito nazionale attraverso il “Fondo per il Reddito di libertà per le donne vittime di violenza” di cui all’articolo 105-bis del decreto legge n. 34/2020 assegnato dall’Inps, misura che però non ha potuto soddisfare tutte le richieste inoltrate dai beneficiari. È stata quindi riproposta e finanziata con decreto del presidente del consiglio dei ministri dell’1 giugno 2022. In Sicilia, però, non ha evidentemente avuto lo stesso successo, tanto da necessitare di due proroghe, nella speranza di una maggiore adesione da parte di Comuni isolani.