L’associazione Luca Coscioni si sta occupando delle firme per il Referendum sul cosiddetto Fine vita, cioè la facoltà dell’essere umano – che vive allo stremo, fra grandi sofferenze, quella che vita non è più – di decidere di porre fine a un’esistenza straziante, liberamente assistito da medici che gli rendano la dolce morte.
Il Comitato organizzatore ha comunicato di avere già raccolto oltre novecentomila firme e pertanto esse potranno essere depositate presso la Corte di Cassazione per un primo vaglio e alla Corte Costituzionale per un secondo vaglio. Se i due controlli non saranno ostativi, nel 2022 il quesito sarà sottoposto alla volontà popolare.
Anche in questo caso la Chiesa si oppone, correttamente dal suo punto di vista, ma non da quello umano secondo cui una persona non può essere sottoposta a pene tremente, che ha il diritto di far cessare.
Da quanto precede, ne consegue che questo giornale appoggerà il “Sì” e noi stessi andremo a votare di conseguenza.
L’altro Referendum sottoposto alla volontà popolare riguarda la Giustizia ed è promosso da Lega e Partito radicale con sei quesiti che sembra siano stati preparati dalla nota avvocata Giulia Bongiorno, che è anche senatrice del partito di Salvini.
Se i quesiti fossero approvati dal Popolo, ne conseguirebbe una vera rivoluzione nella Giustizia, soprattutto in quella penale.
In questa sede non intendiamo entrare nel merito dei quesiti, ci sarà tempo quando arriveranno all’ordine del giorno dei cittadini, anch’essi sottoposti al vaglio di Cassazione e Corte Costituzionale, dal momento che, secondo quanto ha comunicato il Comitato organizzatore, la soglia di cinquecentomila firme è stata già superata ed essa tende verso settecentocinquantamila.
Per quanto ci riguarda aspettiamo l’approvazione della riforma Cartabia per valutare se sia opportuno o meno votare “Sì” ai quesiti referendari.
Certo è che l’attuale assetto della Giustizia italiana (penale, civile, tributaria e amministrativa) è estremamente farraginoso e lungo. Va riordinato radicalmente e senza por tempo in mezzo.
Il terzo referendum in corso è quello relativo alla cannabis leggera. La droga è già usata come farmaco. Quando serve è prescritta dai medici. Sembra che abbia qualità terapeutiche notevoli, per conseguenza è fuori discussione che possa essere usata in quel campo sotto il controllo di esperti.
E allora perché il Comitato organizzatore (composto da varie associazioni e anche da alcuni partiti politici) propone ai cittadini il Referendum sulla liberalizzazione di tale droga leggera? Perché non sembra che essa sia dannosa – ovviamente se assunta in modica quantità – per cui, potendola comprare liberamente in erboristerie, farmacie e negozi simili, di fatto si sbloccherebbe un settore in cui attualmente vi sono contrabbando e corruzione.
Ricordiamo il proibizionismo dell’alcol negli Stati Uniti (tra gli anni Venti e i primi anni Trenta del secolo scorso), quando il contrabbando assunse dimensioni enormi e, successivamente alla liberalizzazione, crollò e si azzerò rapidamente.
Da quanto precede deriva la posizione di questo giornale favorevole a tale liberalizzazione e quindi anche al voto che daremo se il Referendum approderà alle urne nella prossima primavera.
I Referendum sono sempre un esercizio di Democrazia, quindi è giusto che qualunque iniziativa approvata da almeno cinquecentomila elettori possa essere sottoposta al Popolo. Se non ci fosse stato questo strumento, il nostro Paese sarebbe ancora senza aborto e senza divorzio, due leggi di civiltà che l’hanno fatto avanzare al pari di tanti altri.
Il guaio nei Referendum è che non va molta gente a votare quando non sente la necessità di esprimersi, con la conseguenza che non vota una vera maggioranza degli italiani, bensì una maggioranza di chi si è recato alle urne. Vero è che chi si assenta ha sempre torto, ma bisogna tener conto di questo lassismo, che via via aumenta nel Popolo italiano e lo allontana sempre di più dalle urne quando c’è da esercitare il diritto-dovere di votare.
Se i tre Referendum passeranno, nella prossima primavera li voteremo, apponendo un “Sì” o un “No” ed evitando di non andare alle urne.