Il Referendum Cittadinanza propone di dimezzare da 10 a 5 gli anni di residenza legale nel Belpaese richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che poi sarebbe automaticamente trasmessa ai figli minorenni. L’obiettivo era quello di raccogliere 500.000 firme entro il 30 settembre. La meta è stata raggiunta e superata. Previsto a gennaio il vaglio della Corte Costituzionale sull’ammissibilità. Il possibile voto è in programma a primavera.
La normativa in vigore stabilisce che la cittadinanza italiana possa essere concessa al cittadino straniero legalmente residente nel territorio della Repubblica da almeno 10 anni. Il quesito quindi propone di dimezzare il termine riportandolo a 5 anni così com’era previsto dalla legislazione prima del 1992 e com’è stabilito in diversi altri Stati UE.
“Ai fini della concessione della cittadinanza, oltre alla residenza ininterrotta in Italia (che questo Referendum propone di ridurre a 5 anni) resterebbero invariati gli altri requisiti già stabiliti dalla normativa vigente e dalla giurisprudenza – si legge sul sito del Ministero della Giustizia -, quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. In Italia le persone in possesso di questi requisiti che potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente (figli minori conviventi) dell’intervento proposto sono circa 2,5 milioni“.
Il quesito mira a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 per ridurre da 10 a 5 anni il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni. In Italia la legge era già così dal 1865 al 1992 quando la legge n.91 ha introdotto una irragionevole penalizzazione dei cittadini extra Ue.
Di seguito il quesito:
«Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”;
nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?».
Si può firmare nei classici banchetti dei promotori nelle piazze italiane e tramite la piattaforma online. Bisogna accedere attraverso la pagina del Ministero della Giustizia loggandosi con Spid, Carta d’identità elettronica o Carta nazionale dei servizi. Sul sito referendumcittadinanza.it è possibile pure diventare attivisti e ricevere il materiale per essere parte attiva nella raccolta delle firme.
“Lo ius soli riguarda solo chi nasce in Italia (circa 500mila persone all’anno), lo ius scholae solo chi completa un ciclo di studi di 5 anni (circa 135mila persone all’anno), questa proposta riguarda le persone che risiedono legalmente in Italia da almeno 5 anni e i rispettivi figli minori (circa 2,5 milioni di persone)” spiega il sito ufficiale.
“Il referendum cittadinanza allineerebbe l’Italia alla maggioranza delle normative europee. Il termine di legale soggiorno di 10 anni attualmente previsto dalla normativa Italiana è tra i più restrittivi tra i Paesi dell’UE. La Germania all’inizio del 2024 ha approvato una legge che coincide con le richieste di questo referendum e che ha stabilito il termine di 5 anni di residenza per l’ottenimento della cittadinanza. Lo hanno fatto semplicemente per riconoscere il contributo che molti cittadini stranieri danno alla crescita del Paese” conclude il sito.
“Questa semplice modifica rappresenterebbe una conquista decisiva per la vita di molti cittadini di origine straniera (secondo le stime si tratterebbe di circa 2.500.000 persone) che, in questo Paese – spiegano -, non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita. Partecipare agevolmente a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni, poter votare, poter partecipare a concorsi pubblici come tutti gli altri cittadini italiani. Diritti oggi negati. Il Referendum vuole allineare l’Italia ai maggiori paesi europei che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese. Siamo figlie e figli d’Italia”.
“Il rischio di inammissibilità” per il referendum sulla cittadinanza “c’è”. Ne parla con l’Adnkronos il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, scorrendo il testo del Referendum che intende ridurre a 5 anni di residenza legale il termine per la concessione della cittadinanza italiana. “Il nostro sistema prevede referendum abrogativi, il problema che si pone se il quesito è ‘a ritaglio’, cioè elimina alcune parti e parole, è che a volte non si abroga una norma ma se ne introduce una nuova. In tal caso ci troveremmo di fronte ad un referendum propositivo che non è ammissibile. Se cambiando le parole tolgo da un ‘NON DEVE’ il ‘NON’ modifico la norma. Con il ‘ritaglio’ in realtà si potrebbe introdurre infatti una nuova disposizione che renderebbe il referendum non ammissibile”, spiega Mirabelli.
Leggendo il quesito referendario, Mirabelli rileva: “È un combinato della lettera b con la caduta della lettera f. Il combinato rischia di far valutare come propositivo il referendum, nel senso che la disciplina di risulta innova e non abroga solamente”. “Il referendum infatti – spiega – alla lettera f abroga la norma che prevede l’ottenimento della cittadinanza allo straniero che risiede legalmente per 10 anni in Italia. Ed alla b, che consente un termine inferiore (5 anni) agli adottati da cittadini italiani, elimina la parte relativa all’adozione, sostanzialmente applicando a tutti il termine dei 5 anni. Il rischio inammissibilità dunque c’è“.
“Certo – chiosa il presidente emerito – sono stati bravi”. Anche la raccolta delle firme in pochi giorni grazie alla norma che autorizza la raccolta online, introdotta nel settembre del 2022, “lascia presumere ad una forte organizzazione sul posto”.
È necessario un intervento normativo per evitare abusi? “Innanzitutto – risponde il presidente emerito – Bisogna valutare cosa accadrà con la verifica della correttezza della raccolta delle firme on line. Ricordo che anche con il metodo tradizionale mancano certificazioni relative e necessarie. In secondo luogo, certamente la raccolta firme informatizzata a distanza riduce i costi, pertanto è uno strumento positivo. Ma se questa facilità conduce ad eccessi, allora potrebbe essere opportuno variare il numero delle firme richieste”, conclude.