Editoriale

Regione siciliana, un’azienda di servizi da 16 mld

In quattro anni di governo Musumeci, la Regione non è riuscita ad approvare il Bilancio annuale entro il 31 dicembre, ma ha sforato sempre nell’esercizio provvisorio, conclusosi quattro mesi dopo, come quest’anno.
Si capiscono le difficoltà del Presidente della Regione perché non ha una maggioranza nell’Assemblea, anzi ha gruppi di deputati che godono quando possono fargli dei dispetti oppure metterlo in difficoltà di fronte all’opinione pubblica.

Il Presidente Musumeci, da uomo mite quale è, non ha mai ritenuto di utilizzare le due grandi armi di cui dispone: i decreti presidenziali e la forza di mandare a casa i 70 deputati, pur sacrificando se stesso.
Fra quei 70 deputati, ve ne è una grande parte che, ritornando alla vita ante-elezioni, non saprebbe cosa fare, cosicché è “bullonata” strettamente alla sua seggiola parlamentare e farebbe qualunque cosa per non essere “sbullonata”.

Non utilizzando le due armi indicate, la situazione è andata spesso in stallo, con la conseguenza che sono stati fortemente danneggiati i siciliani perché non sono state attuate le indispensabili riforme atte a fare funzionare la macchina burocratica e quindi trainare l’economia.

Ricordiamo, anche se non ve n’è bisogno, che la Regione Siciliana gode di uno Statuto speciale approvato nel 1946 ed entrato in vigore con la Costituzione italiana il primo gennaio 1948. Ha rango costituzionale e pertanto la sua modifica, anche parziale, deve seguire l’iter delle quattro approvazioni, due per ogni ramo del Parlamento.

La Regione Siciliana, ad oggi, ha all’incirca 13mila dipendenti di cui 900 dirigenti, molti dei quali non hanno alcun dipendente (sic!).
Inoltre ha ancora circa settemila dipendenti nelle sue partecipate molte delle quali in liquidazione perenne, cioè mangiasoldi inutili e dannosi.
La Regione Siciliana – lo ricordiamo continuamente – è un’azienda di servizi che deve produrre in relazione ai bisogni dei siciliani, utilizzando le minime risorse per ottenere la migliore quantità e qualità degli stessi servizi. Per far questo dovrebbe avere una dirigenza qualificata di professionisti con competenze ed esperienze manageriali, ma così non è.

Il Bilancio annuale della Regione è di circa 16 miliardi di cui solo due per investimenti, con la conseguenza che quando vi sono minori entrate (e vene sono) i primi ad essere tagliati sono proprio questi ultimi. La conseguenza è che non si dà impulso alle attività economiche e infrastrutturali, con l’ulteriore conseguenza di un forte rallentamento della ruota economica.

Perché la burocrazia regionale si trasformi da zavorra in locomotiva occorrerebbe l’intervento, anche esterno, di società di consulenza internazionali, ma anche di bravi consulenti siciliani, per costruire il Piano organizzativo dei servizi (Pos) che preveda l’efficientamento degli stessi con l’assegnazione di compiti specifici e puntali ai Dipartimenti, alle aree e ai servizi, cui affidare la responsabilità ai migliori dirigenti di cui la stessa Regione dispone.
Senza il Pos è impossibile determinare il fabbisogno di risorse professionali e finanziarie e quindi tutto rimane in una posizione di quiete mortale.

La questione che scriviamo è trita e ritrita. Forse è inutile ritornare continuamente su questo tasto perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma è nostro dovere continuare a portare all’opinione pubblica l’enorme carenza della Regione Siciliana perché non è possibile accettare che gli immensi tesori di cui disponiamo, la posizione climatica nel centro del Mediterraneo, la capacità di tantissimi siciliani, non vengano messi a reddito.

Per esempio, la provincia autonoma di Bolzano, seppur con soli 550mila abitanti, se ne infischia del gas russo, è totalmente autonoma anche dal punto di vista energetico perché oltre a sfruttare le centrali idroelettriche ha attuato il ciclo completo dei rifiuti solidi urbani dai quali trae l’energia necessaria al suo fabbisogno.

Qui, in Sicilia, con 2,2 milioni di Rsu gettati nelle discariche non siamo stati capaci di ottenerne l’energia che potrebbe coprire un quarto del fabbisogno perché non sono stati messi a bando e costruiti i termocombustori.
Vorremmo non tornare più sull’argomento, ma temiamo che dovremmo farlo ancora. Ahinoi, che fatica!