Meglio tardi che mai, dice chi sa accontentarsi. O non ha particolari ambizioni. Un concetto che, se applicato alle istituzioni, si trasforma nella perdita di opportunità. È quello che è successo in Sicilia, dall’enorme potenziale turistico, che al momento non sembra essere ancora stato sfruttato al meglio.
Un esempio su tutti: il turismo congressuale, un comparto “di lusso”, che unisce esigenze d’immagine delle aziende che organizzano gli eventi alla voglia di vivere un momento di svago e relax in luoghi che offrano sia cultura che divertimento. Sembra che soltanto adesso il Governo regionale guidato dal presidente Nello Musumeci si sia reso conto delle opportunità offerte dal settore, come dimostra il progetto per una grande sala con quattromila posti a sedere e numerosi spazi modulabili per ospitare eventi di ogni dimensione e attività simultanee. Una struttura polifunzionale, progettata rispettando i criteri della sostenibilità ambientale e dell’efficienza energetica che avrà sede nel Padiglione 20 dell’ex Fiera del Mediterraneo, a Palermo. Per l’esecuzione dei lavori nel suo complesso il governo regionale ha già stanziato quindici milioni di euro.
“Una città come Palermo – ha detto il presidente della Regione Musumeci – non può non avere un centro congressi di grande prestigio, adeguato a introdurre il capoluogo regionale nel circuito internazionale di questo segmento turistico”.
Concetti ormai noti anche ai profani del marketing: la necessità di staccarsi dal turismo “mare-spiaggia-sole” in un territorio che offre molto di più, che ha bisogno del sostegno per poter partire e ripartire dopo la dura emergenza sanitaria che ha colpito il mondo negli ultimi due anni. Un centro congressi che vuole essere la svolta, il cambio di passo per un settore che in Sicilia non ha mai avuto lo spazio che potrebbe ritagliarsi sul panorama nazionale e internazionale del turismo congressuale.
Che la Regione ci abbia pensato tardivamente lo dicono oltretutto i dati collegati al turismo congressuale. Secondo i numeri raccolti dall’Oice, l’Osservatorio italiano dei congressi e degli eventi, realizzato dal 2015 da Aseri (Alta scuola di Economia e Relazioni internazionali) e promosso da Federcongressi&eventi, già prima della pandemia da Covid-19 la percentuale sia di sedi che di eventi in Sicilia era bassa, troppo bassa rispetto a ciò che potenzialmente il territorio può offrire.
Si parla, infatti, rispetto al totale italiano, secondo i dati relativi al 2019, quindi in epoca pre-pandemia, di appena l’8,2% delle sedi nelle due isole maggiori (quindi Sicilia e Sardegna, ndr), e di appena il 6,6% degli eventi. Una percentuale irrisoria, se si pensa, invece, che ben il 52,9% delle sedi si trovava nelle regioni del Nord Italia, in cui si sono tenuti il 57,6% degli eventi. La percentuale scende ancora per la Sicilia se si guarda ai partecipanti: sono stati registrati nelle isole appena il 4,2% dei partecipanti, a indicare come i centri dell’Isola non siano probabilmente di dimensioni tali da attirare i grandi eventi in termini di presenze, o comunque non sfruttati.
Se si passa, poi, ai dati relativi al 2020, l’anno del lockdown, del blocco quasi totale dei voli aerei, è lapalissiano che la situazione non possa essere migliorata, anzi. Rimasto fermo il numero di sedi presenti, nel 2020, soltanto il 60,4% delle strutture delle isole ha ospitato almeno un evento. Anche in questo caso, risulta impietoso il confronto rispetto al resto delle aree geografiche italiane: se al Centro e al Sud la percentuale di centri congressi attivi sale al 67,6%, al Nord si arriva al 73,4%.
Le perdite per il settore sono state comunque ingenti, comprensibilmente considerato che si parla di attività di aggregazione. In totale è stato registrato, rispetto al 2019, un meno 83,8% del numero di eventi e un meno 86,5% di presenze. Numeri ovviamente condizionati dalla pandemia, che adesso sono destinati a salire.
La Sicilia potrebbe ovviamente ritagliarsi uno spazio importante in questo scenario, ma occorrono strategie utili a intercettare questi eventi e fare di conseguenza aumentare il numero di pernottamenti. Nel 2019 si sono svolti in Italia 431.127 congressi per un totale di 29.101.815 partecipanti (in media 67,5 persone): se la Sicilia riuscisse a intercettare il 10% di quegli eventi di grande portata, potrebbe contare su una quarantina di essi e quindi, in media, 2.700 persone da accogliere. Se poi questi appuntamenti si svolgessero in più giornate, consideriamo una media di due notti, avremmo 5.400 pernottamenti in più e conseguenze positive anche su ristorazione, commercio, e altri settori.
La nostra Isola, insomma, ha tutte le possibilità per trovare uno spazio importante in un settore in cui l’Italia ha grande credibilità a livello internazionale. Secondo l’Agenzia nazionale del Turismo (Enit), prima del Covid l’Italia si posizionava tra i primi sei Paesi al mondo per turismo congressuale, con 550 meeting internazionali nel 2019, con una crescita del 5,4%. In testa gli Usa (934 meeting), la Germania (714), la Francia (595), la Spagna (578) e il Regno Unito (567). I viaggi per congressi hanno raggiunto 874 milioni di euro (+7,2% sul 2018) coprendo il 15,1% del totale speso dagli stranieri per motivi d’affari.
Esempi da seguire, da analizzare e imitare, adattandoli alle proprie esigenze, per sviluppare al meglio le potenzialità inespresse e farle fruttare dal punto di vista economico, cogliendo nel lavoro altrui indicazioni su cosa fare al meglio e cosa evitare. Uno tra i possibili punti di riferimento per la Sicilia è il triangolo Bologna-Parma-Rimini. L’offerta congressuale, all’interno di questo territorio, è estremamente ampia sulla base dei dati pre-Covid pubblicati dall’Osservatorio sul turismo congressuale in Emilia-Romagna. Lì si trovano ben 1.121 tra alberghi, hotel, centri congressi, sale in poli fieristici, dimore storiche, sedi istituzionali, arene, centri sportivi, teatri, cinema. Tra i tre, il distretto di Rimini accoglie il 29,2% degli incontri, ma si posiziona al primo posto per dimensione media delle convention, con 113 partecipanti per meeting. Il 50% degli eventi durano almeno un giorno. Rimini ha il primato in termini di durata, rispetto agli altri distretti. Molti sono, infatti, gli eventi da due giorni, che rappresentano il 12,5% del totale. E anche in pandemia la condizione lavorativa, seppur limitata, non ha mostrato segni di abbattimento: i dati statistici provvisori Istat di fine anno 2021 mostrano una ripresa non indifferente, dopo il 2020. In termini di presenze, si parla di un +33,4%, mentre gli arrivi aumentano del 35%.
Nello specifico del turismo congressuale, dopo l’incoraggiante ripartenza dell’autunno scorso, testimoniata da ben 236 mila pernottamenti nel mese di ottobre 2021, per lo svolgersi di Ttg ed Ecomondo, con una partecipazione di espositori e visitatori superiori alle attese, un nuovo stop è stato necessario a causa del diffondersi della variante Omicron.
A partire dall’inizio della primavera, però sono previste nuove attività: da metà marzo con il Sigep e a seguire diversi mesi consecutivi in cui i grandi eventi torneranno in città, in primis le fiere, con Visit Rimini e Visit Romagna, per promuovere al meglio il territorio.
Altro esempio da seguire quello ligure e in particolare del Comune di Sanremo, noto a livello nazionale e internazionale per il Festival della canzone italiana e per il casinò, ma che vuole offrire un più ampio ventaglio di possibilità, puntando molto sul turismo dei congressi. Il centro ligure ha attirato l’attenzione internazionale ed è finto al centro di un progetto proposto dal Triumph Group, società italiana di marketing, comunicazione e organizzazione di congressi in campo internazionale e da Ediman, editore specializzato nel settore. La proposta è al vaglio del Tavolo del turismo, in cui si riuniscono le parti istituzionali e le associazioni di categoria.
La presentazione in Municipio del progetto è stata preceduta dal sopralluogo a Sanremo dei manager del gruppo in questione, accompagnati gli esperti tra cui l’assessore Giuseppe Faraldi e il rappresentante del Tavolo del turismo, il direttore dell’Hotel Royal Marco Sarlo. L’intenzione è quella di gestire tutte le strutture del centro, dal casinò al Palafiori, metterle a sistema insieme alla capacità ricettiva degli alberghi, creare un pacchetto da rivendere ai propri clienti, tutte grandi aziende o associazioni professionali nazionali e internazionali.
“Sanremo – ha commentato Marco Sarlo – è stata bravissima negli ultimi anni a promuoversi sul web. Partecipando alle fiere si è fatta notare quale meta delle vacanze. Mancava questo aspetto dei congressi. Il mercato di riferimento si sta risvegliando dopo la pandemia e le aziende hanno voglia di muoversi. Ora il Tavolo del turismo dovrà esprimersi. Le risorse per fare un ragionamento pluriennale ci sono. Il lavoro dell’assessore Faraldi e quello del Tavolo del turismo sta dando i frutti sperati: c’è un ottimo gioco di squadra”.