Economia

Regno Unito fuori dall’Ue, conseguenze fiscali del post-Brexit

ROMA – Come è noto, con la ratifica del Parlamento europeo dell’accordo di recesso, avvenuta lo scorso 19 gennaio, il Regno Unito è uscito dall’Unione europea.
La ratifica, ad ogni modo, prevede la possibilità di una proroga per l’uscita effettiva dalla Ue.

Una proroga, tuttavia, che dovrà essere assunta congiuntamente dal Regno Unito e dall’Unione europea entro il 30 giugno 2020.
Sulle conseguenze fiscali della “Brexit”, l’Agenzia delle Dogane ha emanato una direttiva lo scorso 30 gennaio ricordando che, fino alla fine del 2020, c’è un periodo transitorio durante il quale restano applicabili tutte le norme e le procedure Ue in materia di libera circolarizzazione dei servizi, dei capitali e delle merci.

In pratica, fino al 31 dicembre 2020, tutti i soggetti del Regno Unito e tutti i soggetti che con loro hanno rapporti commerciali continuano ad applicare le norme in materia di Iva, accise e dogane, tra cui le disposizioni previste dal Dpr 633/72, il Dl 331/93, la Direttiva Ue 112/2996, comprese le norme che prevedono l’obbligo di presentazione dei modelli Intrastat e lo “spesometro estero”.

Dall’1 gennaio 2021, invece, il Regno Unito sarà considerato a tutti gli effetti “Paese terzo”, per cui tutte le operazioni di acquisti e di cessione tra operatori inglesi ed operatori appartenenti ad altri Stati europei, non costituiranno più “operazioni intracomunitarie”, ma saranno considerate rispettivamente importazioni ed esportazioni e, come tali, tassabili in Dogana.

Dalla stessa data verranno meno altre disposizioni comunitarie tra le quali, per esempio, la direttiva 16/CE/2011 che prevede lo scambio automatico dei dati e dei redditi dei soggetti appartenenti alla Ue.
Lo scambio di informazioni di tal genere, comunque, potrà continuare ai sensi di un’altra disposizione, la “Convenzione Multilaterale per la mutua assistenza ai fini fiscali”, una convenzione su base mondiale e non solo europea.