Cronaca

Rientra ad Agusta il relitto del Naufragio del 2015

18 aprile 2015, sei anni fa il naufragio nel Canale di Sicilia, la più grande strage del Mediterraneo.

Tutto è cominciato dalla Libia, un barcone di venti metri con centinaia e centinaia (secondo altre fonti, più di mille) di migranti riversati al suo interno, parte verso l’Italia. L’ennesimo viaggio della speranza che si ripete come in un copione già scritto, quel sogno della terra promessa via da una brutta realtà. Via dalla propria casa, l’Africa, dilaniata dalle guerre e dalla povertà.

Una storia che, purtroppo, ha cambiato tristemente il suo finale. Quel copione, questa volta, è stato riscritto, cambia genere e racconta un film dell’orrore.

Nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2015, il barcone è in navigazione, poi una richiesta di aiuto al centro soccorso nazionale della Guardia Costiera, scatta il dispositivo del salvataggio.

Il resto della storia è diventato cronaca, poi anche un processo, chiuso in primo grado, con la condanna a 18 anni per il “capitano” del peschereccio della morte, e a 5 anni per il “mozzo”. I due sono stati condannati dal gup di Catania, Daniela Monaco Crea, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il “capitano” anche per omicidio colposo plurimo e naufragio.

Le vittime accertate, ad oggi, sarebbero più di mille. Uomini, donne e bambini sono morti, intrappolati. Imprigionati in una bara gigantesca, fatta di legno e metallo, finita in fondo al mare, a 370 metri di profondità nel canale di Sicilia.

Nel 2016, un anno dopo quel terribile evento, arriva la decisone del governo italiano e della Marina Militare di recuperare il barcone, o quello che ne resta insieme ai corpi dei migranti. Un’operazione complessa, che ha permesso di dare giustizia e rispetto a ognuna di quelle vite, altrimenti cancellate dall’acqua fredda e salata del Mediterraneo.

La Marina Militare ripesca il relitto, e lo porta alla base navale di Augusta, in provincia di Siracusa.

Dalle profondità marine torna alla luce del sole, sotto gli occhi di tutta l’Europa, quel barcone e tutti i morti di quel disastro. C’è l’idea, voluta dalle Istituzioni italiane, di esibirlo alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles. Quella proposta però rimane incompiuta e si delinea, invece, quella della demolizione.

Contro l’oblio del barcone però, ad Augusta, per iniziativa dei parroci, della Cgil, di Legambiente e di persone sensibili ed impegnate sul fronte delle migrazioni si è costituto il “Comitato 18 aprile”.

Passano gli anni, siamo nel 2019, e nell’incertezza di cosa farne del relitto, arriva la proposta dell’artista svizzero Christoph Buchel per dare vita al progetto “Barca Nostra”, con l’aiuto del “Comitato 18 aprile” e della curatrice d’arte Maria Chiara Di Trapani.

Nel frattempo il Comune di Augusta, al quale il Consiglio dei Ministri tramite il Ministero della Difesa aveva affidato il relitto, concede in comodato d’uso lo scafo a Buchel per la durata di un anno.  E come promesso arriva l’installazione provocazione del relitto, chiamata “Barca Nostra”, per la 58esima Esposizione Internazionale d’Arte a Venezia intitolata “May You Live In Interesting Times”. Non sono mancate le polemiche.

foto ANSA
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Il barcone rimane al centro dell’attenzione, almeno a quella degli interessati, per una controversia legale durata due anni. Perché quel relitto diventato opera d’arte ha rischiato ancora una volta di finire nella spazzatura, per così dire. Si comincia con Christoph Buchel che cita in giudizio la società incaricata del trasferimento dello scafo. Poi il lockdown e “Barca Nostra” rimane lì dove era, a Venezia. Ma la Biennale vuole la banchina libera. E allora l’artista svizzero cerca di rimediare con una assicurazione per le opere esposte, niente da fare. La Biennale non aspetta e si rivolge al Tribunale per ottenere risposte. Si propone il Comune di Augusta, ricordiamo ente affidatario del relitto, a farsi carico del trasporto in Sicilia.

Ancora una volta, l’arte si mette al servizio della causa, e l’artista Emmanuele Panzarini lancia una mobilitazione e l’hashtag #SOSforart per cercare di salvare l’opera. Rivolto a tutti gli artisti, ha l’obiettivo di raccogliere i fondi necessari per far rientrare il relitto ad Augusta e preservare nel tempo la sua memoria.

Nei giorni scorsi, arriva la notizia che il barcone-opera d’arte torna ad Agusta. È stato possibile “rimette in mare” il simbolo della tragedia del Mediterraneo e farlo tornare nel porto megarese, in occasione del sesto anniversario del naufragio, grazie alla cooperazione tra la Capitaneria di porto, l’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale e la Marina militare.

A bordo di una chiatta, il barcone è salpato il 16 aprile, da Venezia verso la Sicilia. Giorno d’arrivo previsto per il porto di Agusta è il 20 aprile. Qui il barcone dovrebbe trovare la sua casa, per sempre.

“La volontà del Comitato 18 Aprile e del Comune di Augusta è ora quella di realizzare sia il “Giardino della Memoria” che il “Museo dei Diritti”, un museo “diffuso” ed in rete con altre realtà museali, sociali e culturali del Mediterraneo – si apprende in un comunicato del Comitato 18 aprile firmato dal sindaco Giuseppe Di Mare e dal presidente del Comitato 18 aprile Cettina Saraceno-. Nel tempo si è allargata e consolidata quell’area di gruppi e persone sensibili, giornalisti, ricercatori, enti, artisti e associazioni che guardano con interesse al progetto alla cui base è la conservazione della memoria e la difesa dei diritti.

Il relitto dismette ora la sua funzione artistica e riassume pienamente quella di pungolo delle coscienze, di testimone non muto, simbolo di tutte le luttuose tragedie delle genti costrette ad attraversare deserti e mari per cercare la felicità. Noi continueremo ad impegnarci per farne il catalizzatore di iniziative di solidarietà, di pace e di fratellanza. Lavoreremo insieme perché esso rimanga un udibile ed ineludibile monito verso chi costringe all’esodo tanta umanità e poi, alzando recinti in terra e in mare, la respinge”.