Roma – “Riconversione e trasformazione dei siti industriali sono le parole chiave della just transition. Solo con un approccio olistico si possono infatti salvaguardare i posti di lavoro e creare anche nuove opportunità occupazionali”. Così il Presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci, intervenendo ieri al convegno “Risvolti occupazionali della transizione energetica: le ricadute positive e negative”, promosso dal Cnel, con la partecipazione di rappresentanti del mondo accademico, delle istituzioni, del sindacato e delle parti datoriali, le cui conclusioni sono state affidate al Ministero del lavoro delle politiche sociali.
Tematiche care a Confindustria Energia, da sempre attenta, nelle sua attività, anche alla sostenibilità sociale della transizione energetica e all’importanza della bilateralità delle sue azioni, portate avanti d’intesa con le Organizzazioni Sindacali per il raggiungimento di obiettivi comuni.
“Una sostenibilità integrata comporta di considerare tutte le soluzioni e tecnologie disponibili, più efficaci ed efficienti per ogni contesto, ricercando sempre sinergie e complementarità”, ha ribadito il Presidente Ricci, sottolineando che “l’approccio olistico alla transizione energetica ha l’enorme vantaggio di permettere la riconversione produttiva, perché biocarburanti, processi circolari, cattura, stoccaggio e riutilizzo della CO2, trasformazione dei rifiuti, idrogeno blu, sono attività che possono essere implementate trasformando e riconvertendo i settori tradizionali che viceversa andrebbero dismessi, consentendo così di salvaguardare, ma anche di incrementare i posti di lavoro, di migliorare la sicurezza energetica e di ridurre i costi. L’esempio concreto di come sia stato possibile sviluppare e adottare una tecnologia italiana, producendo prodotti decarbonizzati assolutamente competitivi con l’elettrico e salvaguardando i posti di lavoro, è la riconversione delle raffinerie tradizionali di Venezia e Gela in bioraffinerie”.
“Va parallelamente favorito – ha aggiunto il Presidente di CE – lo sviluppo nazionale delle nuove filiere produttive, oggi appannaggio di pochi Paesi del Far East (FV, eolico, batterie, ecc.). Le rinnovabili da sole non potranno assicurare un sistema energetico affidabile e sicuro, ma i fossili, in primis il gas per la produzione di energia elettrica, continueranno ad accompagnare le rinnovabili proprio per compensarne i limiti che neanche gli accumuli possono superare, almeno fino a quando non saranno disponibili altre fonti energetiche (come per esempio il nucleare di quarta generazione o meglio la fusione nucleare).
Certamente importante, ma di nicchia, sarà l’idrogeno per la decarbonizzazione dei settori cosiddetti “hard to abate”(HTA) industriali e nei trasporti. Per questi ultimi poi sono già disponibili i biocarburanti che possono decarbonizzare già oggi il trasporto pesante, aereo e marino dove l’elettrico non è una soluzione di breve e medio termine”.
“In un contesto di grave crisi energetica acuita dal conflitto russo-ucraino – ha concluso Ricci – non sono in discussione gli obiettivi sempre più sfidanti, ma occorre cambiare la strategia per raggiungerli. In un’Europa che si è dimostrata troppo ideologica, ora bisogna essere concreti e pragmatici valutando tutti gli impatti della decarbonizzazione, non solo quello ambientale, ma anche quelli economici e sociali, senza dimenticare l’assoluta necessità di avere in ogni momento un sistema energetico affidabile e sicuro”.