Ambiente

Servizio idrico, Tar: “Nulla la quantificazione dei lavori da dare a Sie”

“La possibilità di sottrazione a procedure di evidenza pubblica di lavori per un importo pari a 542.552.844 euro rappresenta una limitazione rilevantissima della concorrenzialità”. Parte da qui l’accoglimento da parte del Tar del ricorso che, in primavera, era stato presentato da Ance e che di fatto dà uno scossone alla gestione del servizio idrico in provincia di Catania.

L’Associazione nazionale costruttori edili ha ottenuto l’annullamento degli atti varati dalla commissaria ad acta, inviata a inizio anno dalla Regione per sostituirsi ai sindaci dell’Assemblea territoriale idrica, e che hanno definito il perimetro di azione di Sie, la società mista pubblico-privata che nel 2022 si era vista riconoscere il diritto dalla giustizia amministrativa di diventare gestore unico in tutti i 58 Comuni della provincia.

Servizio idrico a Catania, il ricorso e la decisione del Tar

Nel mirino di Ance è finita la quantificazione dei lavori che nell’arco di 29 anni la Sie avrebbe potuto gestire in proprio. Una cifra che sfiorava il miliardo e mezzo di euro e che risultava decisamente più alta rispetto a quella riportata negli atti della gara d’appalto che si era svolta a metà anni Duemila e che poi era stata congelata, dando vita a una querelle giudiziaria durata quasi vent’anni.

Se il 2024 è trascorso sin qui nell’attesa che Sie iniziasse realmente a prendere in mano gli impianti nelle varie parti della provincia, dove in questi anni hanno operato una rosa di soggetti diversi, tra società pubbliche e private, la sentenza emessa dal Tar rischia di rappresentare l’inizio di nuove battaglie giudiziarie. Sullo sfondo di tutto ci sono gli interessi dei privati – tanto quelli che siedono all’interno di Sie quanto quelli delle imprese edili che hanno denunciato una compromissione del mercato dei lavori pubblici in provincia – ma anche quelli pubblici: l’Unione Europea, per il tramite del Governo nazionale, da tempo ha specificato che senza gestore unico i fondi destinati a sviluppare le reti idriche non possono essere erogati. E, come già accaduto nei mesi scorsi, il rischio per il territorio è di vedere sfumare l’opportunità di importanti finanziamenti.

Il colpo di spugna

Con la sentenza pubblicata ieri la sezione catanese del Tribunale amministrativo regionale, presieduta da Daniele Burzichelli, ha annullato tutti gli atti impugnati da Ance. Tra questi c’è la convenzione stipulata dall’Ati con Sie, in seguito all’intervento della commissaria Francesca Spedala, la funzionaria inviata dall’assessore regionale all’Energia Roberto Di Mauro a inizio del 2024. La decisione della Regione nasceva dallo stallo che per oltre un anno si era registrato all’interno dell’organo politico che si occupa del servizio idrico all’interno dell’ambito provinciale: i sindaci, infatti, non avevano trovato la quadra su come aggiornare la convenzione originaria, specialmente per quello che concerneva la quantificazione dei lavori che Hydro Catania – il socio privato di Sie, possessore del 49% delle quote sociali – avrebbe avuto il diritto di gestire in proprio.

La somma a metà anni Duemila era stata determinata, in seguito all’offerta presentata nella gara d’appalto, in 810 milioni. Una cifra che inevitabilmente, quasi due decenni dopo, andava rivista. Lo scontro si è tenuto sui parametri da utilizzare per l’aggiornamento richiesto dallo stesso Cga. Alla fine la commissaria ad acta ha deciso di varare una convenzione che fissava la quota in oltre un miliardo e 392 milioni di euro. A tale somma si era arrivati anche sulla scorta dei contenuti del piano d’ambito – il documento che individua tutte le opere da realizzare, tra manutenzione straordinaria e nuove opere – che l’Ati aveva varato nel 2020 ma che poi era stato annullato dal Cga.

Il nodo del piano d’ambito

Per l’Ati, nell’attesa di approvare il nuovo piano, fare riferimento sulle esigenze fotografate nel 2019 rappresentava un buon compromesso per consentire l’avvio della gestione unica. Di tutt’altro avviso, però, è stata Ance, che si è vista dare ragione dal Tar.

“L’Ati e la Sie, all’interno della avversata convenzione, da un lato hanno riconosciuto che la delibera di approvazione del Piano d’ambito aggiornato nel 2020 è stata annullata dal Cga e che occorre pertanto provvedere a un nuovo aggiornamento del piano d’ambito, da adeguare alla situazione fattuale, e che dovrà garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione – si legge – mentre dall’altro hanno ritenuto che nelle more dell’aggiornamento del piano d’ambito da effettuare in occasione della prossima manovra tariffaria 2024-27, l’affidamento del 2005, oggi dichiarato ancora valido dal Cga, resta basato sul piano d’ambito posto allora a base di gara, come aggiornato in sede di offerta; con la precisazione che ai fini della redazione del nuovo piano d’ambito, l’Ati conferma tutti i contenuti sostanziali, gli obiettivi, le previsioni infrastrutturali e di qualità del servizio ed, in particolare, il montante dei lavori del piano d’ambito del 2020”.

I giudici si sono posti anche un’altra domanda: “Si può ritenere conforme al principio di ragionevolezza la ultravigenza, dal 2002 sino al 2024, di un atto (il precedente piano d’ambito) che aveva come finalità quella di individuare le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio?”.

La risposta per il Tar è negativa. Per quantificare il montante dei lavori che spettano a Sie non è possibile né fare riferimento al vecchio piano d’ambito né a quello che è stato censurato dal Cga. “L’Ati Catania poteva e doveva approvare prima il piano d’ambito per il periodo 2024-2027, e soltanto dopo e sul suo specifico presupposto concludere con Sie una nuova convenzione”, affermano i giudici, sottolineando che la convenzione stipulata dalla commissaria della Regione “ha invece come presupposto un atto già cancellato dal mondo giuridico”.

La sentenza che adesso di certo verrà impugnata da Sie, che ha nelle famiglie Cassar, Virlinzi e Zappalà i principali soci privati. Dall’altra parte, ci stanno le imprese costruttrici che chiedono che l’oltre mezzo milione di euro di aumento del montante non venga sottratto al libero mercato. Tra i pilastri del ricorso presentato da Ance c’è stato il riferimento alla quota di 850 milioni di euro prevista come massimale per i lavori privati nel bando di metà anni Duemila. Chi la spunterà è impossibile dirlo. Di sicuro c’è che una nuova guerra attorno all’acqua è appena iniziata.