Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo discorso del 31 maggio scorso ha dato l’indirizzo prossimo venturo alla politica economica del nostro Paese, che deve avere come risultato lo sviluppo ed il conseguente aumento del Pil .
L’aumento del Pil è una condizione essenziale per diminuire il rapporto col debito, il quale ha appena superato l’enorme soglia di 2.900 miliardi e si avvia, purtroppo con grande rapidità, verso i tremila miliardi.
Questo debito genera interessi sul bilancio annuale dello Stato, molto vicino ai novanta miliardi, che tendono verso i cento. Basterebbe risparmiarne la metà, destinando la differenza agli investimenti.
Ed è proprio su di essi che ha battuto con grande vigore il governatore Panetta, cioè la necessità di concentrare tutte le risorse possibili verso gli investimenti, che producono ricchezza e occupazione, elementi essenziali di cui il nostro Paese ha bisogno. Il che è il contrario della spesa corrente (cattiva) che invece va tagliata senza tentennamenti.
È proprio la differenza fra spesa corrente e quella per investimenti che qualifica il comportamento di Governo e maggioranza. Infatti gli statisti non tengono conto delle richieste diuturne di questa o di quella parte sociale, sindacale, imprenditoriale, della Pubblica amministrazione o altra, bensì guardano l’interesse generale con programmi a dieci e quindici anni.
Non è la prima volta che scriviamo quanto precede, ma siamo orgogliosi di sentire che un’autorevole personalità quale il Governatore della Banca d’Italia batte e ribatte su temi che noi riportiamo alla vostra attenzione, cortesi lettori/trici, da quarantacinque anni.
Ovviamente l’aumento degli investimenti – che produce l’aumento del Pil e dell’occupazione – non è il solo elemento per migliorare la situazione finanziaria del nostro Paese. L’altro elemento è il debito pubblico in valore assoluto. Ne abbiamo accennato prima, ma scriviamo subito che esso non è comprimibile, da un canto, però si può evitare di farlo aumentare, dall’altro. Come? Ve lo scriviamo qui di seguito.
Non occorre la magia o la lampada di Aladino per affrontare la questione che vi prospettiamo; basta avere nervi saldi, buonsenso e capacità di resistere alle sirene costituite dai gruppi di pressione e da tanti altri che chiedono, chiedono e chiedono finanziamenti tradotti in spesa corrente (ripetiamo, cattiva).
Questo è il punto: la capacità di resistenza dell’attuale Governo e maggioranza a nuova spesa corrente e contestualmente l’attivazione di una task force autorevole per “potare” l’attuale spesa pubblica, che supera i 1.200 miliardi.
In fondo è quello che aveva fatto Carlo Cottarelli: nominato a fine 2013 da Enrico Letta commissario per la Spending review, già nel marzo 2014 presentò al Governo appena insediatosi di Matteo Renzi un programma di revisione della spesa di oltre trentacinque miliardi. Ma siccome esso era impopolare, lo stesso Renzi la accantonò senza batter ciglio e, peggio ancora, senza giustificare agli/alle italiani/e le motivazioni che l’avevano indotto a vanificare il prezioso lavoro di Cottarelli.
Sono dunque due le vie per migliorare lo stato economico e sociale della nostra popolazione: l’aumento degli investimenti e il contenimento del debito mediante la potatura della spesa corrente superflua.
Ma vi è un altro elemento che ha evidenziato Panetta e cioé la necessità di aumentare la concorrenza. è proprio questo strumento che viene incontro ai/alle cittadini/e perché ha la funzione di migliorare servizi e prodotti e di ridurne il prezzo. Ovviamente la concorrenza dev’essere vera e non mascherata. Com’è noto, esiste nel nostro Paese l’Autorità preposta alla sorveglianza del settore e in Europa la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, che ha una funzione di livello superiore, con la stessa finalità.
Ed è proprio la riforma sulla concorrenza che in questo momento il Governo Meloni ha bloccato: dai taxi ai mercatini, dalle concessioni balneari ad altri settori che invece andrebbero svincolati, messi sul mercato ed esercitati da soggetti più capaci di migliorare i servizi e di abbassarne i prezzi.