Un abbaglio dei sensi. Passa da un’espressione dal forte impatto, ma in realtà legata al gergo proprio del diritto amministrativo, la possibile riapertura della partita tra Oikos e i Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, con spettatori più che interessati gli ambientalisti ma soprattutto la Regione Siciliana, oggi come ieri alle prese con il gran problema dei rifiuti.
L’oggetto del contendere, ancora una volta, è rappresentato dalla discarica Valanghe d’inverno su cui a giugno sembrava essersi posata la pietra tombale con la sentenza del Cga che, rigettando il ricorso presentato dai legali della famiglia Proto, aveva reso definitivo il pronunciamento del Tar con cui era stata annullata l’autorizzazione che consentiva a Oikos di abbancare i rifiuti. A finire nel mirino dei giudici era stata l’Aia rilasciata dalla Regione nel 2019, come rinnovo di quella ottenuta dall’impresa un decennio prima.
Per Oikos, però, la querelle è tutt’altro che chiusa. Anzi, ci sarebbero tutti i presupposti per ribaltarne l’esito. Ed è per questo che, a inizio settembre, è stato presentato un ricorso per chiedere la revocazione della sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa. Quasi quaranta pagine che contengono spunti diversi per sostenere un’unica posizione: la sentenza sarebbe viziata da numerosi errori marchiani, figli, appunto, del cosiddetto “abbaglio dei sensi”.
Per anni, le rimostranze di quanti si sono battuti contro la discarica situata tra i centri di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco – comitati di attivisti, associazioni ambientaliste e gli stessi enti locali – hanno avuto il principale punto di forza in un terreno grande circa un ettaro. Rintracciabile a di Motta alle coordinate catastali foglio 12, particella 131, è stato il protagonista di buona parte dello scontro tra imprenditori e ricorrenti. Una centralità passata per la sua assenza, la particella 131 – infatti – è diventata famosa per essere fantasma. Non nel registro catastale, ma all’interno dell’autorizzazione integrata ambientale originaria rilasciata a Oikos dalla Regione a fine anni 2000. Con la conseguente deduzione – fatta propria dagli attivisti e confermata dai giudici amministrativi – che la società dei Proto avrebbe utilizzato per le proprie attività un’area su cui non era mai stato rilasciato un nulla osta. Uno sconfinamento di fatto abusivo, che non avrebbe avuto titolo per essere ricompreso nelle aree autorizzate con l’Aia rilasciata nel 2019.
A tale tesi Oikos si è sempre opposta, senza però riuscire a vedersi riconosciuta ragione tanto dal Tar quanto dal Cga, secondo cui la tavola progettuale rinvenuta negli uffici della Regione, allegata al fascicolo che portò all’Aia del 2009 e in cui compariva la particella 131, non poteva rappresentare una prova sufficiente in quanto priva di data che ne determinasse il momento preciso dell’acquisizione del documento prodotto da Oikos. I giudici, inoltre, avevano rilevato come il terreno in questione fosse qualificato come area agricola, e per questo bisognoso di variante urbanistica, nonché non di proprietà dell’impresa al momento del rilascio della prima Aia.
Con il nuovo ricorso, però, la società sostiene di avere prove evidenti per dimostrare che i giudici hanno compiuto uno scivolone: tra i motivi a sostegno di questo convincimento, il fatto che anche altri documenti allegati all’Aia presentano, così come nel caso della tavola contenente il riferimento alla particella 131, soltanto il timbro e la firma del funzionario. A ciò si aggiunge – secondo la tesi di Oikos – il dato derivante dall’accesso agli atti effettuato presso alcuni enti coinvolti nella fase autorizzatoria, tra cui l’Asp di Catania, che proverebbe l’esistenza della tavola contestata nel fascicolo originario. “Che Oikos abbia allegato, sin dall’istanza originaria presentata dal 2008, la tavola 3 – si legge nel ricorso – emerge dai documenti depositati nel giudizio di primo e secondo grado, ma dell’esistenza di tali documenti la sentenza non fa alcun cenno, né per affermarne la presenza, né per affermarne l’irrilevanza ai fini della decisione, né per dichiararne la falsità”.
Un altro dei nodi al centro della vicenda è quello riguardante la vicinanza della discarica ai centri abitati di Misterbianco e Motta. La legge regionale che regola il settore dei rifiuti, approvata nel 2010, prevede che non possano esserci meno di tre chilometri. Sul punto, la difesa di Oikos ha sempre battuto su due punti: l’inapplicabilità della legge a Valanghe d’inverno, in quanto discarica non da realizzare ma già esistente, e la presunta incostituzionalità della stessa normativa nel momento in cui pur trattandosi di una “legge generale e astratta” fissa “una distanza rigida e fissa”. La stessa legge, infine, per Oikos invaderebbe la competenza dello Stato. A sostegno delle proprie ragioni, Oikos porta poi una sentenza del Tar del Lazio a proprio favore e che si scontrerebbe con quanto invece deciso dai giudici siciliani. “La sentenza di codesto eccellentissimo Consiglio – scrivono il legale di Oikos – è contraria alla sentenza passata in giudicato del Tar Lazio n. 10387/2013 nella parte in cui afferma, contrariamente a quest’ultima, l’applicabilità della norma sulla distanza di cui alla più volte richiamata legge regionale n. 9/2010”.
A fronte della serie di presunti errori commessi da Tar e Cga, la società della famiglia Proto chiede la sospensione dell’esecutività della sentenza di giugno e la disposizione di opportune misure cautelari. “In seguito alla sentenza lo stabilimento e la discarica della OIKOS sono chiusi e non più operativi – si legge nel ricorso – Sotto il profilo degli interessi della ricorrente ciò comporta l’immediato licenziamento di quasi tutte le maestranze e perdite economiche irreparabili”. Per Oikos la revocazione deve arrivare in tempi urgenti – e da qui la richiesta di sospensiva cautelare – perché nel giro di poco tempo si dovrà procedere alla “realizzazione di una serie di lavori, come la copertura definitiva della discarica, che impediranno per sempre la possibilità di riaprire e di riprendere a conferire rifiuti”. Infine, un riferimento anche al presunto interesse generale derivante dalla mai superata crisi del settore: “La misura cautelare della prosecuzione del conferimento dei rifiuti – sottolinea la società – consentirebbe anche di salvaguardare il fondamentale interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e della salute umana. È nota la condizione in cui versa il sistema dei rifiuti della Sicilia: non esiste più capacità delle discariche per conferire rifiuti e le città sono invase e infestate dai rifiuti”.
Ricevuta la notifica del ricorso per la revocazione della sentenza, i legali dei Comuni di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco e quelli delle associazioni ambientaliste che si sono costituite nei giudizi hanno avviato il lavoro per opporsi alla pretesa della società. L’obiettivo è quello di smontare ogni singolo rilievo e affermare la veridicità di quanto già deciso dal Cga a giugno.