ROMA – In Sicilia cresce la raccolta differenziata e diminuiscono i rifiuti conferiti in discarica, segno che la strada tracciata dal Governo regionale è quella giusta, anche se ancora resta molto da fare per liberare l’Isola dall’eterna emergenza spazzatura che da decenni ci vede recitare l’infelice parte di “pattumiera d’Italia”. Nelle settimane scorse è toccato a Palermo, mentre negli ultimi giorni è stata Catania a vedere le proprie strade stracolme di sacchetti di immondizia, a causa di un guasto nella vicina discarica di Lentini.
Servono gli impianti e in questa direzione va il nuovo Piano della Regione da poco approvato dalla Giunta e che attualmente si trova al vaglio dell’ufficio legale; poi passerà al Cga e dunque verrà pubblicato nella versione definitiva.
Intanto il duo Musumeci-Pierobon può consolarsi con gli ultimi dati dell’Ispra (l’istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente) che, nel 2019, fotografano una crescita della differenziata del 9% (solo il Molise è riuscito a fare meglio con un +12%), attestando l’Isola appena sotto la soglia del 40% (per l’esattezza 38,5 contro il 29,5 che si registrava ancora nel 2018).
Un dato che comunque ci conferma ancora una volta “cenerentola” della spazzatura, relegandoci in fondo alla classifica regionale: pur restando sotto il 50%, riescono a fare meglio di noi sia la Basilicata (al 49,4%) che la Calabria (al 47,9%). Lontanissime le regioni prime “della classe”, quasi tutte al Nord: Veneto (74,7%), Sardegna (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Lombardia (72%), Emilia Romagna (70,6%), Marche (70,3%), Friuli Venezia Giulia (67,2%) e Umbria (66,1%).
All’aumento della raccolta corrisponde una diminuzione del conferimento in discarica, con l’Isola che ha ridotto l’abbancamento del 17,4%, facendo scendere la quota complessiva dei rifiuti trasportati in luoghi come Bellolampo o Motta Sant’Anastasia – sedi di due tra i più grandi impianti inquinanti dell’Isola – al 58% (era il 69% nel 2018). Un risultato niente male, seppure nettamente inferiore a quanto fatto dalla Campania (-53,9% di ricorso alla discarica, con una raccolta differenziata al 54%) e più basso della Calabria (-25%).
Complessivamente l’Isola l’anno scorso ha prodotto 2 milioni e 233 mila tonnellate di rifiuti urbani, poco meno dei 2 milioni e 292 mila del 2018. Gran parte ha continuato a finire nelle discariche (1 milione e 306 mila tonnellate), ma queste hanno “perso” 200 mila tonnellate che sono andate a incrementare la differenziata (passata dalle 677 mila tonnellate del 2018 alle 860 mila del 2019).
In generale, in tutta Italia la raccolta continua a crescere e la media nazionale “vede” quel minimo sindacale del 65% impostoci da Bruxelles: il Belpaese, infatti, è al 61,3% (+3,1% sul 2018). Ma non è tutto oro quello che è statistica: infatti solo la metà dell’immondizia viene effettivamente riciclata. Il resto va in discarica o nei termovalorizzatori, vanificando gli sforzi di cittadini e Comuni.
Questo accade perché non ci sono abbastanza strutture dove “rigenerare” l’immondizia. Nel 2019, si legge nel rapporto Ispra, erano operativi 658 impianti di gestione dei rifiuti urbani: 355 al Nord, 121 al Centro e 182 al Sud. Nel Mezzogiorno, insomma, esiste un deficit impiantistico, come più volte denunciato anche da associazioni di categoria come Fise Assoambiente e Utilitalia, che impedisce di dare una nuova vita alla spazzatura. Lo scarso riciclo e i conseguenti pochi guadagni per i Comuni impattano direttamente sui portafogli dei cittadini meridionali, che per la Tari sborsano ben di più dei connazionali del Nord.
Nel 2019, il costo medio nazionale di gestione dei rifiuti urbani è stato di 175,79 euro all’anno per abitante, ma con grandi differenze tra le regioni. In Trentino Alto Adige, per esempio, ammonta a circa 140 euro contro i 185 dell’Isola (ben 45 euro in più pro capite). Come visto, però, recentemente nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio prezzi e tariffe di “Cittadinanza attiva”, le disparità in bolletta sono addirittura più alte, con una famiglia media che a Catania arriva a pagare 500 euro di Tari (record nazionale), il triplo esatto di quanto si paga a Belluno (168 euro), più del doppio di Brescia (191 euro) o Bolzano (190 euro), dove per dirne una il locale termovalorizzatore a gestione pubblica porta calore nelle case di 8-10 mila altoatesini.
Ma questa è anche una diretta conseguenza del risultato disastroso soprattutto delle grandi città siciliane. Basti pensare che, ancora nel 2019, Palermo, Catania e Messina si trovavano al di sotto del 20% di differenziata, con la Città dell’Elefante ferma addirittura a un misero 14,5% (abbassando drasticamente la media provinciale al 35,4%,). Sembrano su un altro Pianeta i comuni più virtuosi d’Italia, come Treviso che sfiora il 90%, Ferrara con l’85,9% e Pordenone con 85,5%. Solo due province siciliane superano il 50% e si avvicinano alla media italiana: si tratta di Ragusa (57,8%) e Trapani (56,7%).
PALERMO – “I dati di Ispra sulla raccolta differenziata confermano il percorso virtuoso della Sicilia che a livello nazionale risulta la seconda regione per incremento percentuale ottenuto nel 2019”. Lo afferma l’assessore regionale all’Energia e servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon, commentando il rapporto annuale sui rifiuti urbani dell’Ispra, l’istituto di ricerca del ministero dell’Ambiente, riferito al 2019.
“Tanto c’è ancora da fare per recuperare terreno e raggiungere la media nazionale – sottolinea l’assessore – ma l’incremento di 9 punti in un anno certamente conferma l’efficacia dell’azione del governo Musumeci e l’impegno dei Comuni. Sulla media regionale tra l’altro pesa il dato delle tre città metropolitane su cui però sono in corso attività importanti che vedono impegnati i governi nazionale, regionale e locale, al lavoro per invertire la rotta. Siamo riusciti inoltre a sbloccare finalmente un accordo del 2011 col ministero dell’Ambiente e il Conai che consentirà di erogare 18 milioni circa per Palermo, Catania e Messina, proprio per la raccolta differenziata e il controllo del territorio. Siamo certi – conclude Pierobon – che il piano rifiuti in fase di adozione e la realizzazione degli impianti previsti contribuiranno ad allineare i numeri della Sicilia al resto d’Italia”.