Ambiente

Rifiuti, sequestro della discarica di Siculiana è l’ultima tegola. Cosa può accadere ora

Limiti di contaminazione superati con regolarità, emissioni di biogas dalle vasche chiuse, rischio di contaminazione delle acque sotterranee e mancata attivazione delle procedure di bonifica. L’ennesima tegola sul sistema di gestione dei rifiuti in Sicilia passa da questa fotografia. A scattarla, ieri mattina, sono stati i carabinieri del Noe di Palermo con il supporto dei colleghi del comando provinciale di Agrigento. Insieme si sono presentati a Siculiana, in contrada Matarano, dove si trova la discarica di proprietà della famiglia Catanzaro. I militari hanno notificato il provvedimento di sequestro disposto dal gip del tribunale di Agrigento, su richiesta della locale procura guidata da Giovanni Di Leo.

Indagini iniziate nel 2018

Il decreto rappresenta un primo epilogo di un’indagine iniziata cinque anni fa dalla procura agrigentina. Sotto la lente degli investigatori sono finite sia le autorizzazioni rilasciate all’impresa Catanzaro Costruzioni, di proprietà della Gruppo Catanzaro Spa, che le eventuali ricadute ambientale nell’esercizio di attività di abbancamento dei rifiuti. “L’indagine, originata dalla raccolta e dall’ascolto delle plurime segnalazioni provenienti da privati, enti e estituzioni, pubbliche e private – si legge in una nota divulgata dalla procura – ha visto, nell’anno 2019, l’esecuzione di una complessa attività di acquisizione documentale voltasi parallelamente al conferimento di un incarico di consulenza tecnica collegiale finalizzata al vaglio dello stato, materiale e giuridico dell’impianto”. Ed è in seguito a questi accertamenti che, secondo i magistrati, sono emersi elementi per ritenere necessaria la chiusura dell’impianto. “Un quadro preoccupante”, lo definiscono gli inquirenti.

L’inchiesta giudiziaria, che stando a quanto ricostruito dal Qds vede indagati anche i tre soci della Gruppo Catanzaro, i fratelli Lorenzo, Giuseppe e Fabio Catanzaro, riguarda anche il sospetto che con l’andare del tempo l’area della discarica si sia estesa al punto da comportare “l’invasione di terreni appartenenti al demanio dello Stato”. Il riferimento va all’area della regia trazzera Montallegro-Raffadali e Montallegro-Bivio Pietra Rossa.

Cosa accadrà adesso

La discarica di Siculiana non è la prima volta che viene sequestrata. Un provvedimento pressoché identico era stato emesso dal gip del tribunale di Agrigento nell’estate 2020. La misura, però, era stata successivamente annullata per un vizio procedurale. L’indagine, intanto, andrà avanti con l’intento – sottolineano gli inquirenti – di “accertare eventuali altri profili di illiceità derivanti dalla gestione irregolare”. Difficile, invece, stabilire quali saranno le ripercussioni sulla filiera dei rifiuti nell’isola: la discarica dei Catanzaro, infatti, è uno dei pochi siti che negli ultimi anni hanno continuano a ricevere spazzatura indifferenziata; nella fattispecie quella lavorata dagli impianti di trattamento meccanico-biologico presenti nella parte occidentale dell’isola, a partire da quello di Trapani. L’impossibilità di portare i rifiuti a Siculiana determinerà inevitabilmente la necessità di trovare spazi alternativi in un momento in cui in Sicilia ce ne sono pochissimi.

A Gela non è possibile

Nel recente passato, a sopperire alle criticità che sono via via emerse, specialmente quelle collegate alle problematiche dell’impianto di Lentini di Sicula Trasporti, è stata la discarica pubblica di Gela. Un aiuto che però i sindaci della provincia hanno fatto pesare, temendo di vedere pregiudicate a lungo andare le possibilità di trovare spazio per i rifiuti prodotti nel Nisseno. A confermare di non poter fare affidamento sul sito di contrada Timpazzo è l’amministratrice Giovanna Picone. “Abbiamo un limite giornaliero di 400 tonnellate, tra i rifiuti che passano dal nostro impianto di trattamento meccanico-biologico e quelli che, già lavorati, arrivano per essere depositati in discarica – dichiara Picone – L’autorizzazione che abbiamo non ci consente di sforare tale soglia”. In attesa di capire come si muoverà il governo Schifani – sarà interessante capire se sarà presa la decisione di avvalersi della discarica di Motta Sant’Anastasia, i cui titolari sono riusciti a ottenere la sospensione momentanea degli effetti della sentenza che in primavera ne avevano decretato la chiusura per irregolarità nelle autorizzazioni – non resta che soffermarsi sulla parte finale della nota della procura di Agrigento: “La procura assicura la massima attenzione ai profili di utilizzabilità residua dell’impianto della ditta Catanzaro volta ad ovviare agli inevitabili disagi per la collettività”. Come e quando tali capacità residue, che ultimamente prevedevano il conferimento di circa 250 tonnellate al giorno di rifiuti, verranno sfruttate è ancora da scoprire.

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