I Comuni siciliani non possono approvare i bilanci perché hanno un extra costo per lo smaltimento dei rifiuti, che non sanno più dove mandare. Infatti, le discariche siciliane sono esaurite da tempo, così come le vasche supplementari approvate in questi ultimi anni; per cui, i rifiuti vengono smaltiti caricandoli sulle navi che vanno in Germania, Olanda, Svezia e altri Paesi.
Inviare i rifiuti fuori dalla Sicilia mediante le navi ha il piccolo difetto di triplicare il costo dello smaltimento: esso è stato in passato di circa 130/140 euro per tonnellata, mentre ora è diventato di 380/390 per tonnellata.
La Regione sta tentando di mettere qualche pezza sulla questione erogando qualche decina di milioni ai Comuni, in modo da sostenerli in quest’onere, ma è evidente che la misura tampone non risolve il tema di fondo, che non è stato affrontato in questi ultimi decenni.
Come sempre il nostro Paese vive sulle emergenze e il Sud sulle emergenze delle emergenze.
Si sa da almeno trent’anni che le discariche siciliane si sarebbero esaurite, perché è matematico che i poco meno di cinque milioni di abitanti siciliani sono capaci di produrre 2,2 milioni di rifiuti per anno, i quali debbono essere collocati da qualche parte.
Dallo stesso trentennio è emersa quindi la necessità di come stivarli, ovvero l’alternativa pensata era quella di utilizzarli come carburante per la produzione di energia e di altro in impianti industriali, che allora si chiamavano termovalorizzatori e che, con le nuove tecnologie, si chiamano termocombustori.
La Giunta presieduta a suo tempo da Totò Cuffaro ne mise in cantiere due, ma solo sulla carta. Quella successiva di Raffaele Lombardo trasferì l’iniziativa nel dimenticatoio. Non parliamo della Giunta Crocetta, che ha fatto più danni degli Unni. E infine quella di Nello Musumeci, che promise, nel Forum realizzato con questo giornale, di farli costruire già nel gennaio 2018, ma ancora oggi non se ne vede traccia.
Quindi vi è stato un coacervo di responsabilità, con la conseguenza che poi nessuno è responsabile; ma la sofferenza economica ricade poi sui/sulle cittadini/e e sulle amministrazioni comunali, che non sono in condizione di chiudere i bilanci.
Lo stato dei fatti descritto non è commutabile in tempi brevi, perché il presidente Schifani, nominato commissario straordinario per i rifiuti, non ha la bacchetta magica e anche se riuscisse a fare i bandi per la costruzione dei termocombustori in tempi ragionevoli, cioé in qualche mese, ci vorrebbero alcuni anni perché essi possano diventare funzionanti.
La conseguenza di quanto precede è che per l’anno corrente, il 2025 e il 2026 Comuni e Regione dovranno spendere qualche centinaio di milioni in più per smaltire i rifiuti che vengono prodotti costantemente, diremmo ora per ora.
È chiaro che bisogna risolvere il problema alla radice, cioè diminuire la quantità di rifiuti prodotti, per esempio facendo leggi che impediscano alle industrie di produrre imballaggi monouso e inutili.
Nel frattempo, però, la mancanza di previdenza e l’assenza di responsabilità politiche, e non solo, crea un forte disagio per i/le siciliani/e, i/le quali non ne avevano di certo bisogno anche in questo versante. Ma, si sa, quando vi è carenza di capacità decisionali, per cui tutte le cose vanno senza essere guidate, le conseguenze sono quelle descritte.
La situazione non va meglio nella sanità, anche perché vi è in ballo la pelle e la salute delle persone.
Cos’hanno in comune i servizi relativi ai rifiuti e quelli della sanità? La responsabilità dei gestori, i quali non rendono conto a chi di dovere delle loro inefficienze.
Anche nel caso degli ospedali a conduzione pubblica o privata la situazione non è cambiata e sol che si vada nei Pronto soccorso si trova la testimonianza di chi soffre – e dei loro parenti – poiché non curati adeguatamente, nonostante l’immane sforzo dei medici delle stesse strutture, con turni massacranti.
L’irresponsabilità istituzionale della Regione e delle Amministrazioni comunali non viene sanzionata adeguatamente dai/dalle cittadini/e, i/le quali protestano in modo isolato, cioè non andando a votare, mentre dovrebbero utilizzare per esempio i siti web e i quotidiani per manifestare dissenso in maniera civile, ma determinata e forte.