Il Sud esiste

Riflessioni sul sistema bancario italiano

Le banche popolari nascono nella seconda metà dell’800 proprio per bilanciare la crescente concentrazione e domino del capitale, conseguenza del decollo industriale e per offrire anche ai ceti più deboli la possibilità di utilizzare lo strumento del credito e della finanza.

Nel 2026 si festeggerà il 150° anniversario della fondazione dell’Associazione delle Banche Popolari avvenuta nel 1876. Dodici anni prima, nel 1864, era nata la prima banca popolare italiana, la Banca Agricola Popolare di Lodi1, con il contributo di Tiziano Zalli e di Luigi Luzzati. Due anni prima Tiziano Zalli, già fondatore della Società Generale di Mutuo Soccorso degli Operai, di cui presidente onorario era Giuseppe Garibaldi, aveva proposto la creazione di una cassa “perché senza ricorrere all’usura privata sempre ruinosa o al Monte di Pietà, l’operaio onesto potesse ottenere credito per provvedere ai suoi bisogni domestici ed industriali sulla garanzia della sua onoratezza e del suo amore al lavoro”. Il contributo che le Banche Popolari, hanno dato al Paese ed ai propri territori nel corso di 150 anni, è stato immenso e non può, in questa sede, neppure essere riassunto.

L’esigenza di questo bilanciamento non fu solo italiana ma fu presente in tutti i principali paesi, in primo luogo in Germania ma anche negli Stati Uniti proprio nel periodo della formazione dei grandi trust, delle grandi banche d’affari, dell’accumulo dei grandi patrimoni e della concentrazione dei redditi. Per conoscere questo periodo e le forti analogie con i nostri anni siamo oggi favoriti da un libro da poco uscito in Italia, edito negli Stati Uniti nel 1913 che unisce nove articoli pubblicati nello stesso anno, su Harper’s Weekly, dal giurista ed economista Louis D. Brandeis, «I soldi degli altri e come i banchieri li usano», (Edizioni di storia e letteratura, 2014). Louis D. Brandeis è stato un eminente giurista ed economista americano della prima metà del ‘900. Ha assistito al formarsi delle grandi concentrazioni di potere finanziario, alla nascita dei grandi trust dell’acciaio, del petrolio, delle ferrovie, all’emergere delle grandi banche favorite dall’unione tra le attività di banca commerciale o di deposito e le attività di banche d’affari (la loro forza era basata, appunto, sulla possibilità di usare i soldi degli altri, dei depositanti, per i propri investimenti e affari).

Si è battuto per l’intera vita contro la concentrazione del potere finanziario, come coautore della legislazione antitrust, come pubblicista battagliero, come stretto collaboratore di Wilson nella campagna per la presidenza (vinta da Wilson) nel 1912. E’ interessante osservare che l’unico antidoto che Brandeis vede possibile per opporsi allo strapotere dei grandi conglomerati finanziari è proprio il modello europeo del credito cooperativo e l’unico italiano citato nel libro è Luzzati, alfiere dello stesso.