Inchiesta

Le riforme “bloccate” nei cassetti dell’Ars

Palazzo dei Normanni sta per chiudere i battenti dopo una legislatura complessa, che avrebbe dovuto imboccare la strada delle riforme, ma che è stata segnata dalla pandemia.
Una legislatura (la XVII) che ha dovuto affrontare la ormai sempre più incombente crisi economica ma che ha anche risentito della scure delle impugnative disposte dal Consiglio dei Ministri su parte dei disegni di legge approvati dall’Assemblea regionale perché in contrasto con la Costituzione o con le competenze statali.

Quali benefici ha prodotto l’impegno dei nostri parlamentari? Le promesse sono state mantenute? Proveremo a dare una risposta a queste domande partendo dai numeri: sono 70 i deputati regionali riuniti in 11 gruppi parlamentari, coadiuvati da 218 dipendenti (esclusi i collaboratori dei gruppi).

Hanno svolto dall’insediamento ad oggi 319 sedute d’Aula (7 nel 2017 – 71 nel 2018 – 68 nel 2019 – 73 nel 2020, 68 nel 2021e 32 fino alla metà di giugno 2022). Un media di 5 sedute al mese, poco più di una alla settimana. I disegni di legge di origine parlamentare presentati sono stati 1.076, quelli provenienti dall’esecutivo regionale 166. Le leggi approvate sono state 134, e in questo numero sono compresi i documenti finanziari come bilancio, finanziaria ed esercizio provvisorio.

Questo significa che nei cassetti dell’Ars sono rimasti poco più di 1.000 documenti che alla fine della legislatura, prevista fra qualche mese, decadranno. Una mole di lavoro che non sarà servita a nulla.
Andiamo avanti con i numeri e diamo uno sguardo agli atti ispettivi dei deputati nei confronti del governo: 2.667 interrogazioni, 455 interpellanze, 641 mozioni, 656 ordini del giorno e 35 risoluzioni.
Dall’altra parte, il governo dal canto suo spesso ha criticato l’operato del Parlamento che non approvava con sollecitudine i ddl governativi che venivano esaminati a Sala D’Ercole e più volte si è manifestato un braccio di ferro tra i due poteri, quello legislativo e quello esecutivo, dovuto anche ad una maggioranza debole presente a Palazzo dei Normanni.


Insomma, la legislatura si può dire praticamente conclusa perché andiamo incontro alla pausa estiva e in autunno si dovrebbero tenere le consultazioni per il rinnovo dell’Ars e l’elezione del nuovo presidente della Regione. Quindi resta poco tempo per approvare disegni di legge spesso sbandierati ma rimasti al palo. Abbiamo chiesto al presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, un commento sulle priorità di questo ultimo scorcio di legislatura ma non abbiamo ricevuto risposta.

Stop invocato da più parti ma il voto segreto è ancora realtà

Più volte invocato da tutti i partiti, e dallo stesso governatore, alla fine è rimasto come baluardo per affossare le leggi in Parlamento.
“ In tutte le Assemblee pubbliche – aveva detto Musumeci – lo scrutinio segreto è richiesto solo per gravi decisioni, in casi comunque rari. In Sicilia se ne fa un abuso costante, fino a farlo apparire non uno strumento di dissenso (che si manifesta palesemente) ma uno strumento di vendetta o, peggio ancora, un modo per coprire intese trasversali tra opposizione e parte della coalizione di governo”.
“Gli elettori – ha proseguito Musumeci – hanno il diritto di controllare il voto dei loro eletti e verificarne la fedeltà al mandato ricevuto. Ecco perché rimane vivo l’auspicio di una modifica della norma regolamentare dell’Aula”. Gianfranco Miccichè, disse alla stampa che “Il voto segreto è assurdo, lo eliminò Craxi in Italia e noi siamo gli unici a livello regionale a mantenerlo. Non è facilissimo però eliminare il voto segreto, ne stiamo discutendo e porterò in commissione regolamento una proposta”. E’ stata elaborata un proposta di modifica per recepire il regolamento vigente al Senato e impedire che il voto segreto venga utilizzato per le leggi di riforma o per la finanziaria. La proposta di modifica al regolamento interno dell’Ars con riferimento alla disciplina del voto segreto è stata messa all’ordine del giorno della commissione per il Regolamento la prima volta il 10 aprile del 2018, e la stessa si è riunita ogni anno riproponendo lo stesso argomento senza mai giungere ad un punto concreto.

Riforma della burocrazia, nessuno ancora l’ha vista

La Regione siciliana è tornata ad assumere, dopo anni di immobilismo, e sono già stati banditi ed espletati alcuni concorsi, ma gli uffici sono carenti di professionalità adeguate ed è necessaria una rivisitazione di tutto il sistema che la macchina burocratica più efficiente e al servizio del cittadino.
Ma siamo ancora in alto mare. è pur vero che a maggio del 2019 è stata approvata la legge n.7 sulla semplificazione amministrativa in cui è prevista l’adozione di molteplici strumenti volti a semplificare la vita di cittadini e imprese, ma a fianco degli strumenti vi deve essere il personale adeguatamente formato. In cinque anni di governo purtroppo questo procedimento non si è completato.

Al momento della approvazione della legge l’allora assessore regionale alle Autonomie Locali Bernadette Grasso aveva prudentemente voluto evidenziare che la Regione purtroppo sconta un ritardo di vent’anni che non può essere colmato in un paio d’anni, ma che serve sicuramente più tempo.

Doppia preferenza di genere, la legge ferma in commissione Affari istituzionali

Resta al palo anche la legge sulla doppia preferenza di genere ferma nella commissione di merito. L’idea di prevedere la presenza femminile alle elezioni regionali, ormai dietro la porta, era venuta a più partiti, e quindi trasversalmente, già nel 2019. Un documento partorito dal Pd con il ddl n.548. Oltre ai dem hanno presentato ddl simili anche Iv, Claudio Fava del gruppo Misto e Fi con Caronia e Ternullo. Tutti documenti che sono stati accorpati al primo. Della bontà del provvedimento si era convinto il capogruppo del Pd all’Ars Giuseppe Lupo: “Una norma che introduca la doppia preferenza – aveva detto – già in vigore per le elezioni comunali, anche nelle consultazioni per il rinnovo dell’Assemblea regionale è un atto di civiltà e di democrazia che proietterebbe la Sicilia verso una politica di rispetto del ruolo e dell’importanza delle donne in politica”. Ma è evidentemente mancata la volontà generale della politica e ora il disegno di legge è andato a fare compagnia a tanti altri chiusi nei cassetti delle commissioni. Il presidente della commissione Affari Istituzionali Stefano Pellegrino aveva motivato questo dietrofront: “L’opinione comune è stata che la doppia preferenza venga addirittura rimossa per le amministrative piuttosto che incrementare il doppio voto di preferenza di genere anche per le regionali. Ci siamo quindi fermati in attesa di una migliore riconsiderazione della materia”.

Consorzi di bonifica, una riforma che porterebbe benefici all’agricoltura

Una riforma importante, che porterebbe grande beneficio ad uno dei settori chiave dell’economia siciliana: l’agricoltura. Con la riforma si arriverebbe a irrigare stabilmente 178 mila ettari a fronte degli attuali 61 mila. Il ddl n. 585 del luglio 2019 ha seguito il suo lungo iter, e finalmente, a gennaio di quest’anno è stato esitato dalla commissione Attività produttive. Resta l’ultimo passo, quello dell’Aula, per poter diventare legge, ma i tempi stringono e anche questa riforma potrebbe trasformarsi in un “buco nell’acqua”. Richiede la sua veloce approvazione la Cia, l’associazione degli agricoltori. La confederazione aveva scritto una nota al governo regionale e ai gruppi parlamentari all’Ars per sollecitare una approvazione urgente a causa delle criticità attualmente presenti nell’Isola, prima fra tutte la difficoltà di avere acqua a sufficienza, visto che alcuni invasi della regione non riescono a distribuire acqua a sufficienza per una cattiva manutenzione dei canali e delle condotte. Di sicuro si tratta di una riforma che attira meno l’attenzione del cittadino, più interessato a problemi che lo coinvolgono direttamente, come l’invasione dei rifiuti. Ma è una riforma, questa dei consorzi che si può definire fondamentale ancor di più oggi, a causa della guerra in Ucraina e il blocco dell’esportazione del grano. Con un sistema adeguato la Sicilia potrebbe certamente produrre il necessario per il proprio fabbisogno.

Riforma del commercio, il Testo unico rischia di finire nel dimenticatoio

Un Testo unico che razionalizza e ammoderna i precedenti interventi regionali in materia di commercio, datati 1995 e 1999. Significativi il decentramento delle competenze verso gli enti locali, la valorizzazione e il recupero dei centri storici, la salvaguardia delle botteghe storiche, l’introduzione di principi di innovazione, di semplificazione amministrativa e di chiarezza per il rilancio della competitività del settore produttivo regionale e per l’attrattività del contesto territoriale e sociale. Sarà disciplinata inoltre la programmazione delle grandi strutture di vendita, indirizzando lo sviluppo commerciale nei territori in cui l’insediamento risulti sostenibile, creando i presupposti per un’occupazione stabile e duratura nel tempo. Peccato che il ddl n.1012 del 21 maggio 2021 si trova attualmente nei cassetti della terza commissione legislativa attività Produttive dell’Ars. Una riforma di 126 articoli che rischia di finire nel dimenticatoio. “Non è più possibile rinviare il momento di affrontare la crisi di un settore tanto importante come quello del commercio”, aveva detto già l’anno scorso il presidente di Confesercenti Sicilia Vittorio Messina.

Forestali in attesa di un Ddl di riforma organica del settore

Il disegno di legge n. 831 è stato presentato dal Pd a settembre del 2020 ed è nato per mettere ordine tra le innumerevoli norme di settore, intervenute negli anni in maniera poco organica e meglio redistribuire le competenze tra i diversi rami dell’amministrazione regionale. Ricordando peraltro che il settore forestale rappresenta un discorso a parte in Sicilia poiché la stessa è a statuto speciale. Il documento è stato esitato a marzo di quest’anno dalla commissione di merito, ma ha incontrato il parere sfavorevole dei sindacati e resta in attesa di andare in Aula. I segretari generali di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil Sicilia, Adolfo Scotti, Tonino Russo e Nino Marino hanno sottolineato le carenze e le lacune di questo Ddl: il blocco del turn over con conseguente estinzione del contingente dei lavoratori a tempo indeterminato, il mancato ricambio generazionale all’interno del settore che comporterebbe la fine della forestale pubblica e le esigue risorse messe a disposizione dal Governo “per una riforma – hanno detto Scotti, Russo e Marino – che dovrebbe guardare ad un settore strategico di sviluppo per la nostra Regione, ma che invece continua a essere ingiustamente considerato terreno di assistenzialismo e fonte di spreco”.