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Rifiuta chemio e muore a 17 anni: “Si fidava dei genitori e non dei medici”

Sulla triste vicenda di Elena Bottaro, la giovane padovana 17enne morta a causa della leucemia nell’agosto del 2016 si sta per aggiungere un nuovo capitolo. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a due anni, per omicidio colposo, dei genitori che si erano opposti alla chemioterapia prescritta dai medici. La famiglia si era sempre opposta alle cure mediche tradizionali, scegliendo per la figlia il metodo antiscientifico Hamer. Un metodo, quest’ultimo che cura i tumori con vitamina C e psicoterapia.

La condanna

Una condanna, quella inflitta ai due coniugi già comminata in primo grado, con la suprema Corte che “aveva ritenuto che la ragazza fosse condizionata dalle decisioni dei genitori, di cui si fidava ciecamente”. Nella sentenza si legge che “il silenzio o il mancato approfondimento delle sue reali condizioni di salute dipendeva dal fatto che la giovane in realtà non credeva a quanto gli era stato rivelato dai medici ma aveva fiducia unicamente nei genitori, i quali le avevano detto che la chemioterapia non era necessaria, anzi era nociva”.

Succube

Un atteggiamento passivo, che dimostrava come la giovane “accettasse come un dato di fatto le cure che le proponevano i genitori senza sapere neanche cosa fossero e come la stessa fosse succube delle convinzioni dei genitori, a cui si era assuefatta e che aveva fatto proprie. E infatti il giudice a quo ha posto in rilievo come laddove i genitori sceglievano le cure, anche se invasive, come le iniezioni sulla schiena, la ragazza non facesse opposizione e non si desse neppure la pena di capire di che cosa si trattasse, limitandosi a definire le stesse ‘robe stranè, con totale accettazione”.