Inchiesta

Appalti, in Sicilia cantieri da sbloccare per dieci miliardi

PALERMO – Ancora nero il campo degli appalti in Sicilia, ma una piccola ripresa c’è. è un settore che più di ogni altro soffre, che più di ogni altro ha avvertito la crisi e, dopo un lungo tunnel nero, negli ultimi anni sta cominciando a vedere un piccolo barlume di luce. Ma la strada è lunga, e soprattutto tortuosa. A fornire una fotografia approfondita del quadro degli appalti nell’Isola, l’osservatorio sugli appalti pubblici dell’Associazione nazionale costruttori edili.

Secondo quanto riportato dal rapporto Ance, i rapporti posti in gara, e pubblicati sulla Gazzetta regionale ufficiale della Regione siciliana, nel periodo tra gennaio e agosto del 2018, sono stati 137, per un importo di 194.463.619 euro; mentre l’anno prima, nel 2017, da gennaio a dicembre, in Gurs, apparivano 121 gare per una cifra di 176.330.817 euro.

Un dato che sembra al rialzo, ma solo se si rimane a tempi recenti, perché basta andare indietro per capire la profonda crisi in cui versa il settore delle costruzioni. Rispetto a dieci anni fa, infatti, i numeri erano molto più rosei, tanto che, secondo l’Ance, si parla di un calo del 90,83 per cento rispetto al 2007.

Rimane Palermo, sia nel 2017 che nel 2018, la città con un numero più alto di appalti pubblicati in Gurs: 32 nel 2017, 31 nel 2018. Maglia nera per Caltanissetta che, nel 2018, conta un solo appalto, mentre nel 2017 ne contava 4, stesso numero di Ragusa che nell’anno successivo è passata a 7.

Rimane tra i 14/15 la città di Agrigento in entrambi gli anni presi in considerazione, 22/23 Catania, mentre un andamento diverso l’ha registrato Enna che nel 2017 aveva dato vita solo a 5 lavori posti in gara, mentre nel 2018 è salita a 18.

Messina si ferma a 22 sia nel 2017 che nel 2018, mentre Siracusa passa dal numero 7 del 2017 al 13 del 2018. In controtendenza Trapani che nel 2017 contava 11 appalti, mentre l’anno dopo soltanto 7.

Nonostante sia Palermo la città con il maggior numero di appalti, non è la città che conta il maggior importo totale dei lavori posti in gara. Ebbene, qui si apre un grande capitolo, e cioè quello degli appalti al ribasso.

Nel 2017 i lavori posti in gara a Palermo contavano un importo di 68.071.254 euro, mentre nel 2018 la cifra è stata di 31.023.976 euro. Mentre nel primo anno Palermo è stata la città più “ricca” in Sicilia sotto questo punto di vista, nel 2018 viene superata di gran lunga da Catania che, nonostante abbia numeri più bassi, ha contato la somma di 37.658.618 euro.

La politica sta cercando in quale modo di intervenire, dopo le tante proteste mosse nel settore delle costruzioni proprio per l’eccessivo incremento dei ribassi nelle gare d’appalto che porta a incompiute, opere di scarsa qualità e assenza di sicurezza nei cantieri a scapito dei lavoratori.

A rispondere alle recenti manifestazioni di Ance Sicilia, Cna costruzioni, Anaepa Confartigianato, Claai, Casartigiani, Legacoop, Confcooperative e Creda, è stato l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone. Sotto i riflettori in Aula all’Ars vi è l’esame del ddl ‘collegato’ alla manovra, al cui interno è stata incardinata una norma che in Sicilia regola la materia.

“Il governo regionale sostiene questa modifica e finora non mi sembra che la proposta abbia incontrato particolari opposizioni politiche da parte dei gruppi parlamentari” – ha dichiarato.

A pesare più di ogni altra cosa, secondo i dati dell’Osservatorio sui contratti pubblici, sono le incompiute: nel 2012 i cantieri pubblici e privati davano lavoro nell’Isola a 102mila persone, che invece alla fine dell’anno scorso erano diventate 84.359, con un calo superiore al 17 per cento. La Sicilia, insomma, è la terra delle opere lasciate a metà, con 162 cantieri bloccati sui 752 nella stessa situazione in tutta Italia. Lo spreco è elevatissimo.

In Sicilia ci sono opere da sbloccare per 10 miliardi, buona parte di competenza di Anas e Rfi. I fondi saranno revocati se gli appalti non saranno affidati entro il 2021” – ha recentemente dichiarato Fulvio Bellomo, dirigente generale del dipartimento regionale Infrastrutture, all’incontro di Ance Sicilia sul Bim, nuova metodologia informatica.

“Ci sono 5 miliardi per la velocizzazione della ferrovia Palermo-Catania – ha ricordato Bellomo – ma da due anni Rfi non riesce a tirare fuori un solo progetto. Fra le nuove opere viarie da sbloccare, ci sono le tangenziali di Gela per 316 milioni, di Catania per 214 milioni e di Agrigento per 200 milioni. Per non parlare dei quattro lotti della Nord-Sud, per sbloccare i quali la Regione ha stanziato 100 milioni: sul lotto B5 (87 mln), l’Anas non riesce a superare un contenzioso”.

In compenso qualcosa migliora sul mercato immobiliare, ma questo non basta a frenare la crisi. Nonostante la ripresina, che c’è, c’è ma non basta.

Il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone, analizza il comparto dei lavori pubblici, il cui valore di mercato è crollato del 90% in 20 anni.


Ribassi eccessivi conducono irrimediabilmente alla paralisi dei cantieri
“Chiediamo all’Ars una prova di coraggio e l’approvazione di una norma che introduca nelle gare d’appalto criteri anti-turbativa”

Cosa fa Ance Sicilia per sbloccare l’immobilismo degli appalti in Sicilia?
“Ance Sicilia effettua ininterrottamente, sin dal 1999 e con cadenza quadrimestrale, il monitoraggio delle opere pubbliche messe in gara nell’Isola. Il dato al 31 dicembre 2018 ci dice che, per quanto riguarda i bandi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, nel corso di questi quasi 20 anni il valore del mercato delle opere pubbliche ha subito una contrazione di circa il 90%.

Il monitoraggio ci consente inoltre di osservare che delle gare bandite, di quasi il 50% non si ha più notizia nei 18 mesi successivi. A tutto ciò si aggiunge l’analisi delle risorse finanziate per progetti cantierabili, che mostra per la Sicilia 268 esecutivi per 4,7 miliardi di euro che non vanno in gara.

Dunque, ci sono due evidenze: il fatto che nel 2018 i dati sugli appalti si siano stabilizzati significa solo che più giù di così non potevano andare; e che a bloccare la realizzazione di infrastrutture in Sicilia non è la carenza di risorse che, anzi, sono disponibili in abbondanza. È, invece, l’insieme di un sistema normativo che il Codice nazionale degli appalti ha solo peggiorato, e di un apparato burocratico che rallenta tutto.

Sono fatti che l’Ance Sicilia denuncia costantemente con report puntuali e con numerose e insistenti proposte di modifiche normative. Lo fa da sola, trovando in particolari occasioni al proprio fianco l’Ance nazionale, oppure assieme alle sigle datoriali e sindacali e dei professionisti che aderiscono alla Consulta regionale delle costruzioni e con le quali siede al tavolo tecnico presso l’assessorato regionale Infrastrutture. Recentemente, Ance Sicilia è stata la più attiva nel partecipare all’iniziativa dell’Ance nazionale ‘Sbloccacantieri’ e fra le prime ad attivarsi in quella in corso ‘Bloccadegrado’”.

Ha intrapreso iniziative con il Governo regionale per trovare delle contromisure?
“L’Ance Sicilia si è confrontata con tutti i governi regionali succedutisi in questi lunghi anni. Ma è un confronto limitato dal fatto che le competenze della Regione si concentrano sui fondi a gestione propria e sulle misure che cofinanzia. Spesso e volentieri – parliamo soprattutto di grandi opere – la competenza è in capo a soggetti pubblici nazionali nei confronti dei quali non si può andare oltre i richiami o gli appelli al governo nazionale. Per tutto ciò che rientra nelle competenze della Regione, certamente Ance Sicilia ha contribuito ad individuare e mettere a punto contromisure che anche questo governo, nella persona dell’assessore Falcone, ha tradotto in atti che, speriamo, possano andare presto in porto”.

Come giudica la politica dei ribassi eccessivi?
“Proprio questo è l’ultimo – solo in ordine di tempo – cavallo di battaglia della nostra associazione. Da anni denunciamo l’escalation del fenomeno e il fatto che nelle gare aggiudicate con ribassi eccessivi i cantieri poi si fermano puntualmente, oltre ad andare a scapito della qualità delle realizzazioni, della sicurezza sul lavoro e della regolarità dei contratti di lavoro. La Sicilia è disseminata di incompiute che privano i cittadini di infrastrutture e servizi essenziali.
Abbiamo contrastato questa tendenza europea che poi è diventata nazionale con il governo Renzi, il quale impugnò una norma proposta anche da noi e approvata dall’Ars. In questi giorni chiediamo all’Ars una nuova prova di coraggio e l’approvazione di una norma che, anche se in contrasto con la legge nazionale, introduca nelle gare d’appalto in Sicilia trasparenza delle procedure e criteri anti-turbativa e contro i ribassi eccessivi”.