ROMA – “La corruzione è un fenomeno sfuggente e in larga parte nascosto, pertanto è difficile prevedere dove possa manifestarsi. Possiamo paragonare la corruzione a un iceberg, del quale si vede solo la punta pur essendo la parte sommersa di dimensioni molto maggiori di quello che appare. Nonostante questo, la corruzione non è tuttavia esente da una elevata incidenza statistica, soprattutto in determinati contesti, e da fattispecie ricorrenti che, messe a sistema, possono aiutare sia la prevenzione che il contrasto”.
Con queste parole, Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, ha commentato l’assenza di dati scientifici sul fenomeno corruttivo e la carenza di informazioni territoriali rilevate in modo sistematico che possano fungere da “ingredienti” per la costruzione di un sistema di misurazione validato scientificamente.
Da questi presupposti è nato il Progetto “Misurazione territoriale del rischio di corruzione e promozione della trasparenza”, finanziato dal Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”.
Il progetto è stato presentato ieri e vede coinvolta l’Anac con un ruolo centrale e di coordinamento. In soldoni, a partire da oggi, sarà disponibile sul sito dell’Anac un’apposita sezione all’interno della quale, in maniera molto facile e partecipativa, si potrà verificare il rischio di corruzione di ogni città o provincia italiana. Accedendovi, chiunque potrà visionare il proprio territorio d’interesse e, sulla base di indicatori scientifici, suddivisi in tre filoni tematici (di contesto, di appalto e comunali), stabilire quanto sia alto il rischio che si possano verificare fatti di corruzione.
Sono stati identificati 70 indicatori di rischio corruttivo. Gli indicatori sono distinti in 3 macro aree tematiche: indicatori di contesto (48 indicatori), sugli appalti (17 indicatori) e comunali (5 indicatori).
Gli indicatori sono navigabili per macro area, all’interno delle dashboard realizzate da Anac. Gli indicatori possono essere considerati come dei campanelli d’allarme, visualizzati come cruscotti dinamici, mappe territoriali e tabelle, segnalano situazioni potenzialmente problematiche. In questo modo permettono, ad esempio, di avere il quadro di contesti territoriali più o meno esposti a fenomeni corruttivi sui quali investire in termini di prevenzione e/o di indagine, e di incentivare l’uso dei dati, ma anche di orientare l’attenzione dei watchdog della società civile e di sollecitare la partecipazione civica.
La definizione degli indicatori è stata promossa attraverso un percorso partecipato e strutturato, coinvolgendo diversi attori istituzionali, accademici, del mondo della ricerca. L’Autorità ha lavorato per integrare quante più fonti dati possibili e utili al calcolo di indicatori – tra cui la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, che è gestita da Anac e che rappresenta la principale fonte informativa sugli appalti pubblici – e per progettare metodologie di calcolo e di contestualizzazione degli indicatori. Il modello potrà essere un punto di riferimento internazionale, dal momento che nessun Paese è ancora riuscito nella non facile “impresa” di fornire in maniera strutturata e al più ampio pubblico possibile indicatori di rischio corruzione.
Va premesso che le analisi che possono essere fatte attraverso gli indicatori, non indicano necessariamente la presenza di fenomeni corruttivi ma che un rischio di corruzione più elevato li rende, appunto, più probabili.
La corruzione, in Italia e nel mondo, è sempre stata quantificata fino ad oggi in base a percezioni soggettive, condizionate spesso dal clamore di inchieste giudiziarie e di cronache giornalistiche contingenti, più che su dati oggettivi. Le classifiche annuali che vengono stilate a livello internazionale parlano infatti tutte di “percezione della corruzione”.
Proprio per questo motivo, tra gli obiettivi del Progetto, c’è quello di fornire strumenti alle amministrazioni e alla politica per operare con maggiore precisione nei territori per prevenire e combattere la corruzione, ma anche quello di fornire un’immagine corretta del nostro Paese nel mondo, e permettere agli investitori stranieri o di altre regioni d’Italia di valutare le caratteristiche del territorio d’insediamento di nuove attività produttive.
Il progetto di misurazione del rischio corruttivo è uno strumento utile anche per definire le scelte del territorio e per aprire un dibattito pubblico, avvicinando sempre più cittadini alla vita politica attiva.
Tali obiettivi rientrano nella più ampia finalità di sostenere la prevenzione e il contrasto all’illegalità e promuovere la trasparenza nell’azione della pubblica amministrazione.
“Utilizzando le informazioni contenute in varie banche dati, l’Anac ha voluto individuare una serie di ‘indicatori di rischio corruzione’, in coerenza con quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il miglioramento dell’efficacia della lotta contro la corruzione”, ha spiegato Busia sottolineando che il progetto “è stato sviluppato assieme all’Istat e a università importanti, come La Sapienza e la Cattolica del Sacro Cuore, Università di Siena e altre ed è finanziato dall’Unione Europea, con l’obiettivo di costruire e rendere disponibile un set di indicatori in grado di quantificare il rischio che si verifichino eventi corruttivi a livello territoriale. Il modello potrà essere un punto di riferimento internazionale, dal momento che nessun Paese è riuscito fornire in maniera strutturata e al più ampio pubblico possibile indicatori di rischio corruzione”.
È un modello, quello elaborato da Anac, che sta già suscitando l’interesse a livello internazionale e che potrà essere esportato all’estero, dal momento che nessun Paese è ancora riuscito nella non facile “impresa” di fornire in maniera strutturata e al più ampio pubblico possibile indicatori di rischio corruzione.
Se guardiamo agli indicatori di contesto (istruzione, economia, capitale sociale, criminalità), le province che hanno un valore più alto di rischio corruttivo sono Enna, Crotone e Palermo, le più virtuose Milano, Bologna e Modena.
Il risultato della elaborazione dei vari indicatori, tuttavia, non va inteso come un giudizio, o come una condanna. Indicano il quadro di contesti territoriali più o meno esposti a fenomeni corruttivi sui quali investire in termini di prevenzione e/o di indagine, ma anche di orientare l’attenzione dei watchdog della società civile, di attirare l’attenzione e la partecipazione civica.
Fino ad ora la corruzione, in Italia e nel mondo, è sempre stata quantificata in base alla percezione soggettiva, l’Anac “ha messo a punto dei criteri oggettivi di valutazione dei rischi di corruzione di un territorio, con un lungo lavoro di ricerca, condotto a livello europeo. Il risultato è un progetto interattivo che individua gli indicatori del rischio di corruzione in ogni area del Paese”.