in collaborazione con ITALPRESS
MILANO – L’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che l’emergenza Coronavirus riguardi anche la salute mentale. Come spiegato da Claudio Mencacci, direttore Dipartimento Neuroscienze e Salute mentale, Fatebenefratelli-Sacco di Milano, la crisi sanitaria “prolunga la sua ombra sul benessere psicologico delle persone, con effetti a breve e a lungo termine i cui esiti si potranno vedere anche nei prossimi anni”.
“Nell’arco di qualche mese – ha aggiunto – si è verificato, infatti, un aumento dei sintomi depressivi nella popolazione a causa della concomitanza di più fattori di rischio quali distanziamento sociale, solitudine, paura del contagio, ma prevediamo anche una crescita delle depressioni dovuta da un lato alle conseguenze di una serie di lutti complicati e dall’altro dall’imminente crisi economica”.
La depressione è riconosciuta dall’Oms come prima causa di disabilità a livello mondiale e riguarda circa tre milioni di italiani, di cui circa un milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore. Da una stima dei dati Istat, oltre 150.000 persone soffrono di depressione maggiore in Lombardia. Tra questi 21.000 non rispondono ai trattamenti, secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare i pazienti affetti da depressione resistente attraverso un’analisi di database amministrativi. Di questi dati si è discusso nella tavola rotonda virtuale organizzata da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, parte del percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”. Questo disturbo psichiatrico, inoltre, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali, che risultano molto elevati.
“Basti pensare – ha affermato Francesco Saverio Mennini, direttore dell’Eehta del Ceis dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo. Visto l’incremento previsto del numero delle persone con depressione in seguito alla pandemia di Covid-19, il peso economico della malattia è destinato ad aumentare”.
“Questi dati – ha concluso Mennini – testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista. Gestire il paziente in una fase precoce della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell’impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale”.