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Quei robot “alleati” dei bambini con deficit dello spettro autistico

L’efficacia della terapia comportamentale assistita dai robot sui bambini con deficit dello spettro autistico è ormai una realtà conclamata utilizzata in numerosi centri assistenziali. L’Irib Cnr di Messina ha sviluppato negli anni numerosi protocolli di riabilitazione per il trattamento dei disturbi linguistici, visuo-spaziali e di interazione sociale, “che se mediata dal robot riescono ad avere una maggiore efficacia nel trattamento”. Ma quanti sono e quali sono i robot maggiormente utilizzati al mondo oggi per il trattamento dei bambini con autismo? A questa domanda ha risposto una recente pubblicazione del gruppo di ricercatori diretti da Giovanni Pioggia, responsabile dell’Irib Cnr di Messina pubblicata sulla rivista Children.

“I robot presenti oggi sul mercato – aggiunge Giovanni Pioggia – tuttavia hanno alcune limitazioni. La nostra analisi suggerisce che per progettare e sviluppare interventi significativi mediati da robot, il robot deve rispondere ai bisogni dei bambini con Asd, degli operatori sanitari e degli sviluppatori. L’attuale stato dell’arte per la terapia socio assistenziale non ha ancora raggiunto il suo pieno potenziale in termini di aspetto fisico e caratteristiche tecnologiche, che sono i due aspetti chiave evidenziati in diversi studi. I robot utilizzati ad oggi vengono impiegati in maniera guidata, con l’ausilio degli operatori sanitari. Alcuni robot hanno inoltre funzioni di mobilità limitate con un design visivamente e cineticamente semplice. La sfida per il futuro è progettare una nuova era di robot umanoidi espressivi a misura di bambino per migliorare la complessa interazione triadica tra insegnanti e bambini con i robot, considerando anche l’ingresso di algoritmi di Intelligenza Artificiale che potranno così introdurre flessibilità e capacità di apprendimento sostituendo le attuali condizioni rigide. Solo una futura generazione di robot potrà rispondere alle diverse esigenze di trattamento di bambini con autismo convergendo sempre più verso un trattamento individualizzato”.

“Nel futuro i robot – spiega Alfio Puglisi assegnista di ricerca dell’Irib Cnr di Messina – entreranno sempre più a far parte della società ed in particolare ci saranno delle implementazioni in diversi ambiti, dall’industria alla medicina. Il tutto dettato da evoluzioni hardware, relative a sensori che permetteranno acquisizioni dal mondo analogico sempre più accurate, a una maggiore potenza di calcolo che consentirà di far girare sugli stessi algoritmi di intelligenza artificiale sempre più complessi, che aiuteranno i robot ad apprendere dagli utenti i comportamenti e ad adattarsi per reagire in modo personalizzato a seconda della circostanza.

“Attualmente – spiega anche la psicologa dell’Irib Cnr di Messina Flavia Marino – i robot maggiormente usati e validati nella pratica clinica dell’autismo sono i modelli Nao, Kaspar, Qtrobot, Face e Zeno. I trattamenti comportamentali sono lo strumento principale per ridurre le difficoltà nella vita quotidiana nei bambini con disturbo dello spettro autistico (Asd). Generalmente, questi sono focalizzati sullo sviluppo o potenziamento delle capacità di comunicazione sociale e delle abilità. Gli ultimi due decenni hanno visto l’emergere di terapie basate sulla tecnologia, come la terapia assistita da robot (Rat), per migliorare il trattamento delle persone con Asd. Recenti studi di intervento mediati da robot hanno mostrato risultati positivi nel migliorare l’attenzione congiunta, la comunicazione sociale, l’imitazione e i comportamenti sociali”.

“L’interazione con i robot, come fossero dei coetanei – aggiunge – è naturalmente più attraente e motivante perché abbassa i livelli di ansia, di solito generati da stimoli sociali, che le persone con autismo hanno difficoltà a decodificare. L’approccio Rat presenta due vantaggi fondamentali: l’opportunità di registrare dati oggettivi durante la terapia e la capacità del robot di ‘apprendere’ in modo adattativo sia le differenze interindividuali in un determinato momento sia le differenze intraindividuali nel tempo, superando così parzialmente le limitazioni dovute all’eterogeneità clinica. La prima caratteristica è importante per caratterizzare il miglioramento comportamentale, fornendo dati quantitativi sul processo di sviluppo. Grazie a questi robot noi abbiamo realizzato diversi protocolli per la terapia con i ragazzi ottenendo ottimi risultati”.

Intelligenza artificiale e realtà virtuale “formano” i chirurghi del domani

Percorsi di formazione personalizzati, capaci di adattarsi alla curva di apprendimento di ciascun discente e favorire la formazione dei futuri chirurghi che andranno ad operare con il robot. Tutto questo grazie all’intelligenza artificiale e a un simulatore basato su realtà virtuale, come dimostra uno studio svolto all’Università di Pisa che ha visto coinvolto un gruppo di ricerca internazionale guidato da Andrea Moglia del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia in collaborazione col professor Sir Alfred Cuschieri dell’Università di Dundee (Regno Unito).

Lo studio – informa Unipi – prevedeva che un gruppo di studenti di medicina eseguisse specifici esercizi al simulatore per chirurgia robotica fino al raggiungimento del livello di competenza richiesto. Successivamente sono stati sviluppati via software vari modelli di intelligenza artificiale per prevedere il tempo e il numero di tentativi di ciascun esercizio in cui i partecipanti avrebbero completato il loro percorso di formazione.

Utilizzando una particolare configurazione (chiamata ensemble learning) in cui si aggregavano più modelli di reti neurali è stato possibile ottenere un’accuratezza più elevata (fino al 95% in alcuni casi) rispetto a qualunque altro modello di machine learning, una branca dell’intelligenza artificiale. I risultati dello studio, al quale ha partecipato anche il gruppo di chirurgia generale del professor Luca Morelli, sono stati pubblicati su Surgical Endoscopy, una delle riviste più autorevoli in chirurgia.

Lo studio condotto presso l’Ateneo pisano rappresenta la più elevata casistica internazionale nel settore e si basa sull’esperienza di Andrea Moglia nella simulazione in chirurgia robotica iniziata nel 2009 presso il centro EndoCas, diretto dal professor Mauro Ferrari, e che lo ha visto utilizzare per primo in Italia i simulatori virtuali per il sistema di chirurgia robotica da Vinci.

“Esattamente dieci anni fa in questo periodo – commenta Moglia – raccoglievo i dati dello studio per valutare l’abilità innata per la chirurgia tra gli studenti di medicina. Questa volta abbiamo pensato di utilizzare l’intelligenza artificiale per predire la loro curva di apprendimento con lo scopo di ritagliare il percorso formativo in base alle capacità innate dei discenti. Il nostro approccio non si limita al robot da Vinci ma può essere applicato anche ai sistemi per chirurgia robotica di nuova generazione che stanno facendo il loro ingresso sul mercato. Inoltre, può essere esteso a qualunque simulatore chirurgico”.

L’intelligenza artificiale consente ai computer di imparare a svolgere determinati compiti, tra cui la previsione di trend, attraverso modelli matematici costruiti a partire dai dati. La disponibilità di computer e modelli sempre più avanzati ha fatto sì che negli ultimi anni l’intelligenza artificiale sia stata applicata con successo a vari settori, in primis quello delle auto a guida autonoma. Anche la sanità ne sta beneficiando. Una delle ultime branche della medicina ad essersi affacciata all’intelligenza artificiale è la chirurgia che potenzialmente offre numerose applicazioni a cominciare dalla formazione dei chirurghi.