Intervistato dal direttore, Carlo Alberto Tregua, il comandante regionale dei Carabinieri, generale Rosario Castello, risponde alle domande del QdS.
Qual è il ruolo dell’Arma dei Carabinieri sul territorio?
“La presenza dell’Arma è motivo di tranquillità e di rassicurazione per le comunità siciliane. Basti pensare al fatto di avere una stazione dei Carabinieri in ogni comune: sono in tutto 419 Stazioni, più dei 390 centri presenti nell’Isola perché abbiamo più presidi nelle grandi città. Di queste, 412 sono Stazioni e sette Tenenze, Stazioni più rinforzate con un luogotenente. C’è una diffusione capillare sul territorio, quindi, che ci permette non soltanto la prevenzione e repressione dei reati, ma, soprattutto, di adempiere a quella funzione di prossimità per i cittadini. Ciò è stato sperimentato durante il lockdown, quando i Carabinieri sono divenuti un punto di riferimento per la popolazione, rappresentando uno Stato che, comunque, era presente. Oltre alla funzione di controllo del territorio e di rassicurazione, i Carabinieri hanno anche aiutato materialmente i cittadini in difficoltà, consegnando la spesa e le pensioni con grande successo. Non solo, ma in alcuni casi, i comandanti delle stazioni hanno acquistato di tasca propria beni per i cittadini in difficoltà. I Carabinieri vivono la realtà del territorio, per cui questo sentimento di essere parte della comunità è molto sentito. Non a caso, la figura di riferimento è il maresciallo della Stazione”.
Qual è la situazione sul fronte della criminalità organizzata in Sicilia?
“La situazione odierna, rispetto agli anni passati, non presenta più le tensioni di un tempo, ma occorre considerare che Cosa nostra è sempre sul territorio. In questo momento è in una fase di insabbiamento, in cui i clan esistono ancora e si vogliono riorganizzare, tessendo quei legami con gli apparati economici e politici che hanno sempre contraddistinto la mafia. C’è un’attenzione costante delle Forze di polizia da punto di vista investigativo oltre che preventivo, come dimostra l’uso delle pattuglie sul territorio. Una parte importante delle attività è svolta dai Nuclei investigativi a livello di Compagnia e di Gruppo del Comando provinciale. È un assetto robusto e collaudato, che fa un grande lavoro investigativo e di intelligence di attività interinvestigativa sul territorio, in stretta intesa con le Procure ordinarie e distrettuali con cui si è in piena sintonia. Lo dimostrano gli ultimi oltre cento arresti in varie operazioni compiute a dicembre nell’ambito del contrasto allo spaccio di droga, da sempre fonte di grande arricchimento della mafia insieme alle estorsioni e al riciclaggio. C’è un altro fronte di arricchimento che è dato dall’accaparramento di imprese in difficoltà che sono inquinate dai capitali mafiosi fino a esserne assorbite. La mafia deve riciclare i capitali illeciti e va alla ricerca di quelle realtà imprenditoriali che si trovano in difficoltà economica per acquisirne il controllo, come sta accadendo soprattutto durante questa pandemia”.
La mafia ha interesse verso l’accaparramento delle risorse finanziarie provenienti dal Pnrr?
“La mafia mira a incassare i fondi nazionali del Pnrr e altri che dovrebbero arrivare. Su questo fronte, l’attenzione è altissima in un clima di grande sinergia e collaborazione tra gli apparati di polizia e giudiziari”.
In quali settori, avete dei Nuclei specializzati in Sicilia?
“Abbiamo i Ros, che costituiscono un Nucleo investigativo di altissimo livello contro la criminalità organizzata, poi ci sono i Nas per la tutela della salute, i Nil per la tutela del lavoro, il Nucleo di tutela dei beni culturali, il Noe per la protezione ambientale e i carabinieri forestali per la tutela dei boschi. Abbiamo anche il Nucleo di tutela contro le frodi agro-alimentari che si trova a Messina. Ha competenza su tutto il territorio regionale e colpisce quelle organizzazioni che truffano lo Stato e l’Unione europea in caso di finanziamento illecito delle imprese agricole. In questo senso, un caso è dato dalla mafia dei Nebrodi, che si è sviluppata in questo settore e mira ad accaparrarsi terreni per avere i fondi europei. Un’attività che l’Arma ha sempre contrastato. Esiste, poi, l’Eppo, European public prosecutor’s office (Ufficio del Procuratore pubblico europeo), che presenta due sezioni, una a Palermo nel Comando provinciale e una a Messina, che cura questi aspetti dei bilanci dell’Unione europea contro i tentativi di truffe a suo danno. Questo distaccamento collabora strettamente con la Procura europea. Poi, abbiamo dei Nuclei di accertamento patrimoniali per aggredire i patrimoni mafiosi con misure di prevenzione idonee, per cui si sviluppano accertamenti tra i beni posseduti e quelli dichiarati. Questa misura nasce dall’attuale legislazione antimafia”.
L’Arma svolge anche attività di contrasto finanziario?
“Certamente. Nell’ultimo anno abbiamo sequestrato cinquanta milioni di euro con altre proposte in atto che devono essere sviluppate. In ogni provincia abbiamo sequestrato dei beni riconducibili a questa tipologia di contrasto. Poi ci sono stati diversi sequestri di supermercati della grande distribuzione nel Catanese e di sale da gioco, nella convinzione, acclarata, che i danni arrecati ai clan siano maggiori che non il semplice arresto”.
Per contrastare le mafie straniere, avete dei Nuclei operativi specializzati creati appositamente?
“I nostri Nuclei investigativi sono preparati al contrasto di queste mafie, non a caso a Caltanissetta c’è stata un’operazione per contrastare la criminalità nigeriana sul traffico di stupefacenti, in connessione con la delinquenza del posto. Quest’operazione ha dimostrato, una volta di più i rapporti tra le mafie straniere e quella locale”.
La gente collabora di più rispetto al passato?
“Nelle grandi città le vittime collaborano di più, ma non sempre è così nel territorio. C’è bisogno di sensibilizzare ancora di più la popolazione, ecco perché teniamo incontri nelle parrocchie e nelle scuole per educare i giovani alla legalità, portandoli pure in Caserma senza vincoli per i genitori. Allo Zen, nella chiesa di San Filippo Neri, dove esiste una nostra Stazione, abbiamo tenuto una di queste manifestazioni che testimoniano l’impegno dei nostri uomini e delle nostre donne per trasmettere messaggi di legalità. Del resto, sono 511 i carabinieri caduti dall’affermazione dell’Arma nel 1860 in Sicilia non solo per mafia ma anche per brigantaggio e banditismo. Garibaldi istituì i Carabinieri di Sicilia che furono integrati con reparti provenienti dal Piemonte per questa capacità di vicinanza al territorio. Il tributo di sangue è stato notevole, tanto che solo a Palermo ai Quattro Canti durante la rivolta del sette e mezzo nel 1866, morirono 42 carabinieri in un’unica azione”.