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Russia-Ucraina e la benzina gettata dai media

CATANIA – Cosa accadrebbe se un missile russo, lanciato verso le province occidentali dell’Ucraina, cadesse all’interno del territorio di un Paese atlantista?
La risposta potrebbe risiedere nel famigerato Articolo 5 della Nato. Tale articolo è stato paventato più volte lo scorso 15 novembre, quando due missili sparati dal sistema S300 sono caduti sul suolo polacco, nel villaggio di Przewodow, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina. Inizialmente, si pensava che i missili fossero di Mosca. La freddezza dei leader occidentali ha aiutato a fare luce sulla verità, individuando in un errore ucraino il motivo dell’incidente.
Ad ogni modo, cosa prevede il tanto discusso Articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico? Il Quotidiano di Sicilia ne ha parlato col prof. Salvatore Zappalà, ordinario di Diritto Internazionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania. Il docente, inoltre, è un esperto di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e conflitti armati.

“L’articolo prevede che ogni eventuale attacco armato contro il territorio di uno Stato membro possa essere considerato come al contempo diretto contro tutti gli stati membri, autorizzandoli così ad usare la forza armata”. Tuttavia, sottolinea il docente, gli Stati non sono obbligati a intervenire. “Non è detto che ad ogni ipotesi di uso della forza armata si debba reagire con l’uso della forza armata”.
Infatti, “il diritto internazionale legittima lo Stato vittima di un attacco armato a reagire con l’uso della forza armata e prevede la possibilità che altri Stati assistano, ma l’entità della reazione e dell’assistenza non sono automatici; sono il frutto di specifiche e autonome decisioni politiche”.

Dunque, secondo quanto asserisce Zappalà, un errore russo non scatenerebbe in automatico la Terza guerra mondiale. “Dipende dalla reazione degli Stati. Non c’è automatismo. Un errore presumibilmente non darebbe motivo di reagire con uso forza armata. Importante è la costante apertura di canali di comunicazione in modo da poter evitare reazioni in caso di errori dall’altra parte”.
La guerra tra Ucraina e Russia scoppiata a febbraio non è altro che l’allargamento del conflitto del Donbass iniziato nel 2014. Secondo il docente, non bisogna dimenticare che il rischio che una situazione di conflitto “localizzato” possa degenerare è sempre elevatissimo.

“Lo scenario pessimistico – ammette Zappalà – potrebbe però derivare da errori, oppure da provocazioni frutto di azioni non perfettamente controllate, uso di armi non convenzionali, massacri su ancora più vasta scala che potrebbero suscitare l’esigenza di reazioni più severe in quello che troppo facilmente potrebbe diventare un crescendo, anche non necessariamente voluto”.

Subito dopo l’incidente in Polonia, diverse testate hanno gettato benzina sul fuoco accusando direttamente la Russia. Diversi esponenti politici hanno persino chiamato in causa il sopracitato Articolo 5. “Ci sarebbe da augurarsi – afferma il docente – che la fame di notizie clamorose non concorra ad alimentare la realtà. Non credo che l’opinione pubblica sia guerrafondaia. Forse qualche organo di stampa, qualche testata, qualche commentatore. È però anche vero che un’aggressione di questo tipo non può lasciare indifferenti”.

“Stare del tutto neutrali è impossibile – è il monito finale di Zappalà. E poi una grande potenza dovrebbe essere molto più abile ed accorta, anche quando, o forse specie quando, decide di violare il diritto”.