Le “intrusioni al suolo di sabbie desertiche” impattano in Sicilia il triplo sulla qualità dell’aria rispetto alle percentuali presenti nel resto del Paese. Questo genera “associazioni significative con la mortalità e morbilità respiratoria e cardiovascolare della popolazione esposta”. È questa la fotografia dell’Isola elaborata dall’Istat all’interno del “Rapporto SDGs 2024 – Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia”.
Con la settima edizione del Rapporto Istat sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) vengono diffuse 373 misure statistiche (di cui 342 uniche, cioè associate a un unico Goal), connesse a 139 indicatori dell’insieme proposto dall’Inter Agency Expert Group on SDGs (UN-IAEG-SDGs) per il monitoraggio a livello globale degli avanzamenti dell’Agenda 2030 della quale abbiamo a più riprese parlato nelle inchieste e negli approfondimenti del Quotidiano di Sicilia.
Il fenomeno delle “intrusioni al suolo di sabbie desertiche” traccia per l’Isola un quadro allarmante e difficile da contrastare, soprattutto per le aree naturalmente più esposte al continente africano. Una situazione che chiama in causa non solo politiche ambientali più efficaci, ma anche una riflessione urgente sull’impatto sulla salute pubblica.
L’Italia è tra i Paesi europei più esposti al trasporto di polveri desertiche, insieme a Spagna e Grecia. Questo per via della vicinanza geografica al Sahara che rende inevitabile il coinvolgimento della Sicilia, situata lungo il percorso preferenziale delle masse d’aria cariche di sabbia. Come sottolineato dall’Istat, tali intrusioni possono causare livelli di PM10 ben superiori al limite giornaliero di 50 µg/m³ fissato dalla Direttiva Europea sulla qualità dell’aria.
Nel 2022, la Sicilia è stata una delle regioni più colpite da questi eventi, con una media di 76 giorni l’anno caratterizzati da trasporto e intrusione al suolo di sabbia desertica, contro una variabilità territoriale nazionale compresa tra 47 e 119 giorni. La durata media di ogni evento è stata di 3,5 giorni, con punte massime di circa 12 giorni. Durante questi episodi, il contributo medio di sabbia desertica alla concentrazione giornaliera di PM10 è stato stimato in 9,2 µg/m³, con picchi che hanno raggiunto i 15 µg/m³ in alcune località.
I dati del 2022 indicano che, prima della sottrazione del contributo desertico, 114 stazioni di monitoraggio in Italia risultavano in superamento del valore limite giornaliero di PM10. Dopo aver dedotto l’apporto delle polveri africane, il numero di stazioni fuori norma si è ridotto a 95. In Sicilia, la concentrazione media annuale di PM10 attribuibile a questi fenomeni ha oscillato tra 1 e 3 µg/m³, con picchi di 10 µg/m³ in alcune aree, confermando l’isola come una delle zone più esposte del Paese.
La possibilità di dedurre il contributo desertico, prevista dalla normativa europea, non implica però un’assenza di impatto sulla salute. Come sottolineato dall’Istat, “la maggior parte degli studi che hanno valutato l’impatto sulla salute degli eventi di trasporto di sabbie desertiche hanno riportato associazioni significative con la mortalità e morbilità respiratoria e cardiovascolare della popolazione esposta”.
Gli effetti delle polveri desertiche sulla salute sono ben documentati. Le particelle minerali trasportate dal Sahara non solo contribuiscono a innalzare i livelli di PM10, ma si associano a un aumento dei ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie e cardiovascolari. In Sicilia, dove il fenomeno è particolarmente intenso, la popolazione più vulnerabile – anziani, bambini e soggetti con malattie croniche – risente maggiormente di queste intrusioni.
Secondo i dati dell’Atlante Sanitario della Regione Siciliana, nel 2022 sono stati effettuati circa 24.000 ricoveri per patologie respiratorie, in crescita rispetto al periodo pre pandemico. Per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, nel 2022 si sono registrati circa 38.000 ricoveri. Anche in questo caso, si osserva un aumento rispetto agli anni precedenti.
Un aspetto cruciale è il numero di giorni di esposizione. Nel 2022, l’isola ha registrato eventi di trasporto di sabbia per il 20% dell’anno, con punte fino al 33% in alcune zone. Questi dati, uniti alla durata media degli eventi, evidenziano un’esposizione prolungata e ricorrente, che amplifica gli effetti negativi sulla salute pubblica.
Dal 2024, una metodologia unificata sviluppata dal CNR in collaborazione con ENEA, ISPRA e SNPA sarà adottata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). Questa innovazione consentirà di stimare il contributo delle polveri desertiche ai livelli di PM10 in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.
Secondo un’analisi condotta sul periodo 2006-2012, il contributo delle polveri desertiche varia tra il 10% dei giorni dell’anno al Nord e il 30% al Sud, trasportando una media di 10 µg/m³ di PM10 per giorno di evento. Numeri che nel complesso sottolineano l’importanza di distinguere le pressioni antropiche da quelle naturali per sviluppare politiche di risanamento mirate.