La medicina di genere, altresì nota come medicina genere-specifica, è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche e socio-economiche e culturali sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
In cosa consistono tali differenze genere-specifiche e quali le loro influenze sia sulla sintomatologia e incidenza dei disturbi che sulla terapia di una qualsivoglia patologia medica, nell’ottica del benessere dell’individuo e dell’efficacia del sistema di cura?
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Mattia Aquilino, presidente dell’Associazione italiana Donne Medico, sezione di Agrigento.
“Quando parliamo di differenze di genere in medicina ci riferiamo alla condizione per cui i corpi maschili e femminili, ma anche delle persone transgender, possono presentare differenze nei vari ambiti della medicina. In definitiva, la medicina di genere studia come il genere influenzi i cosiddetti determinanti sociali della salute e come portare avanti una ricerca scientifica per la messa a punto di nuovi farmaci e di protocolli terapeutici che tengano conto di queste differenze”.
“Alcune malattie come i tumori o le demenze sono trattate descrivendo le principali differenze tra uomo e la donna nell’incidenza, nella sintomatologia, nel decorso clinico e nella risposta alle terapie farmacologiche. Pensiamo alla malattia di Alzheimer o alla depressione maggiore che colpiscono più frequentemente le donne, mentre la malattia di Parkinson ha un’incidenza più elevata nei maschi, ma non è tutto.
Infatti, l’incidenza di patologie cardiovascolari è inferiore rispetto all’uomo durante l’età fertile, è pressoché uguale dopo la menopausa e superiore dopo i 75 anni, a causa delle variazioni endocrino-metaboliche dovute al venire meno della protezione estrogenica. Le donne, per le stesse patologie, possono presentare, rispetto agli uomini, segni e sintomi diversi o forme di dolore differente e sono portatori di un sistema immunitario in grado di attivare risposte più efficaci, con maggiore resistenza alle infezioni.
D’altra parte le donne, rispetto agli uomini, sono spesso gravate da una maggiore probabilità di morire di cancro o di depressione compiendo atti fatali come il suicidio”.
“Le differenze di genere in farmacologia sono molto importanti e in parte attribuibili alla diversa biologia tra i due sessi: variazioni ormonali, peso, composizione corporea, acidità gastrica, sono tutti fattori che influenzano l’assorbimento e l’eliminazione dei farmaci. Oltre ai fattori sopra citati, sono da considerarsi ulteriori variabili rilevanti nella risposta alla terapia caratteristiche peculiari come età ed etnia. Rispetto agli uomini, possiamo dire, in generale, che le donne consumano più farmaci e registrano un maggior numero di reazioni avverse”.
“E’ necessario, a mio avviso, garantire la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie con un approccio che tenga conto delle differenze di genere, in tutte le fasi della vita e in tutti gli ambienti di vita. Ritengo basilare promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce delle patologie in un’ottica di genere al fine di sviluppare soluzioni innovative di accesso ai servizi, favorendo una maggiore personalizzazione dei percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, come peraltro predisposto dal Ministero della Salute nella Legge 11 gennaio 2018”.
Un percorso di salute differenziato, quindi, nell’ottica di un servizio sanitario efficace, tutt’altro che “miope” alle differenze di genere, sulla scia di una normativa all’avanguardia che sempre prende spunto dalla ricerca e dal progresso scientifico.