Politica

Il salvagente della Regione siciliana per soccorrere le Ipab in crisi

PALERMO – Applicare i contratti nazionali di lavoro costa e per le Ipab, le istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza siciliane, si tratta di spese che possono portare alla bancarotta. Una condizione da scongiurare, tale da indurre la Regione ad intervenire mettendo a disposizione, per il 2023, oltre 3 milioni e mezzo di euro per aiutare tali enti a coprire gli oneri previdenziali dei lavoratori. L’intervento è destinato, facendo capo all’articolo 1 del decreto assessoriale n. 101/Gab. del 30 settembre 2022, al personale “regolarmente assunto” delle Ipab iscritte all’albo regionale delle istituzioni socio-assistenziali, che non abbiano raggiunto l’equilibrio economico finanziario nell’esercizio precedente a quello di riferimento del contributo.

Il contributo

In particolare, il contributo è riservato alle Ipab che svolgono regolarmente l’attività istituzionale nel rispetto dei fini statutari, o che sono “temporaneamente” non in grado di operare a causa di situazioni oggettive esterne, purché le prospettive di ripresa siano comprovate e verificate entro l’anno. L’avviso prevede comunque la possibilità di riservare una quota dello stanziamento a “somme arretrate”, ancora dovute al personale regolarmente assunto appartenente a quelle Ipab le cui attività risultano sospese. In particolare, si è deciso di riservare a tale scopo il 20% del totale del finanziamento a disposizione, pari a circa 722 mila euro.

Cosa sono le Ipab

Gli enti che si candidano a percepire il contributo devono essere in regola con gli adempimenti previsti in materia di trasparenza ed anticorruzione. Con la sigla Ipab si identificano quelle opere benefiche presenti sul territorio che, interpretando un’esigenza comune a tutte le società, svolgevano un’attività solidale di sostegno alla parte più fragile della popolazione locale. A partire dalle istituzioni di assistenza e dagli ospizi sorti nel Medioevo all’interno o nei pressi dei conventi, fino alle opere pie che nacquero nel periodo che va dal Rinascimento fino all’Illuminismo, queste istituzioni non rientravano in alcun modo nella gestione dello Stato che non le regolava, non ne rivendicava la proprietà e, soprattutto, non le identificava come rappresentative di proprie finalità istituzionali. La mala gestione dei patrimoni e delle rendite ha portato lo Stato a intervenire con la cosiddetta “legge Crispi” del 1890, che ha imposto la trasformazione coatta e obbligatoria in istituzioni pubbliche.

La situazione in Sicilia

La situazione è rimasta ferma fino agli anni Sessanta, quando si è avviato il processo di depubblicizzazione. In Sicilia la situazione organizzativa e finanziaria delle Ipab è ormai da anni in dissesto, riconosciuta dal legislatore regionale che, nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, di riforma delle Ipab numero 308 del 20 luglio 2018, dava atto che “da alcuni anni vivono una grave crisi finanziaria, dovuta sia alla costante riduzione del contributo previsto dalla legge regionale n. 71/82, sia al costante aumento del costo dei servizi erogati” .

Tanto che molte sono le strutture che sono state messe in liquidazione negli anni. Appena la scorsa primavera a Palermo c’è stata la protesta di circa 200 dipendenti di 35 Ipab in liquidazione, che sono da anni in attesa della retribuzione arretrata, che spesso arriva a coprire anche 24 mesi. I sindacati presenti alla manifestazione hanno propugnato un reinserimento di questi lavoratori, attraverso percorsi di riqualificazione, in strutture pubbliche come quelle sanitarie.