Intervistato dal direttore, Carlo Alberto Tregua, il presidente del Tar Sicilia, Salvatore Veneziano, risponde alle domande del QdS.
Com’è strutturata l’organizzazione del Tar Sicilia?
“La sede di Palermo del Tar Sicilia è articolata in tre sezioni interne, ciascuna avente una struttura organizzativa propria, secondo le direttive del presidente del Tar (che presiede la prima sezione). L’assegnazione dei ricorsi tra le sezioni avviene secondo criteri di riparto adottati a inizio di ciascun anno dal presidente. Dal 2017, l’attività del Tribunale si svolge secondo la disciplina del Processo amministrativo telematico (Pat) che ha previsto la completa informatizzazione delle attività sia dell’Ufficio che dei Signori Avvocati. Perciò, si utilizzano atti e documenti in formato digitale e trasmissione telematica a mezzo posta elettronica certificata. In questo momento, prestano servizio solo 14 magistrati a fronte di una pianta organica prevista in 24. È evidente la situazione di carenza nella quale il Tribunale opera, ormai da un certo numero di anni. Purtroppo tale carenza influenza i tempi di definizione dei giudizi e questi non potranno che migliorare con le future assegnazioni di nuovi magistrati, già previste all’esito dei prossimi concorsi di reclutamento. Fa parte del Tar Sicilia anche la Sezione staccata di Catania, che gode di una sostanziale autonomia funzionale e organizzativa, rimanendo però legata alla sede di Palermo per la soluzione delle questioni di ‘competenza interna’ attribuita al presidente della sede del Tar”.
Quanti ricorsi esaminate ogni anno?
“Nell’anno 2021, sono stati depositati 2.347 ricorsi, in leggera crescita rispetto al 2020 secondo una tendenza all’aumento che appare di carattere nazionale. Negli ultimi anni, il dato medio è stato intorno ai 2.300/2.400 ricorsi annui. Va detto che, ormai da parecchi anni, la sede di Palermo del Tar Sicilia si colloca al terzo/quarto posto tra tutti i Tribunali amministrativi per nuovi depositi. Veniamo dopo il Tar Lazio Roma e il Tar Campania Napoli, sostanzialmente in linea con i numeri del Tar Lombardia Milano e avanti alla Sezione staccata di Catania. I ricorsi definiti nell’anno 2021 sono stati oltre 3.400, in numero superiore ai ricorsi presentati. La tendenza a un numero di definizioni superiore rispetto ai nuovi ricorsi è consolidata da circa vent’anni anni, consentendo una progressiva diminuzione del numero dei giudizi pendenti che si erano accumulati sin dalla costituzione del Tar”.
Quali sono le materie che vi occupano maggiormente?
“Le due ‘materie’ che più ci occupano sono sicuramente urbanistica ed edilizia e le ottemperanze (giudizi finalizzati a imporre alle amministrazioni l’esecuzione di precedenti sentenze rimaste ineseguite o mal eseguite) che complessivamente ammontano a quasi la metà dei nuovi ricorsi depositati. Di gran lunga inferiori, ma comunque significativi, sono i numeri dei ricorsi in materia di appalti, di impiego della Pa e di pubblica sicurezza. Non manca, infine, un certo numero di ricorsi avverso il rigetto di richieste autorizzatorie per lo svolgimento di iniziative economiche, dato che fotografa una preoccupante criticità socio-economica. Inoltre, non posso non rilevare come i ricorsi in materia di ottemperanza, insieme a quelli in materia di silenzio e di esercizio del diritto di accesso, ammontano a circa un terzo del totale dei nuovi ricorsi annui. Perciò, si denota un elevato grado di inefficienza della pubblica amministrazione, incapace di onorare le proprie obbligazioni e gli elementari doveri procedimentali come i silenzi e gli accessi”.
La riforma dell’amministrazione pubblica rimane una grande incompiuta anche in tempi di Pnrr: quali sono le misure da adottare subito?
“Occorre una semplificazione normativa, a partire già dal miglioramento delle tecniche di stesura delle norme (drafting). Serve una reale semplificazione, attraverso un’effettiva diminuzione dei cosiddetti ‘oneri amministrativi’ non soltanto a favore dei privati e delle imprese, ma anche con riferimento alle attività delle amministrazioni. Occorre uscire dalla logica d’interventi emergenziali e di ‘eccezione’ alla disciplina ordinariamente applicabile per conseguire una semplificazione ‘a regime’. L’attenzione deve essere rivolta anche sui tempi dell’azione amministrativa, in quanto troppo spesso i termini dei procedimenti, pur previsti dalla legge di cui si è dotata anche la Regione Siciliana, sono sostanzialmente ignorati. Inoltre, potrebbe forse adottarsi qualche ulteriore modifica migliorativa della ‘galassia’ delle conferenze di servizi, per meglio conseguire lo scopo per il quale sono nate, cioè quello di semplificare e accelerare i tempi di risposta delle amministrazioni. Occorre riqualificare l’amministrazione, sia in termini di quantità sia di qualità delle risorse umane impiegate”.
Il 2020 è stato l’anno del cinquantesimo anniversario della nascita dei Tar. Com’è cambiato il ruolo della Giustizia amministrativa negli anni?
“È mutato seguendo l’evoluzione sociale ed economica della Nazione, nonché le trasformazioni dell’ordinamento giuridico italiano. La giustizia amministrativa, storicamente, nasce intorno a due nuclei differenti di contenzioso. Uno è quello relativo alla difesa di posizioni giuridiche soggettive private come i diritti di libertà personali e diritti economici legati alla proprietà privata, ivi compresa l’attività edilizia, e all’attività imprenditoriale. L’altro è relativo al tradizionale rapporto di pubblico impiego. Tra il 1998 e il 2000 avviene una trasformazione dell’attività, con il trasferimento al giudice ordinario del lavoro di gran parte del contenzioso sul pubblico impiego nel frattempo ‘privatizzato’. Si aggiungono anche l’espansione degli ambiti di giurisdizione esclusiva alla cosiddetta nuova economia, quella dei servizi pubblici e della vigilanza sui servizi privati d’interesse pubblico, parallelamente alla loro attribuzione a soggetti almeno formalmente privati. Infine, un’altra materia di conflitto riguarda il fenomeno del contenzioso tra soggetti pubblici, per effetto del policentrismo autonomistico e amministrativo”.
Questa trasformazione cosa ha determinato?
“Questa trasformazione ha determinato un’evoluzione del sistema processuale tra il 2000 e il 2010, anno di entrata in vigore del Codice del processo amministrativo. Per consentire un più efficace e penetrante sindacato delle attività amministrative, anche con un elevato grado di tecnicismo, si è portato avanti quello che tecnicamente si chiama ‘accesso diretto al fatto controverso e al rapporto amministrativo’. Ciò ha determinato una più elevata effettività della tutela attraverso le pronunzie sul diritto di accesso agli atti delle amministrazioni, sul silenzio e sull’inerzia delle amministrazioni e sulla loro inottemperanza. Si è passati da un controllo prevalentemente ‘formale’ degli atti dell’amministrazione a un controllo decisamente più ‘sostanziale’ dell’attività della Pa, secondo parametri più moderni desunti anche dall’ordinamento comunitario”.
Il Tar e l’attuazione dello Statuto siciliano. Quali sono i rapporti e i cambiamenti in atto?
“Lo Statuto presenta alcuni aspetti di ‘inattualità’ addirittura originari, con alcune previsioni che non hanno mai trovato attuazione, e altri che potremmo dire ‘sopravvenuti’. In particolare, mi riferisco al tema dei limiti della potestà legislativa esclusiva in alcune materie e del differente modo nel quale essi sono percepiti dal legislatore regionale e dalla Corte Costituzionale. È infatti noto come la Corte Costituzionale abbia individuato tutta una serie di ‘principi e valori limite’ alla potestà legislativa regionale. Inoltre, tende a ritenere vincolanti i principi di derivazione comunitaria o costituzionale anche per la Regione Sicilia, una tendenza, appunto, consolidatisi soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione. Il mancato rispetto di tali principi ha di recente provocato una serie di sentenze della Corte che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali adottate senza adeguata valutazione di detti limiti. Inoltre, mi sembra che non venga adeguatamente sfruttata l’autonomia legislativa in tema di organizzazione amministrativa della Regione e degli Enti locali. Così, la prima resta ancorata al ‘modello ministeriale’ della sua costituzione, mentre la seconda è affetta da una sovrapposizione di normative di livello differenziato che certamente non aiutano il raggiungimento dell’obiettivo della chiarezza e dell’agevole applicazione da parte delle amministrazioni”.