Donne protagoniste, oggi la quarta puntata dedicata dell’universo femminile.
Nell’approfondimento di oggi l’obiettivo è quello di dare voce alle donne che lavorano nella Sanità, e non solo.
“La sanità che vogliamo. Le cure orientate dalle donne” è un progetto inviato al Programma Next Generation Eu.
Un elenco di priorità declinate al femminile che mirano a suggerire cambiamenti strutturali in sanità nel rispetto di chi lavora sul campo, analizzando criticamente le carenze e prospettando percorsi realistici per sostenere le nuove generazioni.
Un libro, edito da Moretti&Vitali, destinato a quante/i vogliano condividere e fare proprie le riflessioni e le proposte per sperimentare nuovi modelli improntati al femminile.
Artefici di questo progetto sono medici e dirigenti sanitarie dell’Anaao Assomed che insieme a professioniste di altri contesti, architetti, psicologhe, economiste, filosofe, giornaliste hanno inquadrato in 3D l’ospedale, la città, il quartiere, i trasporti, il verde, le difficoltà di comunicazione fra i territori (Medicina Generale, Consultori, Rsa): cioè il governo con cui si dovrebbe ri-costruire la salute del futuro.
“La pandemia – prosegue Morano – ha mostrato tutti i limiti di un sistema che ha mortificato il Ssn e lasciato ai margini l’approccio femminile alla cura. Oltre ai danni arrecati da anni di Sanità bancomat, l’inefficacia delle direzioni, l’inutilità delle piramidi dirigenziali, l’assenza di uno sguardo lungo da parte della politica. E le immagini da scenari bellici, le bare scortate dall’esercito, le case di riposo usate come reparti post intensivi, il balletto penoso dello scaricabarile, la ricerca di scudi penali nelle retrovie, le susseguenti fasi di annunci/fumo negli occhi, hanno fatto misurare in chilometri e in anni la distanza della realtà dai decisori politici e amministrativi”.
“Noi lavoratrici del Ssn, non ci fidiamo più. Nell’illusorio abbraccio col liberismo imperante, senza creatività né etica, a una classe dirigente caratterizzata dall’assenza di uno sguardo femminile è mancato, e manca tuttora, il coraggio di una visione olistica della cura. E nonostante l’infaticabile impegno del Ministro Speranza, ancora non appaiono in agenda le premesse per un necessario cambio di rotta nel settore da cui più dipende la vita del Paese. Quello che la pandemia ha evidenziato, assieme ai limiti di un intero sistema, è, in ultimo – conclude Morano – la necessità di avviare una radicale trasformazione, di ripartire nell’unico modo possibile, e cioè tornando alle competenze, ma arricchite dall’apporto della differenza”.