In prima linea durante l’emergenza pandemica grazie ai suoi “angeli-eroi” impegnati nella lotta al Covid, oggi invece “dimenticata”.
Stiamo parlando della Sanità italiana che sta vivendo un momento drammatico nel silenzio assordante della politica e nell’indifferenza generale.
Sanità in codice rosso, verrebbe da dire, provata ma soprattutto privata della sua “anima”: le risorse umane.
La grave carenza di medici, infermieri, operatori sanitari era un fatto già noto. Non si contano più gli appelli lanciati dai sindacati, caduti puntualmente nel vuoto.
L’ultimo scandalo italiano di cui si parla in questi giorni è quello dei cosiddetti “medici a gettone”. Uno scandalo figlio di tutti quei governi che si sono succeduti negli anni e che hanno scelto di infischiarsene. Adesso i nodi sono arrivati al pettine e la sensazione è quella di una situazione ormai fuori controllo. E a pagare, naturalmente, sono sempre i cittadini.
Ci spieghiamo meglio. L’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha ricevuto nei giorni scorsi parecchie richieste di parere sulla congruità dei prezzi per “forniture di servizi medico-sanitari disposti in somma urgenza”.
Aziende sanitarie e ospedali, specie in reparti “sensibili” come Pronto Soccorso e Anestesia, si sono trovati in grossa difficoltà operativa per mancanza di medici. Molti di questi si sono licenziati, per poi tornare allo stesso posto assunti da cooperative private, con costi orari e giornalieri moltiplicati.
Per garantire il funzionamento dei servizi ospedalieri, le Asl devono rivolgersi alle cooperative private assumendo “medici a giornata”. Non esiste, però, alcun quadro normativo certo, che possa indicare come procedere con tali assunzioni “a ore”, con quali limiti, entro quali prezzi, con che tipo di durata giornaliera.
Di qui la decisione dell’Autorità di intervenire, coinvolgendo direttamente il Ministro. Anzi i ministri, visto che i profili coinvolti riguardano sia il Ministro alla Sanità, che quello di Economia e Finanze.
“Ci sono infatti – si legge in una nota Anac – più profili in gioco: l’elevato costo dei servizi; l’inadeguatezza del servizio offerto; la scarsa affidabilità del servizio (pensiamo alla lucidità di un medico dopo 36 ore filate di servizio, come assegnato dalle cooperative); il far west dei contratti, di durata breve con elusione di qualsiasi principio di programmazione, concorrenza, eccetera”.
E qui arriviamo al paradosso: Anac si è trovata impossibilitata a dare indicazioni perché non c’è alcun provvedimento del ministero che ponga dei limiti, né alcuna legge o decreto che disciplini quanto sta avvenendo.
“La problematica è di grande rilevanza sociale – scrive il Presidente Giuseppe Busia rivolto al Ministro della Salute e al Mef – in quanto riguarda servizi fondamentali, improcrastinabili ed indispensabili per l’intera comunità, oltre che di grande impatto economico sulla spesa pubblica, in considerazione degli elevati costi sostenuti dalle Aziende sanitarie per remunerare il personale medico reperito per turni spesso insostenibili”.
“Sembra, infatti, che, per sopperire all’attuale carenza di medici ormai diffusa in numerosi comparti ospedalieri, le Aziende sanitarie siano indotte ad aggiudicare appalti, spesso mediante procedura negoziata, alla quale parteciperebbero un numero ridotto di operatori economici, in particolare per assicurare alcuni servizi quale quello di Guardia Medica presso il Pronto Soccorso, nonché a corrispondere compensi particolarmente elevati per ciascun turno, anche prevedendo, come criterio di scelta del contraente, quello del prezzo più basso”.
Il Presidente Busia ricorda come “nell’ambito dell’attività di vigilanza (art. 213 del d.lgs. n. 50/2016, Codice degli Appalti), l’Autorità ha rilevato molteplici difficoltà operative che interessano, sempre più di frequente, le Aziende sanitarie nel reperimento di personale medico, circostanza che si renderebbe necessaria e urgente a causa dei numerosissimi pensionamenti e dimissioni volontarie riscontrati negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia”.
“Da una prima analisi degli affidamenti esaminati – scrive Busia -, l’elevato costo dei servizi e la non sempre adeguata qualità degli stessi apparirebbero riconducibili anche ad una generalizzata carenza di idonea programmazione degli affidamenti, con il rischio di un artificioso frazionamento degli stessi e la conseguente elusione dell’obbligo di evidenza pubblica. Emergerebbero, inoltre, una stima non trasparente della base d’asta, con il rischio di sostenere costi elevati per la prestazione ricevuta; una non corretta individuazione dei fabbisogni, che può portare a selezionare personale non adeguatamente qualificato per lo svolgimento di un servizio funzionale alla tutela di un interesse costituzionalmente garantito quale è la salute dei cittadini, rischio che potrebbe essere ridotto con l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Per questo l’Autorità chiede un intervento del governo sui medici a gettone. Anac è a disposizione a supporto delle Asl e degli ospedali nello stabilire la congruità delle tariffe che vengono proposte dalle varie cooperative, che sono sbocciate nelle ultime settimane. Ma serve un minimo di quadro normativo. Ci vogliono criteri fissati con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute.
“L’Autorità – precisa il Presidente Giuseppe Busia – si rende fin d’ora disponibile ad offrire il proprio supporto alle Amministrazioni coinvolte nella redazione della documentazione inerente gli affidamenti, anche con riferimento alla tempestiva e corretta programmazione dei fabbisogni ed all’individuazione di importi a base di gara congrui. A tale proposito, come già fatto per i dispositivi medici e altri servizi sanitari, l’Autorità potrà altresì provvedere alla individuazione dei prezzi di riferimento, ove siano forniti i dati necessari in relazione ai servizi oggetto di attenzione, secondo criteri fissati con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute”.
Anac si mette a disposizione per “contribuire a individuare – eventualmente nell’ambito di un Tavolo Tecnico con le Amministrazioni a vario titolo coinvolte – le azioni più efficaci che possano perseguire il contenimento della spesa pubblica ed il miglioramento della qualità dei servizi offerti”.
Inoltre Anac fa presente che: “molte delle criticità riscontrate potrebbero venire meno ove e stazioni appaltanti, uniformandosi al Codice, previa adeguata programmazione, provvedessero alla predisposizione delle specifiche tecniche del servizio; alla determinazione dell’importo a base di gara ed alla predisposizione dei documenti di gara o di affidamento, tenendo conto delle figure professionali richieste; alla selezione dell’operatore economico con l’offerta economicamente più vantaggiosa, trattandosi di appalti con alta intensità di manodopera; nonché alla corretta verifica del servizio espletato”.
Per un commento su una vicenda grave dai contorni quasi surreali, il Quotidiano di Sicilia ha deciso di intervistare Riccardo Spampinato, segretario regionale del sindacato medico Cimo Sicilia.
“Un vero e proprio far west contrattuale quello dei medici a gettone che – esordisce Spampinato – crea un grande disagio al paziente, che si ritrova di fronte un medico senza responsabilità future per il suo operato. Si tratta, infatti, di un prestatore d’opera e non di un dottore di quella azienda ospedaliera. Una simile mercificazione, fatta in questo modo, destruttura totalmente la professione, in un contesto generale dove il rapporto medico – paziente è in crisi da anni. Nel Pronto soccorso, che dovrebbe essere il biglietto da visita della sanità, troviamo gente che sa di dover superare il turno per incassare una somma importante. Mi viene da pensare che la diagnosi per un paziente mediamente grave anziché durare mezz’ora si possa protrarre per un’ora e mezza o due, perché tanto a fine turno si prende ugualmente il gettone. Un medico dell’ospedale, invece, ha tutto l’interesse che il paziente venga ‘liberato’ al più presto dal pronto soccorso e destinato a casa o al ricovero”.
Spampinato non usa mezzi termini per descrivere quanto sta accadendo negli ospedali italiani: “Passatemi il termine – ci dice – ma che interesse ha un ‘mercenario’ ad eseguire in tempi brevi queste operazioni?”.
Un tema su cui Cimo ha puntato i riflettori da tempo, con l’intenzione di risolvere certe criticità: “Abbiamo fatto già diverse proposte – spiega Spampinato – ed abbiamo esposto la problematica tanto all’ex ministro Speranza sia al successore Schillaci, a cui abbiamo inviato una prima bozza. Quest’ultimo, essendo del settore, dovrebbe avere la sensibilità per ascoltarci. La soluzione è quella di dare al più presto la possibilità alle aziende, senza altri lacci e laccioli relativi ai tetti di spesa, di fare i concorsi e di riempire le piante organiche”.
Il segretario siciliano di Cimo dipinge poi un’altra soluzione, immediatamente attuabile: “Facciamo entrare i giovani, senza bisogno della specializzazione, subito nel mondo del lavoro. Si specializzeranno negli ospedali del sistema sanitario”.
Spampinato, poi, si rivolge a quei medici e sanitari che hanno scelto di prestare servizio tramite le cooperative: “Tra qualche anno ci saranno gli specialisti che prenderanno il loro posto e loro si ritroveranno a non aver alcun titolo per lavorare, né nel pubblico impiego né nella libera professione. Il pericolo, quindi, è doppio e noi lo abbiamo evidenziato al Ministero, fornendo valide proposte”.
Certo è che, al netto delle problematiche rappresentate dal fenomeno dei medici a gettone, è necessario e indifferibile un apporto organico nelle strutture sanitarie.
“Guardando alla Sicilia, dati incontrovertibili – conclude Spampinato – raccontano che nelle piante organiche, a tempo determinato ed indeterminato, manca il 53% del personale”.
Numeri che parlano da sé e che, in considerazione del fatto che tali lacune si registrino anche nei servizi di pronta emergenza, impongono soluzioni celeri ed efficaci