Sanità - personale medico - medici e infermieri in ospedale - Imagoeconomica
La sanità territoriale in Sicilia, destinata a essere potenziata grazie agli investimenti provenienti da fondi PNRR, continua a registrare forti ritardi e incertezze. Delle 155 strutture previste tra ospedali e case di comunità, la sanità regionale ha attivato solo quattro strutture.
Si lavora invece in 101 cantieri: ne mancano dunque ancora oltre un terzo all’appello.
Sono impietosi i dati degli ultimi due report a disposizione presentati a Roma a inizio marzo rispettivamente dalla Cabina di regia del Ministero della Salute che monitora i lavori del PNRR e dalla Cgil. La realizzazione degli ospedali e delle case di comunità in Sicilia è parecchio indietro sulla tabella di marcia.
A tracciare un bilancio della situazione critica, con la Sicilia che rischia dunque di dover rinunciare alle risorse PNRR già stanziate a causa del mancato rispetto delle tempistiche (entro il 30 giugno 2026, ndr) è Francesco Lucchesi, componente della Cabina di regia della Cgil Sicilia.
“A fronte di un piano regionale che prevede la realizzazione di oltre 150 strutture tra ospedali di comunità e case di comunità, attualmente nell’Isola ce ne sono attive soltanto tre a Caltanissetta, Catania e Ragusa. Dei 43 ospedali di comunità, l’unico attivo si trova invece a Petralia, nel territorio delle Madonie”.
E poi ci sono i paradossi come quello di Santa Margherita di Belìce (Agrigento), dove non sono ancora disponibili i locali necessari ad accogliere l’ospedale di comunità che la Regione Siciliana ha destinato a quell’area e quindi, dallo scorso gennaio e per almeno i prossimi 2 anni, la struttura dovrà operare a Sciacca, a oltre 80 chilometri di distanza, all’interno di un’ala del nosocomio “Giovanni Paolo II”.
Un quadro che, rispetto alle attese, risulta quindi drammaticamente incompleto e inefficace nel rispondere ai bisogni della popolazione siciliana. Eppure, secondo il report presentato a Roma in questo caso dalla Cabina di regia PNRR del Ministero della Salute, il ritardo sarebbe ancora recuperabile. Per le case di comunità, la percentuale dei cantieri attivati è del 65% a fronte di una media nazionale del 67%. Più ampio il ritardo sugli ospedali di comunità.
Dei 43 ospedali di comunità previsti in Sicilia, secondo il Ministero sono stati attivati i lavori in 25 strutture (58% del totale): un dato inferiore di ben sette punti rispetto alla media nazionale del 65%. Ma i dati devono essere presi con le pinze: nel report ufficiale, infatti, non risultano strutture già collaudate in Sicilia, mentre in realtà gli ospedali di comunità di Petralia Sottana e Sciacca (in attesa del completamento di Santa Margherita di Belìce) sono già operativi.
Passando agli interventi nell’ambito del sub-obiettivo “Ospedali sicuri e sostenibili“, il report indica che in Sicilia sono stati realizzati 9 interventi sui 12 previsti (75%), anche qui un dato inferiore alla media nazionale, che si attesta all’86%. In controtendenza rispetto agli altri settori, la Sicilia si distingue positivamente per l’avanzamento della digitalizzazione nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA). Qui, la media degli interventi già avviati è dell’88,46%, un dato superiore alla media nazionale dell’82%. Questo risultato dimostra come l’Isola abbia saputo cogliere le opportunità offerte dalla transizione digitale per potenziare il settore dell’emergenza sanitaria.
Si pensi all’Ospedale Cannizzaro di Catania, dove il progetto N.829 del PNRR in Sicilia per “Tecnologie e apparati finalizzati alla digitalizzazione” prevede un esborso di poco inferiore ai 10 milioni di euro.
Sul fronte delle grandi apparecchiature, la Sicilia registra un avanzamento variabile. Su un totale di 298 macchinari destinati alla regione, il 92% risulta ordinato, un dato inferiore alla media nazionale del 97%. Per quanto riguarda le consegne, il 76% delle apparecchiature è già arrivato nelle strutture sanitarie siciliane, mentre la media nazionale si attesta all’80%. Infine, il 71% delle apparecchiature è stato collaudato, contro il 77% della media italiana. Anche in questo ambito, si registra un lieve ritardo rispetto al resto del Paese.
La musica cambia prendendo invece in mano i dati della Cgil, con il 54,2% dei progetti registra forti ritardi nell’esecuzione dei lavori; tra gli ospedali di comunità il 48,8% dei progetti presenta ritardi considerevoli. “L’impatto di questi ritardi è evidente: le strutture, che avrebbero dovuto garantire un’assistenza sanitaria più vicina ai cittadini, restano sulla carta senza riuscire a incidere sul sistema sanitario siciliano”, spiega Lucchesi.
A queste problematiche si aggiunge il tema del personale. “Le strutture previste dal PNRR necessitano di circa 3.500 unità lavorative tra medici, infermieri, operatori socio-sanitari (OSS) e personale amministrativo. Ad oggi, non esiste alcuna pianificazione su come questi professionisti verranno reclutati e assunti”, aggiunge la Cgil.
Gli interventi sono definiti secondo gli standard del DM 77/2022, che ad esempio prevedono circa 20 posti letto ogni 50.000 abitanti per un ospedale di comunità. Numeri che necessitano di essere integrati da un corposo piano assunzioni regionale, con l’Assessorato al momento coinvolto sul piano politico e non solo dai gravissimi ritardi registratisi all’Asp di Trapani.
Già nel corso delle interlocuzioni con l’allora assessore alla sanità Giovanna Volo, lamenta il sindacato, si era evidenziata una totale assenza di programmazione. “Le dichiarazioni ufficiali si limitavano a generiche rassicurazioni sui confronti che sarebbero dovute avvenire con le Asp delle nove province. Di fatto, non esistono piani concreti su come garantire il personale necessario. Pensate a cosa significherebbe riuscire a realizzare quelle 150 strutture e poi non aver previsto assunzioni”.
Un’altra preoccupazione espressa dal sindacato riguarda “la destinazione futura di queste strutture”. Essendo realizzate con fondi pubblici, in gran parte provenienti dall’Unione Europea (e quindi a debito, da ripagare dai siciliani nei prossimi anni), “vi è il timore concreto che, in assenza di una gestione pubblica efficiente, possano essere affidate a soggetti privati”.
Il rischio in questo caso è quello di compromettere “l’obiettivo della Missione 6 del PNRR, che prevede il rafforzamento della medicina territoriale pubblica, al fine di alleggerire il carico degli ospedali e in particolare dei pronto soccorso”, aggiunge il componente della Cabina di regia. La conseguenza sarebbe quella di un sistema sanitario sempre più sbilanciato verso la privatizzazione, con il rischio che i cittadini debbano sostenere ulteriori costi per accedere alle cure.
Senza un’accelerazione dei lavori, un piano chiaro per le assunzioni e una gestione pubblica trasparente, gli ospedali e le case di comunità rischiano di rimanere solo una promessa incompiuta, con gravi ripercussioni per la salute ma anche per le finanze dei cittadini siciliani.
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Immagine di repertorio